«Ovvero… ovvero…

sì, delira?» volle mitigare ancora l’espressione: «è forse malato?».

Lisa la boema si volse lentamente dalla parte dell’interrogatrice e si strinse le spalle. Nei suoi occhi arrossati e senza ciglia, che - come se non vi fosse stato nessuno da dove era venuta la voce - sembravano guardare il vuoto, vi era una espressione così altera e sprezzante, che involontariamente il sangue salì al viso della contessa.

«Egli è caduto dal muro di cinta del giardino» interloquì in fretta il medico di corte. «A tutta prima, credevamo che fosse morto e per questo vi abbiamo mandata a chiamare. - Chi costui sia e che cosa egli faccia» - continuò nervosamente, per impedire che la situazione prendesse un andamento ancor più spiacevole, «non è cosa che abbia a che fare col fatto. Tutto fa pensare che egli sia un sonnambulo. Voi sapete certo che cosa ciò voglia dire… Già, lo sapete, hm.

Così di notte dovreste tenerlo un po’ d’occhio, affinché non si ripeta qualcosa di simile. - Ed ora vorreste essere così cortese di ricondurlo a casa? Se volete, il domestico, ovvero Bozena, potrà aiutarvi. Hm già. - Non è vero, barone? Lei non ha certo nulla in contrario?».

«Certo, certo, purché se ne vada!» piagnucolò il barone; «mio Dio, che se ne vada dunque via!».

«Io so soltanto che egli si chiama Zrcadlo e sembra che faccia l’attore», disse calma Lisa la boema. «Di notte, va in giro per le osterie, a rappresentare qualcosa per la gente. Però, che egli», e qui Lisa scosse la testa, «che egli stesso sappia chi sia, nessuno è ancora riuscito ad accertarlo. Ed io non mi preoccupo di sapere chi sono i miei inquilini, e che cosa facciano: non uso essere indiscreta. Signor Zrcadlo! Venga! Venga, dunque! Non vede, che questa non è una locanda?».

Si avvicinò al sonnambulo e lo prese per mano.

Abulico, egli si lasciò condurre verso la porta.

La rassomiglianza col defunto barone Bogumil era completamente scomparsa dal suo volto. La sua figura era di nuovo alta e rigida, la sua andatura sicura, anche la normale coscienza di veglia doveva essergli in buona misura tornata -

tuttavia egli non notò affatto i presenti, quasi che tutti i suoi sensi fossero chiusi per il mondo esterno, come in un ipnotizzato.

Ma anche l’espressione altera da re egizio era scomparsa. Era rimasto solo un

«attore» - ma quale attore! Una maschera fatta di carne e di pelle che ad ogni istante si trasformava incomprensibilmente, una maschera, quale la morte stessa potrebbe portarle, se volesse confondersi con i vivi…

«E’ il volto di un essere» sentì internamente il medico di corte, che era stato di nuovo preso dall’oscuro timore di aver già visto in qualche luogo quell’uomo,

«di un essere, che oggi può assumere questa forma e domani una forma assolutamente diversa - non solo per chi gli sta d’intorno, ma anche per lui stesso: un cadavere, che non si è decomposto e che ora è portato da influenze invisibili erranti nello spazio cosmico - una creatura, che non solo si chiama

‘specchio’, ma che forse è realmente, paurosamente uno ‘specchio’»!

Lisa la boema aveva spinto il sonnambulo fuori dalla stanza e il medico di corte approfittò dell’occasione per sussurrarle:

«Ora va via, Lisa. Domani verrò a trovarti. - Ma non dirlo a nessuno! - Voglio sapere qualcosa circa questo Zrcadlo».

Sostò ancora un momento sulla soglia della porta, cercando di udire se i due per le scale si dicessero qualcosa d’interessante. Ma sentì soltanto le stesse parole della donna, che cercava di calmare e di persuadere l’attore: «Venga, orsù, venga, signor Zrcadlo! Lei vede che questa non è una locanda!».

Quando si voltò, si accorse che tutti gli altri erano già passati nella stanza vicina; seduti intorno al tavolo da giuoco, lo attendevano. Le faccie pallide e turbate dei suoi amici mostravano che i loro pensieri non erano proprio rivolti alle carte e che essi solo per un ordine dell’energica contessa si accingevano a dedicarsi al loro solito divertimento serale, come se nulla fosse accaduto.