In questo, Eisenbud ha visto con grande chiarezza: il dramma dominante di Florence è di non rassegnarsi alla perdita, alla fine di ciò che è stato. Continuamente ella si riallaccia al passato e lo fa proseguire nell’aldilà, né dà testimonianza in questo mondo attraverso una serie di materializzazioni troppo significative e conseguenti per non rivelare un’esigenza segreta, un’eco della sua vita interiore: i suoi figli nati morti o sopravvissuti solo per pochi giorni crescono e si sviluppano nel mondo spiritico; il suo segreto amore di gioventù, John Powles, vive solo per lei e nell’attesa di lei la sua esistenza ultraterrena; il figliastro Francis, il cognato Edward, probabilmente sacrificati alla pace domestica, sono lì a chiedere e a dare perdono, l’uno rozzo marinaio, l’altro ombra spaurita, ancora oppressa, sembra, da un amore impossibile. Pensiamo che nei quasi cento, oggi introvabili, romanzi della Marryat non vi sia un solo personaggio vivo come 6
questi due delineati in poche righe con abilità di grande scrittore. Tutta la serie di queste figure materializzate si collega nell’unità di un racconto interiore, si struttura nelle forme di una vita quale potrebbe essere stata sulla base di premesse venute meno nella realtà. Ma appunto questa coerenza segreta, questo perfetto corrispondere alle attese del soggetto, rende quanto mai dubbi i fenomeni come espressioni autonome e indipendenti di un’altra esistenza.
Tale rapporto tra i vivi e i defunti, tra de forme materializzate e i frequentatori delle sedute, sembra essere tipico di tutte le esperienze di cui Florence ci dà relazione. Tutti questi clienti di medium professionisti non si rassegnano a una perdita, si aggrappano disperatamente a un passato trascurando un futuro: l’ignoto industriale che ha perso la moglie subito dopo le nozze e che per anni frequenta regolarmente le sedute di una medium solo per offrire un fiore bianco d fantasma della sua sposa di un giorno; la nonna che alleva i nipotini rimasti orfani e di continuo si consulta con la figlia LA MORTE NON ESISTE di Florence Marryat
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defunta facendole scegliere perfino i campioni di stoffa per i loro nuovi abiti; il padre che da anni si incontra con le sue tre figlie perdute bambine e divenute giovinette nel mondo spiritico.
Possiamo concludere che tutta la fenomenologia spiritica sia fatta di queste attese, di queste rievocazioni, di queste ideoplastie in cui forme di vita stroncate a mezzo trovano una fittizia continuazione? Allo stato attuale degli studi, diremmo di no; sarebbe necessario estendere indagini del tipo di quella dell’Eisenbud a tutti i medium che, d’altra parte, si vanno facendo sempre più rari: e a tutti i loro consultanti: un’impresa disperata e, in definitiva, insicura.
Possiamo però dire, dall’insieme dei fenomeni, che essi sono per lo meno compositi e che, se anche si può supporre l’intervento di energie intelligenti oggettive, queste energie si connaturano con le menti e con le emozioni dei consultanti creando una forma di realtà, diremmo, intermedia, a cavallo di due mondi. E’ vero che la fenomenologia spiritica è un fatto di sempre, e che, come dice la Marryat, la Bibbia stessa è tutta spiritica; ma bisogna distinguere in questa fenomenologia due aspetti. L’uno è il contenuto del fenomeno, incorporazione, psicocinesi, materializzazione ecc., che rimane stabile nel tempo e che offre l’oggetto all’indagine propriamente scientifica: da questo punto di vista la revisione di fenomeni di epoche passate è sempre scientificamente utile come sussidi0 di studi0 in quanto può presentare aspetti macroscopici eccezionali, ma, teoricamente, accettabili anche senza prove dirette. L’altr0 è la forma che il fenomeno assume di epoca in epoca in conseguenza della componente spaziale e temporale, della mentalità propria 7
del luogo e del tempo nel mondo dei viventi, del fattore tipicamente soggettivo: questo continuo trasformarsi degli aspetti costituisce la storia della fenomenologia, il cui studi0 dovrebbe sempre integrare l’indagine scientifica così come lo studi0 della storia umana, degli eventi sociali, delle arti; delle scienze, integra, o dovrebbe integrare, le varie indagini scientifiche condotte sull’uom0, antropologiche, biologiche, psicologiche ecc.
