Gesummaria, non pensare a lui, Taddeo! Ma no!» continuò con un riso isterico; «questa è una scemenza. Il diavolo non esiste. Naturalmente, egli è un pazzo, soltanto un pazzo, ovvero…

ovvero un attore. O l’una e l’altra cosa insieme!». Volle ridere di nuovo, ma le riuscì soltanto di contrarre le labbra.

Il medico di corte si accorse che un brivido di freddo le correva per tutto il corpo e le faceva tremare le mandibole sdentate.

«Naturalmente, deve essere malato», disse calmo, «ma di tempo in tempo dovrà ben tornare in sé ed io avrei piacere di parlare una volta con lui».

«Non è mai in sé», mormorò Lisa la boema.

«Ma tu ieri hai detto che egli di notte gira per le bettole e improvvisa qualcosa dinanzi alla gente».

«Sì, è così».

«Bene. Ma per far questo bisogna bene che sia in sé».

«No, per nulla».

«Sì? Hm!», il medico di corte si mise a riflettere. «Ma ieri sera era truccato.

Forse che anche questo lo fa senza saperlo? Chi lo trucca dunque?».

«Io».

«Tu? E perché?».

«Perché egli sia preso per un attore, possa così guadagnare qualcosa, e non venga messo dentro».

Il Pinguino guardò a lungo la vecchia, non senza una certa diffidenza.

«Non è certo possibile che egli sia… sia il suo drudo», rifletté. La pietà era scomparsa e il disgusto lo riprendeva. «Probabilmente lei vive dei suoi guadagni. Sì, sì, naturalmente, deve esser così».

Anche Lisa la boema, d’un tratto, si era completamente cambiata. Preso di tasca un pezzo di pane, si mise a rosicchiarlo con un’aria arcigna.

Il medico di corte era imbarazzato ed irrequieto. Ora cominciava ad essere davvero in collera con se stesso per esser venuto in quel luogo.

«Se te ne vuoi andare, non ti trattengo», mormorò la vecchia, dopo un lungo, penoso silenzio di entrambi.

Il medico di corte prese in fretta il cappello e, come liberato da un peso, disse: «Sì, certo, Lisa, hai ragione, è già tardi.