La Prigione
PAUL BOURGET
LA PRIGIONE
(La geole)
Traduzione di DECIO CINTI, ED. ATHENA, 1923, MILANO
INDICE
I. - La lettera rubata
II. - Il 14 ottobre 1877
III. - Il professor Vernat
IV. - L’appello alla madre.
V. - Dopo ventisette anni.
VI. - La minaccia
VII. - Madre e figlio
VIII. - Suocera e nuora.
IX. - Gli amanti
X. - Verso la catastrofe.
XI. - Verso la catastrofe (seguito)
XII. - L’esorcismo
XIII. - Epilogo
I.
La lettera rubata.
Il peggiore e il più rattristante male che producano le guerre civili è l’alterazione della moralità nelle coscienze fondamentalmente delicate. Le tentazioni della vita privata non le avrebbero mai sfiorate; il fanatismo le falsa subitamente. Si tratta di servire la Causa, e, nell’ardore della lotta, il partigiano non indietreggia davanti agli atti più evidentemente colpevoli: tradire una confidenza, spiare un amico, comprare una testimonianza, violare il segreto di una corrispondenza, praticare la delazione. La tragica avventura che vorrei narrare oggi ebbe per punto di partenza uno di quei traviamenti dei quali chi se li permette non potrebbe misurare le lontane e talvolta terribili conseguenze. È sempre il detto profondo della Sacra Scrittura: “Perdonatemi, Signore, quelli fra i miei peccati che io non conosco”, ed è anche la prova che il dovere non s’interpreta. Bisogna accettarlo umilmente, letteralmente. Semplice e saggia verità che gli esaltati della politica dimenticano incessantemente, nella frenesia in cui li getta l’Idea, come essi dicono tuttora, e un fervore religioso arde nelle loro pupille, nel momento stesso nel quale essi trasgrediscono al più elementare onore. Ma ecco il fatto, senz’altri commenti. Rigorosamente vero, come tutti i particolari degli avvenimenti che determinò, c’è pericolo che sembri abbastanza straordinario perché si sia giudicato necessario allacciarlo ad una legge di psicologia generale dominante purtroppo su tutti i periodi torbidi della storia.
Il fatto risale all’autunno dell’anno 1877. Gli uomini, ora vecchi, che avevano allora l’età di interessarsi degli affari pubblici, se ne rammentano: la campagna elettorale scatenata dal mezzo colpo di Stato del 16 maggio provocava in tutto il paese una violenta sovreccitazione degli animi. Ma i rapporti personali rimanevano cortesi esternamente. D’altronde, non fu sempre così anche in crisi di un’altra intensità? Camillo Desmoulins non ebbe forse per testimonio del suo matrimonio, in pieno Terrore, quel Robespierre che pochi mesi dopo lo mandò alla ghigliottina? Fra i salotti nei quali s’incontravano, in un’apparente neutralità, avversari ed amici del Maresciallo, uno dei più simpatici era quello di una giovane coppia molto alla moda nella Parigi elegante di quei tempi lontani. Se sfoglierete un giorno i libri, troppo dimenticati, del cronista delle frivolezze di dopo la guerra del 1870, di quel vivace Fervacques, caro a Barbey d’Aurevilly, vi troverete il nome della graziosa signora Vialis, citato quasi ad ogni pagina. Ma Fervacques era già morto in quell’anno 1877 che segnò l’apogeo di quella breve regalità mondana, sinistramente interrotta. Ciò che rendeva paradossale, non già il successo di quella simpatica donna, ma l’eclettismo del suo salotto, era la condizione del marito di lei, capo di gabinetto di uno dei più aggressivi collaboratori del duca di Broglie. Alcuni particolari.
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