- Provala - disse a Bellia.

Il servo la montò in un salto, a dorso nudo, e le batté i calcagni sui fianchi.

La bestia partì come una freccia, e per rattenerla il servo si gettava all’indietro, tirando forte la corda.

Arrivato in fondo al sentiero, la fece a stento voltare, e tornò ansando, gridando:

- In fede mia, pare un puledro, non una giumenta, che il diavolo la cavalchi.

- Bene, bene - disse Dalvy, battendo una mano sulla groppa della bestia, che fremeva. - Non è ancora ben domata, sebbene non sia più tanto giovinetta.

Veramente non è una gran cosa, è troppo bassa, sembra una mula; ma poiché siamo qui!… Bene, quanto ne volete?

Il vecchietto ci aveva ben pensato; anzi aveva chiesto consiglio: ora però si trovava alquanto imbarazzato alla presenza di quel grosso uomo dagli occhi di gatto, dal fare sprezzante.

Tuttavia trovò un po’ della sua astuzia, e disse, come facendo una gran concessione:

- Se non fosse perché ho gran bisogno non la venderei; ma il bisogno… ah, il bisogno, vossignoria sa il proverbio sardo, il bisogno mette il vecchio a correre. Basta, giacché è per lei… cinquanta scudi.

Dalvy si mise a ridere: i servi risero nel vederlo ridere.

- Per me! Siete astuto, buon ometto, ma nello stesso tempo si vede che non avete mai venduto dei cavalli.

- Mi scusi, monsignore, ma…

- Come vi chiamate, voi?

- Juanne Battista…

- Ebbene, andate a farvi benedire, zio Juanne Battista. Perché mi fate ridere?

- Ma, infine, - disse il vecchietto, rosso, rosso, - l’ho fatta periziare, io, questa giumenta, da chi se ne intende.

- Volete dire che io non me ne intenda?

- Non dico questo. Basta, parli la vossignoria.

- Vedete, - disse Dalvy, volgendosi verso il suo bel cavallo, - lo vedete quello lì? Ebbene, quello lì che è quello lì, costa sessanta scudi.

- Quando era puledro - mormorò Bellia a Ghisparru.

- Tu sta zitto.

- Zitto tu stii sempre, come le pietre.

- Basta, - disse il custode, che tendeva l’orecchio da quella parte, - dica la vossignoria.

Aveva gran voglia di sbarazzarsi della giumenta, e finì col cedere per centosettantacinque lire, che Dalvy pagò in fogli da venticinque, nuovi fiammanti.

- Ah, questi sono belli. Se… - disse zio Juanne, mettendoli entro una borsa di cuoio.

Parve voler dire qualche altra cosa, ma alla presenza dei servi non osò.

- Se la vossignoria vuol veder la chiesa?

- E vediamo la chiesa - rispose con degnazione Dalvy.

I servi rimasero fuori.

- Fate presto, zio Juanne - gridò Ghisparru.

20

- Bah! Bah! Egli mi chiama zio [4]! È più vecchio di me! - mormorò il custode.

- Ah, ma è un buon servo! Non c’è il compagno! - confidò Antonio Dalvy al vecchietto.

Intanto costui condusse il negoziante in chiesa, gli porse l’acqua benedetta, gli fece veder ogni cosa.