L’imminenza di uno scrutinio del quale sapeva la formidabile importanza, non bastava a giustificare, secondo lei, lo sguardo vago del suo Giovanni adorato, né la ruga profonda che gli attraversava la fronte, né la contrazione delle sue labbra, né la morbosa tensione di tutto il suo essere, di cui ella doveva, più tardi, comprendere con disperazione il sinistro significato e il tragico pronostico.
Finalmente, era venuto il 14 ottobre. Verso sera, - una sera d’autunno piovosa e cupa, - i risultati delle elezioni cominciarono ad esser noti. I ministri che avevano giuocato e che stavano per perdere quell’audace partita, erano tutti riuniti in piazza Beauvau. Nella stanza attigua a quella in cui tenevano consiglio, si accalcavano i loro amici personali, i loro segretari, i loro addetti, molti giornalisti, i capi gabinetto. Fra questi ultimi era Giovanni Vialis, letteralmente fulminato, fin dal mattino, per effetto della lettura del Giornale repubblicano dell’Alta Loira, nel quale aveva trovato la riproduzione del terribile documento firmato da Grangier e poi rubato da Faugières. Costui, recatosi a Puy, aveva esitato per parecchi giorni prima di decidersi a commettere l’abominevole azione. Egli aveva lasciato Parigi per non essere esposto ad incontrare il suo compagno di collegio, e coll’intenzione precisa di costringere Grangier a desistere dalla candidatura, minacciandolo. Vialis aveva indovinato, su quel punto. Ma in che modo Faugières, si era procurata la lettera? Ecco ciò ch’egli avrebbe dovuto dire o lasciare indovinare a Grangier, e, orgoglioso, non aveva saputo decidervisi. All’ultimo momento, la passione politica aveva vinto in lui tutti gli scrupoli d’amicizia. Quelli d’orgoglio avevano resistito. Invece di fare un passo diretto presso il candidato, Faugières aveva anonimamente mandata la terribile carta al direttore del giornale che sosteneva col massimo ardore la lista dei 363. La copia autografa era stata pubblicata alla vigilia dello scrutinio, sotto questo titolo anche troppo esatto: “Un documento- clava”. Giovanni, che da due settimane si faceva spedire tutti i giornali dell’Alta Loira, aveva avuto quello fin dalle nove del mattino. Appena ricevuto quel numero, che cosa gli comandava la ragione? Di portarlo al ministro affinché questi venisse a sapere la cosa soltanto da lui, e vedesse, contemporaneamente, la disperazione del suo rimorso. Egli era andato, infatti, al ministero, con quell’intenzione. Ma aveva trovato l’uomo di Stato talmente nervoso, che non aveva osato mostrargli il giornale. Aveva passata la giornata, senza poter rivederlo, a sbrigare gli affari in corso, ed ora aspettava, comprendendo bene che la sua sorte si decideva in quelle ore, solenni per tutta la Francia, - e più ancora per lui!… Se il governo avesse vinto, nella gioia della vittoria la sua storditaggine sarebbe sembrata priva d’ogni gravità. In una sconfitta, invece, essa avrebbe assunto l’importanza d’un tradimento…
Le ore passano. I telegrammi continuano ad affluire. L’opposizione vince a Parigi… Cosa prevista. Vince nei grandi centri… Previsto anche questo. Ma arrivano dei telegrammi dalle campagne. Il governo guadagna qualche seggio. Vialis spera. I voti dell’alta Loira non sono ancora completamente contati… Finalmente, eccone le cifre. Il duca di Colombières è sconfitto. Subito, altri risultati si succedono, sempre più disastrosi. All’alba, tutte le elezioni sono note. Un crollo irreparabile! I ministri escono nel crepuscolo lugubre e grigio, che scolpisce con duri rilievi i lineamenti, smorti per la veglia e per il dolore, di quegli uomini di Stato vinti e decaduti.
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