Uno di loro accese la luce, dapprima non videro nulla, tutto era in ordine e la camera sembrava vuota… poi videro.
Il povero signor Gattini era stato colpito alle spalle mentre si trovava seduto davanti al suo tavolino da “toilette”. Il coltello con il quale era stato colpito non c’era più, ma era evidente che l’uomo era morto senza poter emettere un grido.
Questo fu il primo assassinio ma ben altri dovevano seguire.
La solita richiesta di denaro arrivò un giorno al signor Cristoforo Angeli, ricco banchiere naturalizzato britannico; anche lui trattò questa richiesta con leggerezza come aveva fatto Gattini… e fu ucciso da un colpo sparatogli mentre era alla finestra, un pomeriggio di primavera, e nessun altro che lui vide l’assassino.
Ne seguì una tregua; ma per la polizia che stava mettendo sottosopra tutta l’Europa per trovare qualche indizio, era evidente che questa tregua non era dovuta all’inattività della banda, ma bensì al suo successo. Infatti si sapeva che da ogni parte uomini che temevano di perdere la propria vita pagavano, guardandosi bene dal ricorrere alla polizia.
Ne seguì un vero regno del terrore, fino a che, dissanguati i più ricchi membri della colonia italiana, la Mano Rossa diresse la sua attenzione su altre fonti.
Edgar Wallace
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1913 - La Mano Rossa
Henry Saint-Grein, ricco agente di cambio di Chicago, conosciutissimo in tutta l’Europa per la sua collezione di oggetti d’arte, ricevette anche lui la oramai stereotipata richiesta. Telefonò alla polizia e Scotland Yard mandò i suoi migliori agenti a intervistare il multimilionario all’Hotel Fitz dove aveva preso dimora.
- Non pagherò nulla - dichiarò il milionario, un uomo alto dai lineamenti duri, con una bocca enorme. Il servizio segreto capì che finalmente la Mano Rossa si trovava di fronte a una volontà di ferro che nulla avrebbe piegato.
- È affar vostro - aggiunse il milionario - di prendersi cura della mia vita.
Prendete tutti i provvedimenti che crederete più adatti, io li approvo fin d’ora. Dal canto mio offro una ricompensa di ventimila sterline per l’arresto della banda o del suo capo.
Così ebbe inizio la straordinaria lotta che doveva suscitare nel pubblico tanto interesse e richiamare la sua attenzione su tutto l’affare della Mano Rossa.
Il racconto della lotta sostenuta dal signor Saint-Grein con un aggressore sul tetto dell’Hotel Fitz; il colpo di pistola che questi sparò su Antonio Ferrin, il quale era riuscito a introdursi nella sua camera da letto; il tentativo andato a vuoto fatto dalla banda per far saltare con la dinamite l’Hotel Fitz; tutti questi fatti sono ancora presenti nella mente di tutti.
Fu la mattina stessa nella quale fu rinvenuto il corpo del signor Saint-Grein nel Tamigi al di là del ponte Cleopatra che il Governo decise di rivolgersi a Tillizzini.
La sera del suo ritorno da Burboro, Tillizzini stava seduto al suo tavolo da lavoro riflettendo sul modo di trovare una via d’uscita a questo problema. La luce rossa che cadeva da una lampada posta al suo fianco dava al volto un’aria sinistra che d’abitudine non aveva. Era un viso magro e fortemente marcato nelle linee, nelle gote e al disopra delle labbra; il pallore aveva quasi delle ombre di azzurro, il naso era lungo e affilato e le sopracciglia nere e nettamente arcuate.
Ma per negativa che fosse l’impressione che dava questo volto dai tratti un po’ mefistofelici, tutto era dimenticato alla vista degli occhi di Tillizzini. Mentre in lui tutti i lineamenti tradivano la sua origine italiana, gli occhi erano quasi irlandesi per la dolcezza del loro azzurro, erano grandi, chiari, luminosi, e le lunghe sopracciglia che li coprivano non facevano che aggiungervi bellezza.
Edgar Wallace
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1913 - La Mano Rossa
Mentre con una mano teneva aperto il libro, con la destra prese uno splendido portasigarette d’oro che era sul tavolo e ne estrasse una sigaretta lunga e sottile che accese con l’accendino elettrico che era vicino al suo gomito.
La camera nella quale sedeva era alta e spaziosa, il soffitto e il camino erano veri capolavori del magico Adam. Le pareti erano per metà ricoperte di quercia scura e, tranne un piccolo disegno ad acquerello, erano completamente nude di quadri e dipinti.
Lungo una di queste pareti vi era una grande scansia per libri che andava dal muro fino a una porta vicino alla finestra. Alle finestre lunghe e strette pendevano cortine rosse. Sembrava che da quella grande poltrona in legno scolpito, dalla comoda sedia a braccioli vicino al camino, dal soffice e spesso tappeto e dallo splendido orologio che tintinnava al di sopra dell’attaccapanni, spirasse un’aria di intimità.
Tillizzini era profondamente assorto nella lettura e il fumo della sigaretta si innalzava in spirali sempre più grandi.
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