Una volta. Una seconda volta.
Seguì un silenzio profondo, quasi che la bestia fosse rimasta ad ascoltare nella notte ciò che sarebbe accaduto.
«Mi pare che Brock abbia abbaiato», disse il vecchio barone Costantino Elsenwanger, «probabilmente è il signor Consigliere che viene».
«Non mi sembra che questo sia proprio un motivo per abbaiare!» esclamò severa la contessa Zahradka, una vecchia signora dai boccoli candidi, dall’acuto naso aquilino e dalle sopracciglia ispide su dei grandi occhi neri inquieti. Urtata come per una sconvenienza, si mise a mescolare un mazzo di carte da whist ancor più rapidamente di quel che avesse fatto per tutta una mezz’ora.
«Che dovrebbe fare, se no, tutto il santo giorno?» domandò il medico di corte Taddeo Flugbeil, un uomo dal volto intelligente, rugoso e ben rasato, con un pizzetto all’antica. Simile allo spettro di un qualche lontano antenato, egli stava sprofondato in una poltrona di fronte alla contessa, con le gambe secche e interminabilmente lunghe che, come una scimmia seduta, gli giungevano quasi al mento.
Gli studenti dello Hradscin lo chiamavano il Pinguino e gli ridevano dietro quando, a mezzogiorno in punto, egli saliva su di una vettura chiusa, i soffietti della quale dovevano essere laboriosamente rimossi a che quella figura alta quasi due metri potesse entrarvi.
Non meno complicata era l’uscita, quando la vettura, dopo appena un cento passi, si arrestava dinanzi all’albergo «Zum Schnell», dove il medico di corte suoleva consumare un pasto frugale, con rapidi movimenti nervosi da uccello.
«Di chi vuoi parlare?» replicò il barone Elsenwanger, «di Brock, ovvero del signor Consigliere?».
«Che diamine! Del signor Consigliere, certo! Che fa tutto il giorno?».
«Mah! giuoca con i bambini dell’istituto Khoteke».
«Con le bambine, forse», rettificò il Pinguino.
«Diciamo: giuoca con la gioventù, e basta», interloquì severa la contessa, scandendo ogni parola. I due vecchi signori tacquero, vergognosi.
Giù nel parco, il cane abbaiò di nuovo: questa volta sordamente, quasi ululando.
Pressoché nello stesso momento, la porta di mogano scuro, recante dipinta una scena pastorale, si aprì e il Consigliere Gaspare nobile di Schirnding entrò nella stanza. Come tutte le volte che veniva a palazzo Elsenwanger per la partita di whist, egli portava dei calzoni neri attillati, con una giacca d’antilope chiara e una camicia di panno morbidissimo sul corpo piuttosto rotondetto.
Lesto come una donnola, si diresse senza far parola verso una sedia, vi posò sotto, sul tappeto, il cappello a cilindro e salutò cerimoniosamente la contessa baciandole la mano.
«Ed ora perché mai continua ad abbaiare?» brontolò il Pinguino soprappensiero.
«Questa volta, è di Brock che vuole parlare» disse la contessa Zahradka, gettando uno sguardo al barone Elsenwanger.
«Ma lei mi sembra sudato, signor Consigliere! Non vorrà mica prendersi un raffreddore!» esclamò questi premuroso. Fece una pausa, si diresse poi, d’un tratto, con movimenti aerei, verso la stanza vicina, gridando, con voce cornacchia:
«Bozena! Bozena! Bo-sce-naa! vi prego, portate la minestra!».
La stanza s’illuminò come per un comando magico.
Il gruppo passò in essa, prendendo posto intorno ad una grande tavola.
Solo il Pinguino, prima di sedersi, era andato con fare compassato lungo le pareti, ammirando gli arazzi recanti dipinte scene del combattimento tra Davide e Golia, come se li vedesse ora per la prima volta e aveva sfiorato con mani di intenditore i magnifici, lucidi mobili stile Maria Teresa.
«Sono stato giù, nel mondo», disse d’un tratto il Consigliere Schirnding, passandosi sulla fronte un enorme fazzoletto a macchie gialle e rosse, «ed ho colto l’occasione per farmi tagliare i capelli», continuò, girandosi un dito intorno al colletto, come se avesse solletico al collo.
Una siffatta comunicazione circa una immaginaria, rigogliosa crescita della sua chioma, egli suoleva farla ogni tre mesi, per illudersi che si ignorasse che egli portava delle parrucche, alternativamente con capelli più lunghi e con capelli più corti: e come risposta gli riusciva sempre di ottenere un mormorio stupito. Ma questa volta restò deluso.
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