Sapevo che c’era un prete ricco, il quale teneva persino posate d’oro, e con alcuni compagni andammo a derubarlo. Siccome egli gridava, gli mettemmo le mani al collo, ed egli restò morto. Ma ecco sul più bello la giustizia: pum pum fucilate di qua, fucilate di là. Dovemmo fuggire, ma uno dei nostri compagni restò in mano dei soldati, e rivelò i nostri nomi, il vile! Così io dovetti darmi alla campagna, e perché la giustizia non mangiasse il mio avere, fin dai primi giorni vendetti tutto, e il denaro lo gettai entro una brocca, e la brocca la sotterrai. Poi fui preso.

- E il bottino? - chiese zio Chircu.

- Ah, quello mi servì per mangiare durante la latitanza. Ah, ma ti dico che erano bocconi amari, quelli - rispose il vecchio, sputando lontano. Poi domandò:

- E la tua storia?

- Oh, - disse amaramente l’altro, - io pure ho derubato un uomo e l’ho ammazzato, come te. Con la differenza che questi delitti li pretesero loro, non li feci io.

- Ah, questo è ingiusto. Io l’ho veramente ammazzato, non c’è che dire. E me ne son dovuto pentire, perché così ho perduto tutto.

- Ma non hai parenti? - domandò zio Chircu pensando alla brocca.

- Parenti all’inferno! Essi mi abbandonarono come un cane: restino anche loro come cani.

Zio Chircu e zio Pietro strinsero dunque amicizia, che durò lunghissimi anni, confortando in qualche modo i due disgraziati. Essi erano compagni di catena, erano compatrioti, parlavano spesso della loro terra lontana, ed erano anche uniti dalla convinzione di dover entrambi morire laggiù, numeri smarriti nella bianca desolazione delle saline battute dal mare e dal sole.

Zio Chircu era spesso ringhioso e provocante, il suo carattere essendosi del tutto cambiato. In certi momenti di umor nero insultava il vecchio compagno, e per poco non lo percoteva. Allora il vecchietto si metteva a ridere e gli diceva:

- N. tale, se continui a far il cattivo, non ti dico dov’è nascosta la mia brocca.

L’altro s’irritava di più.

- Che il diavolo ti peli, anche se tu me lo dici, che favore puoi farmi?

- Se non altro, lo sai anche tu.

- Che il diavolo ti cavalchi, che il diavolo ti metta in salamoia, non farmi oltre adirare, n. tale.

Quando si dicevano il n. invece del nome, era il più grande insulto che potevano scambiarsi.

Un giorno ch’era di buon umore, mentre stavano al lavoro, zio Chircu disse al compagno:

- Ebbene, perché non scrivi a qualcuno, che cavi fuori la brocca e ti mandi dei denari? Si potrebbe far miglior vita, comprare questo comprare quest’altro.

- Un corno! Si tengono tutto; lo conosco meglio di te io, il mondo.

- Ma e… allora?

- Ebbene, e allora? Lo so cosa vuoi dire.