Allora le mostrai quel sangue sui capelli.

Apparvero vari altri volti che non potemmo riconoscere. Infine si presentò un signore che sembrava modellato in gesso di Parigi. Aveva in testa una specie di cilindro, capelli ricciuti e barba, ma, essendo assolutamente senza 22

colore, aveva un aspetto così innaturale che non potei cogliere una somiglianza con nessuno dei miei amici, sebbene egli continuasse a inchinarsi nella mia direzione per indicare che lo conoscevo o lo avevo conosciuto.

Esaminai di nuovo il suo volto e sempre invano. Nulla in esso mi appariva familiare, finché la sua bocca si atteggiò a un grave, divertito sorriso per la mia perplessità. In un attimo riconobbi in lui un mio caro, vecchio amico, John Powles, la cui storia riferirò per esteso più avanti. Esclamai «Powles!» e balzai verso di lui, ma, a questo mio atto impetuoso, la figura scomparve. Fui profondamente addolorata della mia imprudenza, perché era l’amico che più di ogni altro desideravo vedere, e rimasi lì sperando e pregando che lo spirito tornasse, ma non lo fece. La madre e l’amico di Annie tornarono più volte; in realtà Annie richiamò il capitano Gordon così insistentemente che, nella sua ultima apparizione, il potere era esaurito e il suo volto sembrava uno sbiadito schizzo ad acquerello; ma «Powles» era scomparso per sempre.

L’ultimo volto che vedemmo quella sera fu quello di una bimbetta, e solo i suoi occhi e il suo naso erano visibili, il resto della sua testa e del suo viso era avvolto in qualche cosa di bianco e sottile come mussolina. La signora Holmes le chiese per chi di noi era venuta, e lei dichiarò di essere venuta per me. Dissi che doveva ingannarsi e che non avevo conosciuto in vita alcuno simile a lei.

La medium la interrogò minutamente e cercò di metterla, per così dire, «fuori LA MORTE NON ESISTE di Florence Marryat

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causa». Tuttavia la bambina insistette di essere venuta per me. La signora Holmes mi chiese: «Non riuscite a ricordare qualcuno di quell’età che sia oggi nel mondo spiritico e abbia avuto rapporti con voi? Una cugina, una nipote, una sorella, la figlia di un’amica?» Feci uno sforzo di memoria, ma non trovai nulla e risposi: «No! nessuna bambina di quell’età». Lei allora si rivolse al piccolo spirito: «Ti sei sbagliata. Qui non c’è nessuno che ti ricordi.

E’ meglio che te ne vada». Così la bambina si allontanò, ma molto lentamente e con riluttanza. Potevo leggerle il disappunto negli occhi, e, dopo essere scomparsa, tornò a far capolino all’angolo e mi guardò appassionatamente.

Era «Florence», la mia cara bambina perduta (come la consideravo allora), che mi aveva lasciato dieci giorni dopo la sua nascita e che non avevo potuto dapprima riconoscere in una ragazzina di dieci anni. La sua identità, comunque, mi è stata provata in seguito, senza possibilità di dubbio, come si vedrà nel capitolo in cui narro la mia riunione con lei e che è intitolato «Il mio Spirito Bambina».

Così terminò la prima seduta a cui abbia assistito, e che fece su di me una profonda impressione. La signora Holmes, nell’augurarci la buona notte, disse: «Voi due, signore, dovete essere dei medium molto potenti. Fino a oggi, 23

non ho mai avuto una séance così riuscita con estranei». Queste parole ci esaltarono: eravamo ansiose di proseguire le nostre indagini e felici di pensare che avremmo potuto condurre delle sedute a casa nostra. Infatti, appena Annie Thomas ebbe stabilito la sua residenza a Londra, ci accordammo per tenere riunioni regolari a tale scopo. Fu questa la seduta che fece di me una studiosa di quei fenomeni psichici che gli uomini del diciannovesimo secolo chiamano spiritismo. Se fosse fallita, forse sarei oggi come la maggior parte delle persone.