Dall’acqua con cui s’era lavato prima di uscire, esalava un forte profumo di rosa: una veste di lui stava buttata lunga distesa per terra come un’ombra: l’ombra di lui caduto.

Quell’odore, quell’ombra, scossero di nuovo la madre dal suo avvilimento; sollevò con sdegno la veste caduta, e sentì di aver tanta forza da sollevare così anche lui. Poi mise un po’ d’ordine nella camera, camminando forte senza più darsi pena di smorzare il rumore delle sue scarpe da contadino. Riaccostò al tavolino la sedia di cuoio ov’egli sedeva per studiare, e ne sbatté i piedi sul pavimento come per ordinarle di star lì e prometterle che egli sarebbe tornato presto al suo posto: poi guardò verso il piccolo specchio appeso accanto alla finestra…

Nella casa di un sacerdote non è permesso tenere specchi: egli deve vivere senza ricordarsi che ha un corpo. Per questo almeno l’antico parroco osservava la legge; e lo si vedeva dalla strada farsi la barba guardandosi nel vetro della finestra aperta, dietro il quale metteva un panno nero! Paulo invece era attirato dallo specchio come dalla fontana dove c’è un viso che sorride, attira e fa cadere dentro.

Ed ella strappò dal chiodo il piccolo specchio che rifletteva il suo viso scuro e sdegnato e i suoi occhi minacciosi: l’ira a poco a poco la vinceva. Spalancò la finestra, lasciando penetrare il vento per purificare l’aria; e i libri e i fogli sulla tavola parvero animarsi, svolazzando qua e là fino agli angoli più lontani della camera; la frangia della coperta del letto tremò tutta, la fiammella del lume si piegò paurosa.

Ella raccattò i fogli e li rimise sul tavolino. Allora vide una Bibbia aperta, con una figura colorata che a lei piaceva tanto e si chinò a guardarla meglio: ecco, è Gesù pastore con le pecore che s’abbe-verano al fonte in mezzo alla foresta: fra i tronchi degli alberi, sullo sfondo azzurro dell’orizzonte s’intravvede una città rossa, illuminata dal tramonto: una città santa, la città della salvezza.

Sì, nei tempi passati egli vegliava la notte studiando; la finestra avanti a lui s’apriva sul ciglione fiorito di stelle; l’usignuolo cantava per lui.

Il primo anno di residenza nel paesetto, egli parlava di andarsene, di tornare nel mondo; poi s’era come addormentato, all’ombra del ciglione. tra il mormorìo degli alberi: e sette anni erano passati così, e la madre non lo incitava a muoversi perché erano tanto felici lassù, nel paesetto che a lei sembrava il più bello della terra perché il suo Paulo ne era il Cristo e il Re.

Richiuse la finestra e riattaccò lo specchio che rifletteva il suo viso divenuto pallido, con gli occhi velati di lagrime.

Ancora una volta si domandò se non s’ingannava. Si volse, prima di uscire, verso il crocifisso appeso alla parete davanti ad un inginocchiatoio, sollevando la lucerna per vedere meglio: e nella mossa che fecero le ombre le parve che il Cristo scarno, nudo, teso sulla croce, piegasse la testa per ascoltare quello che lei voleva dirgli. Allora grosse lagrime le caddero dagli occhi, lungo il viso, sopra le vesti: e le parvero di sangue. “Signore, salvaci tutti. Anche me, anche me. Tu che sei pallido, senza sangue, col viso, sotto la corona di spine, dolce come la rosa nel rovo: tu che sei sopra le passioni nostre, salvaci tutti.”

E uscì rapida; scese nuovamente la scaletta, attraversò le stanzette terrene. Al chiarore improvviso della lucerna, qualche mosca si svegliava ronzando intorno agli spigoli dei vecchi mobili.

Dalla stanzetta da pranzo, sulla cui piccola finestra alta il vento e il rumore degli alberi del ciglione si sbattevano con un fragore di pioggia, passò nella cucina e sedette davanti al camino, dove il fuoco era già coperto di cenere.

7

Anche là dentro tutto tremolava per il vento che penetrava dalle fessure: e le pareva di essere, non in quella lunga e bassa cucina col soffitto obliquo sostenuto da una infinità di travi e travicelli anne-riti dal fumo, ma in una barca in mezzo al mare sconvolto.

E benché decisa ad aspettare il ritorno del figlio e cominciare subito la lotta, cercava di credere ancora d’ingannarsi.

Trovava ingiusto che Dio le mandasse un dolore così. Ed ecco di nuovo ricostruiva tutto il suo povero passato, frugando nei suoi giorni per trovarvi il seme del male presente: e tutti i suoi giorni erano lì, sul suo grembo, duri e puri come i grani del rosario che le sue dita tremanti palpavano.

Nulla aveva fatto di male, lei, se non forse qualche volta col pensiero.

Si rivedeva ragazzetta, orfana, in casa di parenti poveri, in quello stesso paesetto, maltrattata da tutti: andava scalza, con grossi carichi sulla testa, a lavare i panni al fiume, a portare il grano da macinare al molino. Un suo zio, già quasi vecchio, era servo aiutante del mugnaio; e ogni volta che ella scendeva al molino, se nessuno li vedeva, la rincorreva fin dentro le fratte e le macchie di tamerici e la baciava pungendole il viso coi peli ispidi della sua barba; e la copriva tutta di farina.

Quando ella raccontò questo in casa, le zie non la lasciarono più andare al molino. Allora l’uomo, che non veniva mai in paese, una domenica ritornò in casa e disse che voleva sposare la ragazza.