Distendendo le pieghe rigide dell'involucro di pergamena, scoprii che si trattava di un mandato scritto con la firma e il sigillo del governatore Shirley che conferiva a un certo Jonathan Pue la carica di sovrintendente della Dogana di Sua Maestà per il porto di Salem nella provincia di Massachusetts Bay. Ricordavo di aver letto (probabilmente negli Annali di Felt) una nota sulla morte del signor sovrintendente Pue, avvenuta circa ottant'anni fa, e di recente, in un giornale, un resoconto di come fossero stati riesumati i suoi resti mortali nel piccolo camposanto della chiesa di San Pietro, nel corso dei lavori per rinnovare l'edificio. Nulla se ben rammento rimaneva del mio riverito predecessore, tranne uno scheletro imperfetto, alcuni brandelli dell'abito e una parrucca di riccioli maestosi, la quale, a differenza della testa che un tempo adornava, era conservata in modo assai soddisfacente. Ma esaminando le carte avvolte nel documento di pergamena, scoprii più tracce della parte mentale di Mr Pue e dei procedimenti interni della sua testa di quanto non ne avesse serbato del suo venerabile cranio la parrucca riccioluta.
Erano, in breve, documenti non ufficiali, ma di natura privata, o, perlomeno, scritti in qualità di privato e chiaramente di suo pugno. Potevo spiegare che fossero finiti fra le scartoffie della Dogana, soltanto con la circostanza che la morte di Mr Pue era stata improvvisa e che quelle carte, probabilmente conservate nella scrivania dell'ufficio, non erano mai venute a conoscenza degli eredi, oppure si era ritenuto che si riferissero alle pratiche doganali. Nel trasferire gli archivi ad Halifax, il pacco, chiaramente privo di interesse pubblico, era rimasto indietro, chiuso lì dentro da allora.
Sembra che l'antico sovrintendente - poco disturbato, immagino, in quei tempi andati da faccende attinenti il suo ufficio - si sia dedicato, in alcune delle tante ore di ozio, a fare ricerche in qualità di archeologo di antichità locali e altre indagini di analoga natura. Queste gli fornivano materiale per esercitare un pochino una mente che altrimenti sarebbe stata divorata dalla ruggine. Alcuni di questi fatti, a proposito, mi resero un buon servizio nel preparare uno scritto intitolato "Main Street", compreso in questo volume. La parte restante sarà forse utilizzata in futuro per scopi altrettanto encomiabili, oppure, cosa non impossibile, saranno elaborati, per quel che valgono, in una completa storia di Salem, se mai la venerazione per il suolo natio dovesse spingermi a un compito tanto devoto. Nel frattempo resteranno a disposizione di chiunque avesse il desiderio e la competenza di togliermi di mano l'infruttifera fatica. Nelle mie ultime volontà progetto di lasciarle alla Essex Historical Society.
Ma l'oggetto che soprattutto attrasse la mia attenzione nel misterioso involucro fu un lembo di bella stoffa rossa, molto logoro e sbiadito, con tracce di un ricamo dorato assai consunto e guasto, sicché non rimaneva nulla o ben poco dell'antico luccichio. Si trattava di un ricamo eseguito, come era facile scorgere, con grandissima abilità, e il punto - così mi assicurano le signore versate in questi misteri - attesta un'arte ormai dimenticata, che non si recupera neppure con il processo di togliere i fili. Questo brandello di stoffa rossa - il tempo e l'uso e una sacrilega tarma l'avevano infatti ridotto a poco più di un brandello - a un attento esame mostrò la forma di una lettera. Era un'A maiuscola. Misurando accuratamente le aste, scoprii che i trattini erano lunghi esattamente tre pollici e un quarto. L'intenzione - non c'era dubbio - era stata di farne un ornamento per una veste, ma in quale foggia andasse portato, quale rango, onore o dignità esprimesse nei tempi passati, era un enigma (tanto effimere sono le mode del mondo in questi particolari) che avevo poca speranza di risolvere. Eppure mi interessava stranamente. I miei occhi erano avvinti dalla vecchia lettera scarlatta, e non riuscivo a distoglierli. Certamente c'era un profondo significato, che meritava di essere interpretato e che, per così dire, fluiva copioso dal simbolo mistico, comunicandosi in modo sottile alla mia sensibilità, ma eludendo l'analisi della mia mente. Mentre me ne stavo così perplesso - rimuginando fra le altre ipotesi se la lettera non fosse per caso una di quelle decorazioni che gli uomini bianchi usavano escogitare per attrarre lo sguardo degli indiani - mi capitò di appoggiarmela sul petto. Mi parve - forse il lettore sorriderà, ma non deve dubitare della mia parola - mi parve allora di sperimentare una sensazione non proprio fisica, ma quasi tale, simile a un calore bruciante, come se la lettera non fosse di stoffa rossa, ma di ferro incandescente. Ebbi un tremito e involontariamente la lasciai cadere a terra.
Assorto nella contemplazione della lettera scarlatta, avevo fino a quel momento trascurato di esaminare il piccolo rotolo di carta scura sbiadita, intorno al quale era stata avvolta. Questo ora aprii ed ebbi la soddisfazione di trovare, documentata dalla penna del vecchio sovrintendente, una spiegazione abbastanza completa dell'intera storia. C'erano numerosi fogli formato protocollo, contenenti molti particolari sulla vita e l'adulterio di una certa Hester Prynne, che - sembrava - agli occhi dei nostri antenati era stata un personaggio degno di nota. Era vissuta nell'epoca che va dalle origini del Massachusetts alla fine del diciassettesimo secolo. Alcuni vecchi, in vita al tempo del sovrintendente Mr Pue e sulla cui testimonianza orale egli aveva ricostruito la storia, ricordavano di averla conosciuta da giovani: una donna molto avanti negli anni, ma non decrepita, di aspetto maestoso e solenne. Era stata sua abitudine, da tempo quasi immemorabile, andare in giro per il paese come una specie di infermiera volontaria, dedicandosi a fare tutto il bene che poteva, assumendosi anche la briga di dare consiglio in varie faccende, soprattutto in quelle di cuore e, in tal modo, come inevitabilmente succede a chi ha tale propensione, si era guadagnata da parte di molti la reverenza spettante a un angelo, ma, immagino, da parte di altri la reputazione di una impicciona seccante. Continuando a frugare nel manoscritto, trovai testimonianze di altre cose fatte e sofferte da questa donna singolare, per la maggior parte delle quali si rinvia il lettore alla storia intitolata La lettera scarlatta, e si tenga bene a mente che i fatti principali di quella storia sono accreditati e autenticati dal documento del sovrintendente Mr Pue. Le carte originali insieme alla lettera scarlatta - una curiosissima reliquia - sono tuttora in mio possesso e saranno mostrate liberamente a chiunque, spinto dall'interesse per la storia, desideri vederle. Non si deduca da quanto ho detto che, nell'abbellire il racconto e nell'immaginare i motivi e le forme della passione, che influenzò i personaggi che vi figurano, io mi sia invariabilmente confinato entro i limiti della mezza dozzina di fogli del vecchio sovrintendente.