La Cosa assomigliava a un ragno umano! Si avvicinava sempre più al fondo del pozzo aggrappandosi alle pareti, e adesso potei vedere per la prima volta un certo numero di pioli metallici che formavano una specie di scaletta digradante verso il fondo. Poi il fiammifero mi bruciò le dita e mi cadde di mano; quando ne ebbi acceso un altro, il mostriciattolo era scomparso.

«Non so quanto tempo rimasi a spiare in fondo a quel pozzo; certo più di quanto mi ci volle per persuadermi che la cosa che avevo visto apparteneva al genere umano. Gradatamente cominciavo a intuire la verità: la razza umana non era rimasta di un'unica specie, ma si era sviluppata sotto due forme ben distinte fra loro: quei graziosi fanciulli del mondo superiore non erano gli unici discendenti della nostra stirpe; anche quella bianca, repellente Cosa notturna fuggita davanti a me era l'erede dell'evoluzione dei tempi.

«Ripensando ai piloni vibranti e alla mia teoria su una ventilazione sotterranea, cominciai a sospettare il loro vero significato. "Come inquadrare", mi chiedevo, "quel lemure nel mio schema di un'organizzazione perfettamente equilibrata? E che rapporti ha esso con l'indolente serenità degli incantevoli abitanti del mondo superiore? Che cosa si nasconde nel fondo di quei pozzi?". Mi sedetti sul bordo metallico, dicendo a me stesso che, in ogni modo, non c'era da spaventarsi, e che dovevo scendere laggiù per trovare la soluzione di tutti i miei guai. Malgrado questi ragionamenti, provavo però una tremenda paura all'idea di calarmi là in fondo! Mentre me ne restavo così indeciso, due belle creature, certo due innamorati si allontanarono correndo nella luce verso un rifugio ombroso. Il maschio inseguiva la femmina lanciandole fiori.

«Sembrarono ambedue contrariati di vedermi seduto sull'orlo del pozzo, col braccio appoggiato al pilastro capovolto e gli occhi fissi a scrutare il fondo.

Ho già accennato al fatto che i miei ospiti non ritenevano molto corretto interessarsi a tali aperture, e quando accennai a quella su cui ero seduto, tentando nello stesso tempo di mettere insieme una domanda nella loro lingua, essi si scostarono da me visibilmente contrariati. Ma si mostrarono moltissimo incuriositi dai miei fiammiferi, sicché ne accesi qualcuno per divertirli; tentai quindi di nuovo di interrogarli riguardo al pozzo, e di nuovo venni meno al mio scopo. Li lasciai poco dopo con l'intenzione di cercare Weena e vedere quel che potevo ricavare da lei. Avevo nella testa un turbine di idee, di pensieri e di impressioni che non riuscivo a far quadrare, ma possedevo finalmente un filo conduttore per stabilire l'importanza di quei pozzi, delle torri vibranti, dei misteriosi fantasmi, e mi era inoltre balenata una mezza idea circa le porte di bronzo e il destino della mia Macchina del Tempo! Credevo anche di essere sulla via giusta per risolvere il rebus intorno al problema economico di quella gente, problema che mi aveva reso sommamente perplesso.

«Eccovi dunque le mie nuove congetture. È chiaro che la seconda specie umana conduceva una vita sotterranea; tre circostanze in particolare mi spingevano a credere che le sue rare apparizioni alla superficie della terra fossero la conseguenza di una ormai lunga abitudine alla vita sotterranea: in primo luogo il colorito estremamente pallido, comune a molti animali che vivono quasi sempre al buio (i pesci bianchi delle grotte del Kentucky, per esempio); poi quegli occhi enormi che riflettevano la luce e che sono una caratteristica degli animali notturni come il gufo e il gatto; e infine l'evidente idiosincrasia alla luce del sole. Quelle fughe affrettate, quel correre barcollando verso l'ombra più fitta, quel caratteristico portamento della testa, tenuta bassa sotto la luce, confermavano la teoria di una rètina estremamente sensibile.

«Sotto i miei piedi la terra doveva essere percorsa da enormi gallerie: l'abitazione, appunto, della nuova razza. La presenza dei pozzi e dei piloni di ventilazione lungo i fianchi delle colline - e ne sorgevano da per tutto, tranne lungo la vallata del fiume - dimostrava che le ramificazioni delle gallerie si stendevano in tutti i sensi. Era assai logico, quindi, pensare che tutto quanto occorreva alla facile vita degli esseri che vivevano alla luce del sole fosse preparato in quel mondo inferiore e artificiale. Questa idea mi pareva talmente plausibile, che la accettai senza pensarci due volte, e cercai di spiegarmi in maniera verosimile la scissione della razza umana. Suppongo che immaginiate già di che teoria si tratta, sebbene, per; quel che mi riguarda, compresi ben presto che essa non era affatto sufficiente a spiegare l'intera verità.

