Ed ella ricordava che anche nel venire al paesetto, col suo Paulo appena nominato parroco, dopo che lei era stata per vent’anni serva e aveva resistito ad ogni stimolo di vita, privandosi dell’amore e del pane per tirar su bene il suo povero ragazzo e dargli il buon esempio, un vento furioso li aveva colti in viaggio.

Si era anche allora di primavera, ma tutta la vallata sembrava d’un tratto ripresa dall’angoscia in-vernale; ogni foglia si torceva, gli alberi si piegavano e pareva guardassero di qua e di là spauriti le 5

nuvole che salivano rapide nere e lucenti da tutte le parti dell’orizzonte e andavano le une contro le altre, come eserciti in battaglia; grossi chicchi di grandine cadevano come palle bucando le foglie tenere.

Allo svolto della strada, dove questa domina la vallata e comincia a scendere verso il fiume, il vento aveva investito con tale impeto i viaggiatori che i cavalli s’erano fermati, nitrendo, con le orecchie dritte per la paura. E il vento infatti scuoteva i loro freni come un bandito che li fermasse al collo per assalire i viaggiatori. Persino Paulo, che pure aveva l’aria di divertirsi, gridava con accento di vaga superstizione:

“È proprio lo spirito indiavolato dell’antico parroco che ci vuol mandare indietro”.

Il vento gli rubava le parole di bocca e le sperdeva lontano; ed egli tentava di sorridere con ironia; un sorriso a mezzo che lasciava vedere solo i denti dal lato sinistro della bocca; ma il suo sguardo era triste, nel fissare il paesetto che appariva come in un quadro appoggiato alla china verde, sopra la striscia agitata del fiume, all’ombra del ciglione carico di nuvole.

Passato il fiume, il vento si calmò un poco. Tutti gli abitanti del paesetto, che aspettavano il nuovo parroco, come il Messia, si erano riuniti nella piazza della chiesa.

Ed ecco d’improvviso i più giovani di essi si riuniscono in gruppo e scendono incontro ai viaggiatori fino alla riva del fiume.

Vengono giù come uno stormo d’aquilotti della montagna: l’aria è agitata dai loro gridi.

Arrivati accanto al loro parroco lo circondano, lo conducono in trionfo, esplodendo di tanto in tanto i loro fucili in segno di gioia. Tutta la valle echeggia delle loro grida e degli spari: persino il vento si placa e il maltempo cessa.

Anche in quell’ora di angoscia la madre palpitava d’orgoglio rivivendo quell’altra ora di trionfo.

Le pareva ancora di andare come in sogno, di essere trasportata da quei giovani chiassosi come da una nuvola ardente, e accanto a lei il suo Paulo, così ancora fanciullo, e intorno al quale tutti quelli uomini forti si inchinavano, assumeva un aspetto quasi divino.

Si va su, si va su. Nei punti più alti e nudi del ciglione brillano fuochi di gioia, le fiamme sullo sfondo delle nuvole nere sventolano come bandiere rosse; e il paesetto grigio, le chine erbose e le tamerici e gli ontani lungo il sentiero ne sono illuminati.

Si va su, si va su. Sopra il parapetto della piazza sorge un altro muro di corpi protesi, di teste an-siose, a punta quelle degli uomini incappucciati, circondate dalla frangia svolazzante dei fazzoletti quelle delle donne. Brillano gli occhi delle bambine, beate dello spettacolo; e sul profilo del ciglione le figurine smilze e nere dei ragazzi che attizzano i fuochi sembrano diavoletti.

Attraverso la porta spalancata della chiesa s’intravedono tremolare come fiori di narciso al vento le fiammelle dei ceri; le campane suonano a distesa; e le nuvole stesse, sul cielo di pallido argento, accumulandosi tutte intorno al campanile, pare si fermino a guardare e aspettare.

Un grido s’alza dalla piccola folla.

“Eccolo! Eccolo! Sembra un santo!”

Dei santi, però, egli aveva solo l’aspetto tranquillo: non parlava, non rispondeva ai saluti; non sembrava neppure commosso per quella dimostrazione popolare: solo stringeva le labbra e abbassava le palpebre inarcando le sopracciglia come se la fronte gli pesasse. D’un tratto la madre, quando furono in mezzo alla folla, lo vide piegarsi da un lato, come stesse per cadere: un uomo lo so-stenne; egli si sollevò subito e corse dentro la chiesetta, s’inginocchiò davanti all’altare e intonò il rosario.

Le donne rispondevano piangendo.

Quel pianto di povere donne, ch’era tutta un’espressione di amore, di speranza, di desiderio verso un bene non terreno, la madre se lo sentiva risalire dalle viscere in quell’ora di angoscia. Il suo Paulo! il suo Paulo! Il suo amore, la sua speranza, il suo desiderio verso un bene non terreno, ecco che glielo prendeva lo spirito del male; e lei stava lì ferma in fondo alla scaletta come in fondo a un pozzo, senza tentare di salvarlo.

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Le sembrò di soffocare: il cuore le si gonfiò, duro come una pietra; le fece male. Si alzò per poter respirare meglio, risalì e riprese il lume; e tenendolo alto si guardò attorno nella sua cameretta nu-da, dove il solo letto di legno e un armadio tarlato si tenevano compagnia come due vecchi amici.

Era una camera di serva, la sua: ella non aveva mai preteso di mutar sorte, contentandosi della ric-chezza ch’era per lei l’esser madre del suo Paulo.

Passò nella camera di lui: bianca, col piccolo letto verginale, un tempo questa cameretta era ordi-nata e semplice come quella d’una fanciulla: egli amava la quiete, il silenzio, l’ordine, e teneva sempre i fiori sul tavolino da studio, davanti alla finestra; da qualche tempo però non si curava più di nulla; lasciava i cassetti aperti, i libri sulle sedie, e anche per terra.