L’indiscreto - senza premeditazione, non lo calunniamo - credette di riconoscere la scrittura. Prese la lettera, e le poche linee che lesse, quasi senza volere, lo fecero trasalire. Non si era ingannato. Quello scritto era di un certo Grangier, suo condiscepolo al liceo di Puy, ch’egli aveva ritrovato al Quartiere Latino e poi presentato a Vialis. Quest’u1timo aveva sempre dimostrato della ripulsione per quel personaggio, giovane di un certo valore, che sapeva fare dei versi spiritosi, ma che era già degradato dall’ubriachezza, e che, ritornato nell’Alta Loira, vi dirigeva ora un giornaletto d’avanguardia. Faugières aveva saputo, non senza stupore, che quell’individuo si presentava come candidato d’estrema sinistra. “Ecco dove conduce l’alcoolismo!” aveva pensato nel constatare quell’atto d’indisciplina che minacciava di compromettere le probabilità del 363, - per parlare col gergo elettorale di allora. - Quel rivoluzionario, in corrispondenza con gli uomini del 16 maggio?..Era possibile? La sorpresa da cui rimase colpito Faugières fu tale, ch’egli ne rimase per un momento come pietrificato. Rimise la lettera nella cartella, senza neppure cominciarne la lettura, con un movimento di disgusto. Poi bruscamente la riaprì, quella cartella, riprese la lettera, e una curiosità non più involontaria gliela fece leggere e rileggere, una volta, due volte, tre volte, per convincersi di non essere zimbello di una illusione.
“Signor Ministro”, diceva quella lettera datata da Puy, “ho coscienza di essere utile alla Francia e alla vera Repubblica, combattendo l’individuo che, con l’aiuto dell’equivoco dei 363, vuole ingannare la buona fede degli elettori della mia città nativa. Avrei bisogno, a tale scopo, per supplire alle spese della campagna, di una somma di 30. 000 franchi. Esito tanto meno ad accettarla dal Governo, in quanto che onoro certamente di più, come uomo, il signor duca di Colombières, che non un sotto- veterinario come X… ” Qui, il cronista di questa troppo veridica storia domanda ancora il permesso di non citare un nome che interessa tanto poco quanto le formale di deferenza ossequiosa con le quali finiva quella lettera, rivelatrice di una manovra frequente e perciò assai banale.
Il candidato ministeriale del Puy era il vecchio duca di Colombières, uno dei grandi proprietari del Velay, da parte di sua madre, che era dell’antica famiglia comitale dei Brives-Charensac. Il prefetto aveva pensato, per diminuire la probabilità di successo dell’opposizione, di ricorrere ad una candidatura indipendente e ultra- radicale. Egli aveva fatto scandagliare il bisognoso Grangier, che si era prestato alla combinazione tanto più volentieri in quanto che si sentiva screditato fra i liberali. Quella lettera era stata il pegno voluto dal ministro, patrono di Giovanni Vialis, che soleva ripetere sentenziosamente una delle sue massime alla Fouché:
- E’ sempre bene avere molti piccoli documenti.
Grangier non aveva nulla da perdere, in fatto d’onore. Aveva scritto freddamente la lettera, indirizzata in plico raccomandato al capo gabinetto, per misura di precauzione. Il briccone, tracciando sulla busta il nome del destinatario, aveva avuto un po’ di vergogna. Poi, ricordandosi del carattere cauto di Giovanni, aveva pensato:
- Almeno, sono sicuro che Vialis non parlerà!…
E aveva soggiunto ironicamente:
- Tuttavia, per un’anima buona, non c’è male! …
L’anima buona era il nomignolo col quale il suo cinismo precoce aveva qualificato in altri tempi il candido Vialis, pieno di scrupoli, ed era vero che per il capo- gabinetto era stato un sacrificio il collaborare, anche soltanto a quel modo: - cioè ricevendo e conservando il documento, - a quel traffico che apparteneva alla categoria dei procedimenti che gli onesti prendono a prestito dai loro avversari sul triste e fangoso terreno della politica. La posizione della lettera nella cartella indicava che essa vi era stata gettata in un sussulto di ripulsione. La busta gualcita attestava l’irritazione provata a quell’immondo contatto. Un’amicizia affettuosa l’avrebbe indovinato. Ma quella di Marcello Faugières per Giovanni Vialis era un’amicizia astiosa. C’era del trionfo, nell’atroce risata in cui egli proruppe subitamente, alla quarta o quinta lettura di quello scritto accusatore. Per chi? Per i corruttori non meno che per il corrotto. Sì; che risata atroce!
Quale rivincita, per Faugières, l’aver scoperto nel suo amico una colpevole complicità! L’acre passione politica, che lo possedeva, ribolliva in lui, mentre egli teneva fra le mani quella carta, per lui infame. E ripeté ad alta voce, mordacemente, una delle frasi che allora servivano da grido di guerra dall’altra parte della barricata:
- E questo si chiama l’ordine morale!….L’ordine morale!
Ma non rideva già più. Un’espressione feroce gli contraeva il viso. Con le sopracciglia aggrottate, coi denti stretti, come nei momenti d’implacabile risoluzione, estrasse di tasca il portafoglio, vi mise la lettera, dopo averla accuratamente chiusa nella sua busta. Ah! ora non si curava più affatto delle riviste da farsi prestare!… Uscì dalla biblioteca. Al domestico che gli venne incontro nell’anticamera, disse semplicemente.
- Avevo dimenticato che ho un appuntamento per le due.
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