Aveva lo stesso aspetto di quando si erano separati, e disse con voce perfettamente distinta: «Fred, vengo ad annunciarti che sono morto!». All’entrare dell’apparizione nella cabina, mio padre era balzato sulla sua cuccetta pensando che qualcuno volesse derubarlo, e, quando vide di chi si trattava e udì le parole, balzò dal letto per trattenerlo, ma quello era già scomparso. L’impressione fatta su di lui dal fantasma era così viva che egli prese subito il suo brogliaccio e scrisse tutti i particolari del fatto compresi il giorno e l’ora dell’apparizione. Tornato in Inghilterra alla fine della guerra, il primo dispaccio che gli venne consegnato fu l’annuncio 11

della morte di suo fratello, che era spirato nell’ora stessa in cui egli lo aveva visto nella sua cabina.

Ma il racconto che mi interessa più di ogni altro è quello di un avvenimento che accadde a mio padre quando io ero già venuta al mondo e che noi abbiamo sempre chiamato «La Dama Bruna di Rainham». So che questo episodio è già arrivato al pubblico attraverso altre fonti, e io stessa ne ho fatto la base di un racconto di Natale. Ma è troppo bene autenticato per ometterlo qui. Gli ultimi quindici anni della sua vita furono trascorsi da mio padre nei suoi possedimenti di Langham, nel Norfolk, e, tra i suoi amici della contea, vi erano Sir Charles e Lady Townshend di Rainham Hall. Al tempo di cui parlo, il titolo e la proprietà erano passati da poco nelle loro mani, e il nuovo baronetto aveva fatto ritappezzare, ridipingere e riammobiliare tutto Rainham Hall ed era arrivato con la moglie e con un vasto seguito di amici per prenderne possesso. Ma, con loro disappunto, subito dopo il loro arrivo si sparse la voce che la casa era infestata, e i loro ospiti, l’uno dopo l’altro (come quelli della parabola) cominciarono a prendere congedo con tante scuse. Sir Charles e Lady Townshend avrebbero potuto mettersi a cantare, col dovuto effetto, «Gli amici se ne vanno a uno a uno», ma ciò non avrebbe minimamente influito sull’esodo generale che avvenne a Rainham. Tutto questo per colpa della Dama Bruna, il cui ritratto era appeso in una delle stanze da letto, e nel quale ella era raffigurata in una veste di satin marrone con passamanerie gialle e una gorgera attorno al collo: una giovane del tutto innocua e innocente. Ma tutti dichiararono di averla vista andare attorno per la casa, alcuni nel corridoio, altri nella loro stanza da letto, altri nei locali a terreno, e né gli ospiti né la servitù volevano restare nella casa. Il baronetto, naturalmente, era molto dispiaciuto della cosa: confidò i suoi crucci a mio padre, e mio padre si sentì sdegnato del tiro che, a suo parere, gli era stato giocato. In quel tempo, nel Norfolk, c’era un gran numero di contrabbandieri e bracconieri, come lui ben sapeva essendo un magistrato della contea, ed egli era sicuro che qualcuno di questi furfanti tentasse di spaventare i Townshend LA MORTE NON ESISTE di Florence Marryat

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per costringerli a lasciare nuovamente la loro residenza. L’ultimo baronetto era stato un tipo solitario che conduceva una vita molto ritirata, e mio padre pensava che qualche fittavolo avesse buone ragioni per non volere baldorie e feste a Rainham. Chiese dunque ai suoi amici di permettergli di restare con loro e di dormire nella stanza infestata: era sicuro di poterli liberare da quel malanno. Essi accolsero la proposta, e lui si insediò nella stanza in cui era appeso il ritratto dell’apparizione, e nella quale questa era stata spesso vista, e vi dormì ogni notte con una pistola carica sotto il cuscino. Per due giorni, 12

comunque, non vide nulla, e il terzo doveva essere l’ultimo del suo soggiorno.

La terza notte, mentre stava svestendosi per andare a letto, due giovani, nipoti

del baronetto, bussarono alla sua porta pregandolo di andare nella loro stanza (che era all’altro estremo del corridoio) per dar loro il suo parere su di un nuovo schioppo appena arrivato da Londra. Mio padre era in maniche di camicia, ma, data l’ora tarda e considerando che tutti, eccetto loro, si erano ritirati per dormire, si accinse ad accompagnarli così come si trovava. Al momento di uscire prese con sé la pistola, «caso mai incontrassimo la Dama Bruna», disse ridendo. Finito l’esame del fucile, i due giovani, sempre per giuoco, dissero ridendo a loro volta che avrebbero riaccompagnato mio padre

«caso mai incontraste la Dama Bruna». E i tre si avviarono insieme.

Il corridoio era lungo e buio perché le luci erano state spente, ma quando essi furono giunti verso la metà, videro il bagliore di una lampada venire verso di loro dall’altro estremo. «Dev’essere una delle signore che va a visitare la stanza dei bambini», bisbigliarono i giovani Townshend a mio padre. Le porte delle stanze, in quel corridoio, erano l’una di fronte all’altra, e ogni stanza aveva una doppia porta con uno spazio frammezzo, come in molte case di campagna di vecchio stile. Mio padre, come ho detto, era in maniche di camicia, e il suo istintivo riserbo lo mise in grande imbarazzo; si infilò dunque in una delle porte esterne (e i suoi amici seguirono il suo esempio) per tenersi nascosto finché la signora non fosse passata. Lo ho udito io stessa descrivere come spiasse l’avvicinarsi di lei, via via che avanzava, attraverso lo spiraglio della porta, finché, quando la ebbe abbastanza vicina da poter osservare il colore e la foggia del suo abito, riconobbe in lei il facsimile del ritratto della «Dama Bruna». Aveva il dito sul grilletto della pistola, e stava per intimarle di fermarsi e di dichiarare le ragioni della sua presenza in quel luogo, quando l’apparizione si fermò spontaneamente davanti alla porta che lo nascondeva, e, portando la lampada che aveva in mano davanti al proprio volto, gli sogghignò in modo perfido e diabolico.