Il mondo spiritico quale si rivelò a Florence Marryat e ai suoi contemporanei è già del tutto dìvers0 da quell0 che si presenta oggi nei vari circoli spiritisti: questo fa supporre che non si tratti di un mondo autonomo ma intimamente legato al nostro. Che sia totalmente una creazione dell’inconscio vivente è un’altra supposizione non certo provata in modo sicuro: molti aspetti della fenomenologia ci inducono a ipotizzare il contrario per l’apparentemente indubbia autonomia di alcune iniziative, per una certa coerenza dell’insieme che sembra di carattere piuttosto oggettivo, per tutto un complesso di aspetti e di dati di fronte al quale l’unica sorgente dell’inconscio appare insufficiente. Pensiamo che, oggi, non si possa dire di più, e neppure si debba dire ai meno appigliandosi a esclusioni arbitrarie, a rigorismi LA MORTE NON ESISTE di Florence Marryat
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sterilizzanti e di comodo, a intransigenze convenzionalmente scientifiche, ma, in realtà, soltanto pavide e ingenerose.
Per questo presentiamo al pubblico italiano l’opera di Florence Marryat, come è stata ripresentata al pubblico anglosassone dalla nuova edizione americana del 1973, con la convinzione di offrire un contributo agli studi sul paranormale a qualsiasi livello e comunque orientati.
Ugo Dèttore
LA MORTE NON ESISTE di Florence Marryat
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La morte non esiste: quella che tale ci sembra è passaggio.
Questa vita di respiro mortale è solo un sobborgo della vita
degli Elisi il cui ingresso noi chiamiamo: Morte.
Longfellow
1 - FANTASMI DI FAMIGLIA
Per molti anni mi sono fermamente proposta di scrivere un resoconto delle meravigliose esperienze da me vissute nel corso delle mie indagini sulla scienza dello Spiritismo. Nel farlo ho voluto limitarmi alla sola esposizione dei
fatti. Descriverò le scene di cui sono stata testimone con i miei occhi e ripeterò
le parole che ho udito con le mie orecchie, lasciando interamente al lettore il compito di trarne le conclusioni. Non ho alcuna ambizione di fondare una 8
teoria né di divulgare una dottrina; soprattutto non ho alcun desiderio di provocare discussioni. Ne ho avute più che a sufficienza, filosofiche, scientifiche, religiose, e puramente polemiche, da bastare per un’intera vita; e se mi si chiedesse una definizione della pace promessa al pellegrino stanco, risponderei: un luogo in cui ognuno può serbare le proprie opinioni e a nessuno è permesso di contrastarle.
Ma, sebbene mi accinga a riferire una gran quantità di fatti così meravigliosi da essere quasi incredibili, non mi aspetto di non essere creduta se non da coloro che sono capaci essi stessi di inganno. Costoro, consapevoli del loro vizio, sono regolarmente convinti che anche gli altri debbano mentire.
Byron scrisse: «Chi nega ciò di cui non può provare il contrario è uno sciocco»; e, sebbene Carlyle ci dia la confortante assicurazione che la popolazione della Gran Bretagna è composta «soprattutto da sciocchi», ho fiducia di essere creduta da quei pochi che non lo sono.
Perché non mi si dovrebbe credere? Quando la defunta Lady Brassey pubblicò La crociera del «Sunbeam», e Sir Samuel e Lady Baker riferirono le loro esperienze nell’Africa centrale, e Livingstone descrisse le maraviglie da lui incontrate mentre era intento alla ricerca delle sorgenti del Nilo, e Henry Stanley proseguì il racconto facendovi della aggiunte, si aspettarono forse che il pubblico torcesse il naso dinanzi ai loro racconti e dichiarasse di non credere nemmeno a una parola di quanto avevano scritto?
E tuttavia i loro lettori dovevano accettare i fatti loro presentati in base alla sola fiducia nell’autorità dei narratori. Pochissimi di loro avevano mai udito
LA MORTE NON ESISTE di Florence Marryat
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parlare per l’innanzi delle località descritte; appena uno su mille avrebbe potuto, sia per esperienza personale, sia per conoscenza acquisita, attestare la verità della narrazione. Quale prova c’era - a vantaggio del pubblico in generale - che il «Sunbeam» avesse effettivamente navigato intorno al mondo o che Sir Samuel Baker avesse incontrato i rari animali, uccelli e fiori di cui aveva scritto, o che Livingstone e Stanley avessero vissuto e parlato con quelle strane e sconosciute tribù che non avevano mai visto un uomo bianco prima di posare gli occhi su quei viaggiatori? E tuttavia, se uno di essi avesse affermato di avere trovato, durante i suoi vagabondaggi, un giacimento d’oro di indubbia ricchezza, migliaia di avventurieri avrebbero lasciato la loro terra natale sulla base delle sue sole parole e sarebbero corsi ad assicurarsi una parte dello scintillante tesoro.
Perché? Perché gli autori di quei libri erano persone ben note in società, che avevano una reputazione di onestà da mantenere, e che sarebbero state presto smascherate se avessero osato mentire.
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