Accorsi subito, pensando che ella si sentisse male, ma, al mio arrivo, trovai la signora Cooper seduta sul letto con attorno solo i suoi soliti servitori. «Che succede?» chiesi.
«Mark è morto», mi rispose; «è rimasto seduto su quella sedia» (e ne indicò una presso il letto) «per tutta la notte. Ho potuto notare ogni particolare del suo volto e della sua figura. Era in uniforme, e non ha mai alzato gli occhi; se ne stava seduto con la visiera del berretto calata sul viso. Ma io potevo vedere la sua nuca e i suoi capelli, e sapevo che era lui. Gli ho parlato, ma non ha risposto: sono sicura che è morto».
Naturalmente pensai che quella visione fosse stata dettata solo dalla paura LA MORTE NON ESISTE di Florence Marryat
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e dal suo stato di salute. La canzonai per la sua ingenuità e le dissi che si trattava solo di fantasie ricordandole che, secondo gli ultimi dispacci ricevuti dal campo delle operazioni, il maggiore Cooper stava benissimo e presto si sarebbe riunito a lei. Tuttavia, per quanto la prendessi in burla, non riuscii a toglierla dalla sua convinzione, e, vedendo quanto era abbattuta, le proposi di passare con lei la notte successiva. Fu proprio una notte piacevole. Appena andata a letto, sebbene la lampada illuminasse la stanza, la signora Cooper affermò che suo marito era seduto sulla stessa sedia della notte precedente e mi accusò di ingannarla quando le dissi di non vedere assolutamente nulla.
Mi misi a sedere sul letto e aguzzai gli occhi, ma non potei scorgere niente altro che una sedia vuota, e glielo dissi. Lei insistette che il maggiore Cooper era seduto lì e descrisse il suo aspetto e quello che faceva. Scesi dal letto e andai a sedermi su quella sedia, quando lei gridò: «No, no! Vi siete seduta
proprio su di lui!». Era evidente che l’apparizione era per lei reale come se il marito fosse stato presente in carne e ossa. Saltai in piedi più in fretta che potei, sentendomi io stessa a disagio, e rimasi coricata al suo franco per tutto il resto della notte, ascoltandola ripetere che il maggiore Cooper stava morendo o era morto. Non volle separarsi da me, così che la terza notte dovetti sopportare lo stesso cimento della seconda. Dopo quella terza notte l’apparizione non si fece più vedere e io ebbi il permesso di tornare a casa.
Ma, prima di lasciarmi, la signora Cooper mi mostrò la sua agenda sulla quale aveva scritto, per i giorni 8, 9 e 10 luglio, questa frase: «Mark è rimasto seduto a fianco del mio letto tutta la notte».
Passò il tempo e nessuna cattiva notizia arrivò dalla Cina, ma i corrieri erano stati intercettati e le comunicazioni postali erano sospese. Ogni tanto, comunque, ricevevamo lettere da qualche nave. Infine giunse il settembre, e il 3 di quel mese il bambino della signora Cooper nacque e morì. Ella ne fu, naturalmente, molto addolorata, ed io mi sentii doppiamente atterrita quando
mi chiamarono mentre ero presso il suo letto per darmi la notizia della morte di suo marito avvenuta a Macao per un improvviso attacco di febbri. Non volevamo che la signora Cooper lo sapesse prima di essersi rimessa, ma, appena rientrai nella sua stanza, lei affrontò l’argomento.
«Sono arrivate lettere dalla Cina?» chiese. (La domanda era notevole per se stessa perché, essendo state interrotte le comunicazioni, non si poteva stabilire una data precisa in cui attendere lettere dal campo delle operazioni).
Temendo che lei insistesse per avere notizie, cercai di guadagnar tempo e risposi: «Non abbiamo ricevuto nulla». «Ma c’è una lettera per me», continuò lei, «una lettera che mi annuncia la morte di mio marito. E’ inutile negarlo: so 16
che è morto.
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