S’è voluto troppo disturbare.
- Come? - disse Matteo meravigliato e quasi offeso. - Non ha dunque ricevuto la mia lettera?
- Ma sicuro - rispose l’altro, mettendosi una mano sopra il taschino del soprabito, come per accennare che la lettera era lì.
- Ma allora, scusi, come può dire che potevo consegnare il bimbo alla cameriera?
- Ma per toglierle il disturbo.
- Scusi, - disse Matteo scattando, - o io m’inganno, o lei non ha capito la gravità del caso.
- L’ho capita benissimo, ma che vuole le dica? Forse il bimbo esagera… Del resto non accadrà più.
- Come? Come? Il bimbo esagera? Ma se non si presta fede ad una creatura innocente…
Mille parole roventi salirono sulle labbra di Matteo, ma egli le respinse per non offendere quell’uomo vile che gli stava davanti, e non compromettere la causa del suo sogno. Si sedette, con triste abbandono, e lasciò che il Lauretti parlasse, ma non prestò attenzione alle sue parole. Poi gli disse:
- Basta, lei è padre e vede meglio di me ciò che resta a fare. (Ho parlato male, pensò tosto, non dovevo dire così). Io, se è lecito, (no, ho fatto male a dir lecito: meglio che mi imponga, e dia valore alla mia proposta, aggiunse fra sé); se le fa piacere, vorrei farle una proposta.
- Dica pure.
9
- Veda, io sono solo, ho qualche cosa; in questi pochi giorni mi sono affezionato al bimbo. Se lei crede lo tengo con me, lo adotto, lo faccio mio erede.
Il Lauretti arrossì alquanto e stette un po’ in silenzio: in quel rossore cattivo, in quel silenzio un po’ cupo Matteo sentì la sua condanna.
- Io la ringrazio tanto, ma la cosa è impossibile. Ho quel solo bambino: che direbbe il mondo?
Matteo capì che il Lauretti parlava così pensando alla sua amante, la quale, certo, lo aveva convinto di attutire ad ogni modo lo scandalo; e il Lauretti comprese che Matteo leggeva nel suo pensiero. Si scambiarono un rapido sguardo d’odio.
- È inutile insistere, allora? - disse Matteo. - Ci pensi bene, signore: il bimbo vuol restare con me. Il mondo non dirà nulla, e del resto, per meno nobili cose noi lo lasciamo dire; (il Lauretti sentì la botta in pieno petto) perché non possiamo lasciarlo dire anche sopra questo?
- È inutile; non posso.
- In questo momento?
- In questo momento e sempre - rispose il Lauretti con fermezza che sembrava impossibile in lui.
Matteo si sentì morire; ma tutto ad un tratto qualche cosa risorse nel profondo dell’anima sua e gli rifulse negli occhi. La sua fisionomia si fece severa e minacciosa, la sua voce dura.
- Ebbene, - disse alzandosi, - prenda pure il bimbo, e lo riporti a casa sua, presso quella donna. Ma badi che se non saprà vigilar lei, vi sarà altri che vigilerà.
Il Lauretti s’alzò anch’esso, senza rispondere, senza offendersi. Per confonderlo e convincerlo, Matteo gli mostrò la lettera di Luigina. Egli la lesse con interesse, ma poi osservò:
- Vede bene che anch’essa promette di trattar bene il bimbo d’ora in avanti.
Matteo provò un disperato disgusto, ma tutto il suo sdegno e la sua collera caddero davanti a quell’uomo forse più disgraziato che ignobile.
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