Non posso aspettare.
La sua voce fu dura, nel pronunciare queste parole banali. Egli si sentiva preso da un tremito interno, al pensare che, sulla scalinata, nel cortile, o all’uscire dal portone, avrebbe potuto imbattersi in Vialis.
- Oh! via! - pensò, provando un gran sollievo nel ritrovarsi in via San Domenico senza aver visto l’amico in casa del quale aveva commesso un abuso di fiducia che giustificava coi suoi principi, pur sentendo un segreto rimorso per il vero movente profondo del suo atto. - Oh! via! Se l’avessi incontrato, l’avrei svergognato! Tutto è finito fra noi, da oggi, dopo ciò che ho scoperto, ed è meglio così… E voi, signor duca di Colombières, non sarete deputato del mio paese!
II
Il 14 ottobre 1877
Soltanto la sera, alle undici, Giovanni Vialis s’avvide della scomparsa della pericolosa lettera, ricevuta, come già si disse, nel momento d’uscire, e tanto imprudentemente lasciata nello studio. Invece di rincasare con sua moglie, come dapprima aveva pensato di fare, egli era andato al Ministero, dove aveva del lavoro arretrato.
Per tutto il pomeriggio, aveva dato udienza a dei visitatori e aveva scorso un enorme mucchio di corrispondenza ufficiale. Era tornato in via San Domenico solo per cambiare d’abito in fretta e per risalire immediatamente in carrozza.
Doveva pranzare all’Eliseo, con sua moglie.
Al ritorno, era entrato direttamente nel suo studio, per esaminarvi la sua posta personale della sera. Quando infine aveva voluto riprendere, per riporla in luogo sicuro, la lettera di Grangier, non l’aveva ritrovata. Ne provò una di quelle scosse terribili che agghiacciano, ad un tratto, tutto il corpo e tutta l’anima.
Precisamente perché si era prestato con estrema ripugnanza all’ignobile traffico accettato dal giornalista radicale, egli vide subito il pericolo della pubblicità di un simile documento. Che fosse stata rubata, quella lettera?… Ma, era possibile? Eppure, la memoria non l’ingannava. Quella lettera, l’aveva realmente ricevuta; l’aveva messa, realmente, con la sua busta, in quella cartella che riaprì e che scosse nervosamente e puerilmente. Sì! una sola ipotesi era accettabile: quella del furto! Ma chi poteva averlo commesso, il furto? I domestici, marito e moglie, che servivano nell’appartamento, erano di Béard, villaggio nivernese dei dintorni d’Imphy, conosciuto dai curiosi di arte romanza per la rovina della sua bella chiesa del dodicesimo secolo. Appunto durante una visita a quel santuario trasformato in fienile, i Vialis, uniti in matrimonio da sei mesi, avevano incontrato Giovanni e Maria Bourrachot, sposati da poco, essi pure. Quella giovane coppia aveva detto loro, guidandoli fra i ruderi, che si proponeva di andare a servizio presso una qualche famiglia di Nevers.
- Prendiamoli noi! - aveva detto la signora Vialis. - Si chiamano come noi. E’ un caso curioso. Li formeremo. Saranno migliori degli altri domestici.
Gli altri, erano stati una prima coppia, licenziata perché colpevole d’indelicatezze. Era verosimile che Parigi, in pochissimi anni, avesse corrotto anche quei due contadini, sui quali si erano avute informazioni ottime e sicure, e che uno di essi avesse potuto commettere un atto che sottintendeva un tenebroso calcolo di ricatto e di scandalo?
Appena concepito, un tal sospetto fu insopportabile. per Giovanni, che subito chiamò il suo servo.
Egli ascoltò l’avvicinarsi dei passi di quel giovane, osservando se l’andatura di lui rivelasse una fretta o una lentezza ugualmente denunziatrici. Ma no. Nessun turbamento, neppure su quel volto un po’ addormentato. Nessuna nervosità nei movimenti del domestico, mentre, cinque minuti dopo, aiutava il padrone a svestirsi. Vialis, obbligato talvolta dal suo lavoro a vegliare molto innanzi nella notte, aveva la propria camera particolare, attigua a quella della moglie. Una cassaforte, in un angolo, gli serviva per tenere chiuse le carte importanti che gli venivano affidate dal ministro. Questo dato spiegherà completamente perché egli avesse lasciata nella cartella la lettera di Grangier. Aveva dovuto affrettarsi. La serratura della cassaforte s’apriva mediante una combinazione di lettere alquanto complicata e che richiedeva un po’ di tempo.
Alla vista di quel mobile, che ravvivò in lui il sentimento della sua storditaggine, egli si decise. Bruscamente, ma con un fare quasi indifferente, per non infliggere ad un innocente l’oltraggio di una diffidenza confessata, domandò:
- Avete messo in ordine il mio scrittoio, oggi nel pomeriggio, Bourrachot? Non ho trovate le mie carte come le avevo lasciate.
Egli aveva notato anche lo spostamento del fascio di riviste. La mano del domestico, che in quel momento gli slacciava le scarpe, non tremò affatto, mentre egli rispondeva, con l’accento caratteristico, e un po’ strascicato, della sua provincia:
- Sarà stato il signor Faugières, che è venuto verso le due. Il signor Faugières mi ha detto che doveva esserci un pacco di libri preparato per lui.
- Il signor Faugières? - ripeté Vialis. - Dunque mi ha aspettato?..Per molto tempo?
- No, per poco.
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