E cercò di prenderlo in giro.
“Se siete morto, che bisogno avete di calze?”
“Chi ti assicura che sono morto? Sono ben vivo, invece, e sono qui. E presto caccerò via tuo figlio, e te con lui, dalla mia parrocchia. Peggio per le vostre viscere, se avete voluto venire a star qui: era meglio che gli facevi fare il mestiere del padre, a tuo figlio. Ma tu sei una donna ambiziosa: hai voluto ritornare padrona dove sei stata serva. Adesso ti accorgerai del guadagno.”
“Noi ce ne andremo”, ella disse umile e addolorata. “È questo il mio desiderio. Uomo vivo o fantasma che tu sia, abbi pazienza per qualche giorno: ce ne andremo.”
“E dove vuoi andare? Qui o là è lo stesso. Piuttosto, dà retta a uno che se ne intende: lascia che adesso il tuo Paulo segua il suo destino. Lasciagli conoscere la donna: altrimenti gli accadrà come è accaduto a me. Finché sono stato giovane non ho voluto né donne, né piaceri. Volevo anch’io gua-dagnarmi il Paradiso, e non mi accorgevo che il Paradiso è in terra. Quando me n’accorsi era tardi; il mio braccio non arrivava più a cogliere i frutti dall’albero, e le mie ginocchia non si piegavano perché potessi dissetarmi alla fontana. Allora ho cominciato a bere vino, a fumare la pipa, a giocare alle carte coi giovinastri del paese. Giovinastri li chiamavate voi; bravi ragazzi che si godono la vita come possono. La loro compagnia fa bene; dà un po’ di calore e di allegria, come quella dei ragazzi in vacanza. Solo che essi sono sempre in vacanza, e per questo sono anche più allegri e spensierati dei ragazzi, i quali hanno il pensiero di dover tornare a scuola.” Mentre egli diceva queste cose, la madre pensava:
“Egli parla così perché vuol convincermi a lasciar dannare il mio Paulo. È mandato dal suo amico e padrone, il diavolo: bisogna stare in guardia”.
Eppure, suo malgrado, lo ascoltava volentieri, e gli dava quasi ragione. Pensava che, nonostante i suoi sforzi, anche il suo Paulo poteva perdersi, entrare anche lui “in vacanza”, e il cuore di madre andava già in cerca di scusanti per lui.
“Voi potete aver ragione”, disse, sempre più umile e addolorata, ma adesso con un po’ di finzione;
“io sono una povera donna ignorante e non capisco nulla; ma una sola cosa certa so: che Dio ci ha messo al mondo per soffrire.”
“Dio ci ha messo al mondo per godere; ci fa soffrire per castigarci di non aver saputo godere, questo sì, idiota d’una donna. Dio ha creato il mondo con tutte le sue bellezze e poi lo ha regalato al-l’uomo perché se lo godesse: peggio per chi non lo capisce. Del resto non m’importa di convincerti, come tu pensi. M’importa di cacciarvi lontani di qui, tu e il tuo Paulo. Peggio per le vostre viscere se avete voluto venire a star qui.”
9
“Ce ne andremo, non dubitate, ce ne andremo presto. Questo ve lo posso promettere: non penso ad altro.”
“Tu parli così perché hai paura di me. Però fai male ad aver paura. Tu credi sia stato io, a fermarti i piedi e a impedire agli zolfanelli d’accendersi: e può darsi che sia stato io, ma non è detto che per questo io voglia far del male a te e al tuo Paulo. Solo voglio che ve ne andiate: bada però che se non tieni la parola te ne pentirai; allora ci rivedremo e ti ricorderò questo nostro colloquio. Intanto ti lascio le calze da rattopparmi.”
“Va bene; ve le rattopperò.”
“Chiudi gli occhi, allora, perché non voglio che tu mi veda le gambe nude.
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