D’altronde, su tutta la sua persona era come diffuso un non so che di feroce che sconcertava le simpatie. Quel giovanotto pesante, tarchiato, massiccio, dagli occhi gialli che luccicavano in una faccia biliosa, dava l’impressione di un animale da preda, pieno di aspre bramosie, e il salotto reazionario dei Vialis aveva infatti per lui questa brutale attrattiva: il plebeo indigente vi respirava un’atmosfera di lusso.
Quando egli pranzava in quella casa, la cucina fine gli faceva dimenticare per un giorno le solite bettole. L’eleganza dell’ambiente e degli abbigliamenti delle donne vellicava la sua sensualità, e siccome tutto è complesso, nell’anima, a quell’età di fermentazione, il fascino della vivace intelligenza di Giovanni non era estraneo alla sua assiduità. Forse la stima che egli aveva per il suo amico, aggiunta alla sua intransigenza, gli dava, senza che se ne accorgesse, un febbrile bisogno di inculcargli i suoi principi. E tutte le loro conversazioni divenivano discussioni, ugualmente appassionanti per il tradizionalista e per il giacobino. La scherma della controversia intellettuale non è infatti una delle ebbrezze della gioventù che pensa? La lotta d’idee le dà la consapevolezza e l’orgoglio della sua forza. Inoltre, essa misura, in questa lotta, l’entità della propria inferiorità. La dialettica più agile di Giovanni, la sua prontezza nel rispondere vivacemente ad ogni assalto, la sua cultura più varia - perché egli aveva viaggiato - finivano sempre coll’irritare l’amico meno rapido, più pesante, meno munito di argomenti. Faugières si sarebbe stupito assai se qualcuno gli avesse detto che tutte quelle impressioni tanto diverse avevano per fondo nascosto il più triste dei sentimenti umani: l’invidia, ma un’invidia inconfessata, che s’ignorava, appiattata in quell’ultima latebra del cuore, fino alla quale non si vuole né si può scendere. Sia questa, se non la scusa, almeno la spiegazione dell’atto fatale a cui sto per giungere!
Nell’ultima settimana del mese di settembre del 1877, - il 29, precisiamo: quindici giorni prima dello scrutinio che doveva aver luogo il 14 ottobre, - il caso volle che Marcello Faugières, tornando dal municipio del settimo circondario, dove era andato a domandare una informazione professionale, passasse da via San Domenico e suonasse, verso le due, il campanello di casa Vialis. Voleva farsi prestare da Giovanni certe riviste, e sperava di trovare, come di consueto, la giovane coppia nel salottino attiguo allo studio.
- Il signore e la signora hanno fatto colazione fuori di casa - gli disse il domestico, - ma rientreranno fra poco.
- Li aspetterò nello studio, - disse Marcello Faugières. - Il signor Vialis deve aver preparato per me un pacco di libri.
Molto naturalmente, il domestico introdusse l’amico di casa nella stanza, ad un tempo intima e severa, ove tante volte i due giovani avevano discusso per ore intere, cordialmente o aspramente, sempre su argomenti di un ordine elevato. Alte biblioteche antiche, di quercia scolpita, rivestivano le pareti. Gli scaffali erano pieni di volumi che avevano appartenuto al nonno e al bisnonno di Giovanni. Le rilegature datavano dal primo Impero o dalla Restaurazione. Lo stato di conservazione dei cuoi attestava la religiosa cura di cui erano stati oggetto quei volumi. I titoli dicevano la serietà e la cultura dei ricchi borghesi che avevano raccolto così dei memoriali, i capolavori dei classici antichi e moderni, e molti volumi di storia, di scienza, di filosofia, di giurisprudenza. Quale contrasto coi libri generalmente non rilegati, e coi volgari repertori, acquistati a rate, che s’ammucchiavano alla meglio nelle scansie di legno annerito dello studiolo dell’avvocato! Questo confronto sorse, nella mente di lui, senza ch’egli lo volesse. In uno spazio di muro lasciato libero fra due corpi della biblioteca, spiccava un pastello che rappresentava Maria Vialis, col suo figliolo, col loro figliolo fra le braccia. A Giovanni bastava alzare il capo, stando seduto in poltrona al suo scrittoio, per avere davanti agli occhi la sua felicità. Faugières, che s’avvicinava a quel tavolo per verificare se vi fossero i fascicoli desiderati, si mise a guardare lungamente, a sua volta, quel ritratto. Altro contrasto, e non meno umiliante, per il diseredato! Le sue amanti casuali a l’avvilimento delle loro maschere imbellettate gli tornarono improvvisamente alla memoria, davanti a quel volto radioso e bello di donna onesta dal delicato colorito di fiore, dagli occhi profondi e tanto soavemente azzurri, dall’ovale energico e puro nella cornice dei leggeri capelli biondi, e dalla bocca fremente e amorosa. Si voltò bruscamente, e, visto sul tavolo un fascio di riviste, vi cercò quelle che voleva farsi prestare dall’amico. Non avendole trovate, una curiosità senza motivo lo indusse ad osservare la larga cartella posata trasversalmente davanti al calamaio. Il marocchino, d’un rosso cupo, non aveva nemmeno una macchia. I portapenne e le matite bene allineate accanto ad un lucido calamaio di cristallo, attestavano, come il calendario mobile che segnava esattamente il giorno, l’ordine meticoloso di un lavoratore metodico. Ancora macchinalmente, Marcello Faugières sollevò la parte superiore della cartella. Vide allora nell’interno una lettera aperta, con la sua busta accanto. Evidentemente, essa era stata consegnata a Vialis poco prima ch’egli uscisse. Non volendo portarsela via, e non avendo tempo di chiuderla in un cassetto, Vialis l’aveva messa lì dentro.
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