Questa sua paura morbosa mi spinse ancora più a pensare e a osservare. Notai allora, fra le altre cose, che quelle minuscole creature, quando cadeva la sera, si riunivano nelle loro grandi case e dormivano a gruppi; entrare da loro senza un lume significava spaventarle a morte; non trovai mai una di esse fuori di casa la sera, né mai una che dormisse sola. Fu assai poco intelligente da parte mia non afferrare subito il significato di quella paura, e insistere, nonostante il dolore di Weena, a dormire isolato da loro.

«La cosa turbò profondamente la mia amica; poi il singolare affetto che ella nutriva per me ebbe il sopravvento, e durante cinque notti della nostra amicizia, inclusa l'ultima, Weena dormì con la testa appoggiata al mio braccio; ma mi accorgo che parlando di lei perdo il filo del racconto. Deve essere il giorno precedente al suo salvataggio, che mi destai verso l'alba: avevo passato una notte agitata, sognando che ero annegato e che avevo il viso coperto dai leggeri petali di anemoni di mare. Mi svegliai bruscamente con la bizzarra sensazione che un animale grigiastro stesse allontanandosi in fretta dalla stanza. Tentai di riprender sonno, ma mi sentivo troppo inquieto; era quell'ora scialba e confusa in cui le cose cominciano a delinearsi incerte nella mezza luce. Mi alzai, andai nel salone, e di qui uscii sul lastricato di pietra di fronte al palazzo, deciso a fare di necessità virtù e aspettare il sorgere del sole.

«La luna stava tramontando, e la sua luce fioca si fondeva col primo chiarore dell'alba in una spettrale semioscurità. I cespugli spiccavano neri come macchie d'inchiostro sul terreno appena più chiaro, il cielo era grigio e malinconico. Forse avrei visto dei fantasmi sulla collina. Per ben tre volte, aguzzando gli occhi verso il pendio, scorsi delle figure bianche, e per due volte mi parve di vedere una creatura solitaria, simile a una scimmia, correre veloce su per il fianco della collina; poi, presso le rovine, ne scorsi una fila in atto di trasportare un corpo scuro, muovendosi molto in fretta. Non riuscii a sapere dove andassero a finire, poiché parvero sparire fra i cespugli: la luce dell'alba, capite, era ancora assai fioca, e mi comunicava quella sensazione di freddo e di disagio che certo voi conoscete. Dubitai dei miei occhi.

«Il cielo schiariva a poco a poco verso oriente, e mentre la luce del giorno si faceva sempre più vivida risvegliando ancora una volta i colori della natura, mi guardai attorno attentamente, ma non scorsi traccia delle figure bianche: certo erano immagini nate dalla penombra. "Fantasmi", mi dissi, "e chissà da dove venivano". Una singolare reminiscenza di Grant Allen mi tornò alla memoria, e mi divertì molto: se ogni generazione sparisce lasciando dietro di sé degli spettri, il mondo, a un certo momento, ne sarà gremito. Secondo quella teoria, da adesso all'anno 802.701 i fantasmi si sarebbero dovuti moltiplicare in maniera favolosa, e non c'era nulla di strano a vederne quattro in una volta. Ma non potevo prendere sul serio certe teorie, e per tutta la mattinata continuai a pensare a quelle insolite figure, sino a quando la presenza di Weena non le allontanò dalla mia mente.

Avevo in certo modo messo in relazione quelle figure con l'animale bianco la cui vista mi aveva tanto inquietato durante la mia prima disperata ricerca della Macchina del Tempo; ma Weena era un piacevole sostituto di quegli esseri sconosciuti, destinati tuttavia fatalmente a prendere ben presto possesso dei miei pensieri.

«Credo di avervi detto che la temperatura nell'Età dell'Oro era molto più calda di quella attuale, ma non posso spiegarne la ragione; forse il sole scaldava di più, forse la terra gli era più vicina. Si presume generalmente che il sole vada, col passar dei secoli, raffreddandosi in modo costante; ma la maggior parte di noi, poco addentro alle teorie del giovane Darwin, dimentica che i pianeti dovranno alla fine essere assorbiti ad uno ad uno dall'astro principale. Se tale catastrofe dovesse verificarsi, il sole arderebbe con rinnovata energia; e può anche darsi che qualcuno dei pianeti più lontani da noi avesse già subito il suo destino. Comunque, sia qual vuoi essere la ragione, resta il fatto che il sole nell'Età dell'Oro era molto più caldo di quanto lo sia oggi.

«Bene, in una giornata particolarmente afosa - la quarta, credo - avevo cercato riparo dal calore e dalla luce abbagliante tra le colossali rovine presso il grande palazzo dove andavo a mangiare e a dormire. Mi accadde allora uno stranissimo fatto: arrampicandomi tra i cumuli di macigni, scopersi una stretta galleria il cui sbocco e le cui finestre laterali erano bloccati da massi di pietra. Il suo interno, in contrasto con lo splendore che regnava fuori, mi parve dapprima completamente buio. Entrai barcollando, poiché lo sbalzo tra la luce e l'oscurità mi faceva ballare davanti agli occhi macchie di colore; ma mi fermai di colpo come affascinato: due occhi, luminosi malgrado l'oscurità, mi fissavano nelle tenebre.

«Fui preso dall'antico, atavico terrore delle bestie feroci: serrai le mani una nell'altra e fissai risolutamente quegli occhi luccicanti. Avevo paura di voltarmi per tornare indietro, ma ben presto mi sovvenni che l'umanità sembrava vivere in una sicurezza perfetta; subito dopo, però, pensai all'insolito spavento che quella gente aveva del buio; e vincendo il più possibile la paura, feci un passo avanti e parlai. Voglio ammettere che la mia voce fosse rauca e non troppo controllata. Tesi una mano e toccai qualcosa di morbido; subito gli occhi che mi fissavano si volsero da un'altra parte, e un corpo bianco mi passò accanto correndo. Mi voltai col cuore in gola, e scorsi una figurina, una specie di scimmietta dalla testa china sul petto, attraversare di corsa lo spazio assolato dietro di me: inciampò contro un blocco di granito, lo scansò barcollando, e dopo un attimo mi fu nascosta da un alto cumulo di rovine.

«La mia impressione su quello stranissimo essere è naturalmente molto approssimativa; posso dire con certezza che era bianco, che aveva gli occhi di una tinta grigiorossastra, e che la testa e il dorso erano coperti di capelli color del lino. Ma, come ho già detto, era scappato troppo in fretta, per lasciarmi la possibilità di vederlo distintamente. Non sono neppure in grado di dire se corresse su quattro zampe o se tenesse soltanto le braccia molto abbassate.

Dopo un attimo lo seguii verso le rovine tra cui era sparito, e dapprima non riuscii a ritrovarlo; ma quando mi fui abituato all'oscurità, mi avvicinai a uno di quei pozzi di cui vi ho già parlato e che era chiuso a metà da un pilone precipitato. Un improvviso pensiero mi balzò alla mente: forse la Cosa era sparita per quell'apertura? A c c e s i un fiammifero, guardai in fondo al pozzo, e scorsi una creatura bianca che si muoveva e mi fissava con due grandi occhi luminosi, ritirandosi verso il fondo. Rabbrividii.