«Basandomi sui problemi propri alla nostra epoca, sulle prime mi parve chiaro come la luce del sole che l'estendersi dell'attuale divergenza di opinioni tra capitalisti e lavoratori, divergenze di carattere puramente temporaneo e sociale, era la chiave di tutta la faccenda. Senza dubbio, la cosa vi sembrerà grottesca e addirittura incredibile; eppure, anche ai nostri giorni esistono circostanze che avvalorano questo modo di pensare. Possiamo notare anche oggi una tendenza a utilizzare lo spazio sotterraneo per gli scopi meno ornamentali della civilizzazione. Guardate per esempio, a Londra, la ferrovia metropolitana, le linee ferroviarie elettriche create da poco, i sottopassaggi, i laboratori e i ristoranti sotterranei che si vanno moltiplicando sempre più in fretta. Evidentemente, pensavo, questa tendenza si era sviluppala in maniera tale da togliere a ogni ramo dell'industria il diritto di vivere alla luce del giorno; talché essa si era sprofondata nel sottosuolo con tutte le sue fabbriche, restandovi sempre più a lungo, fino a prendervi stabile dimora. E anche adesso un operaio dei sobborghi non vive forse in condizioni altrettanto artificiali, tagliato praticamente fuori dalla superficie della terra?

«Per di più, le tendenze aristocratiche della gente ricca - dovute senza dubbio alla sua educazione sempre più raffinata - e l'incolmabile abisso che la divide dalla rude violenza del povero, stanno già conducendo all'esclusione di quest'ultimo dalla superficie della terra. Intorno a Londra, ad esempio, quasi la metà del territorio più attraente è chiuso ad ogni intrusione. E questo stesso abisso incolmabile - dovuto al tempo e al gran denaro che costa un'educazione superiore, e perciò alla maggior facilità di procurarsela e alla tendenza verso abitudini raffinate da parte dei ricchi - determinerà una divisione sempre più netta fra classe e classe. Essa sarà facilitata anche dal fatto che ai nostri giorni non sono frequenti i matrimoni fra membri di ambienti diversi, cosa che impedisce sempre più l'espandersi della nostra specie in tutti gli strati sociali. In tal modo, alla fine, avremo al di sopra della terra i ricchi, che condurranno una vita piacevole, comoda e bella, e sotto la superficie terrestre i poveri, i lavoratori, la cui esistenza sarà un continuo adattamento alle condizioni del loro lavoro. Una volta confinata nel sottosuolo, questa parte di umanità sarà obbligata a pagare, e non poco, la ventilazione delle sue caverne; se si rifiuterà, di farlo dovrà morire di fame o di asfissia.

Quindi una parte di costoro si adatterà a un'esistenza miserabile, e i ribelli troveranno la morte, fino al giorno in cui i sopravvissuti non si adatteranno perfettamente a una condizione di vita sotterranea e non saranno felici del proprio stato, così come gli abitanti del mondo superiore saranno felici del loro.

Ecco la ragione per cui mi convinsi che la raffinata bellezza degli uni e il triste pallore degli altri fossero una conseguenza naturale di quanto ho detto prima.

«Allora guardai con altri occhi il grande trionfo dell'umanità, di cui avevo tanto fantasticato: quel trionfo di educazione morale e di generale cooperazione che avevo immaginato non esisteva affatto. Vedevo invece una vera e propria aristocrazia, padrona di una scienza perfezionata al massimo grado, condurre alla sua logica conclusione il sistema industriale odierno: il trionfo di questo sistema non era stato soltanto un trionfo sulla natura, ma anche sull'individuo-uomo. Badate che questa era la mia personale teoria del momento: brancolavo nel regno dell'utopia senza una guida competente. Forse la mia spiegazione è del tutto sbagliata, ma penso tuttavia che sia la più plausibile. Però, anche in questo caso, la perfettissima civiltà che si era finalmente raggiunta doveva avere da molto tempo toccato il suo apice, e ora si trovava in piena fase di decadenza; il completo stato di sicurezza in cui vivevano gli esseri del mondo superiore li aveva condotti a una lenta degenerazione, riducendone le proporzioni fisiche, la forza e l'intelligenza: tutto ciò era fin troppo chiaro ai miei occhi.