- Poh! - diceva Dalvy, sbuffando bonariamente. - Bello! Bello! Ma proprio bello!

Pare impossibile, guardando di fuori, che sia così bello dentro. E quando è la festa?

- Il trenta maggio. Fra poco.

- Poh! Poh! Bello! Ora dico a mia moglie che ci venga! E che conduca tutte le sue parenti! - aggiunse come fra sé, sorridendo. - E anche suo figlio, nelle vacanze. È devoto, quel ragazzo, come tutti quelli della stirpe di sua madre!

Dopo la chiesa, il custode fece vedere la cumbissia dei priori, quella del cappellano, ed altre ancora. Quando furono fuori, si volse un po’ timidamente a Dalvy, e gli disse:

- Se la vossignoria permette, le chiedo un favore.

L’altro aprì un po’ gli occhi, avvolgendo il vecchietto in uno sguardo poco promettente.

- Non le chiedo l’elemosina, - disse fiero il custode, - se mi vuol dare qualche cosa è suo dovere; ma non è questo. È questo, senta: lei ha tanti biglietti nuovi, senta: io ho messo da parte, per quando sarò gettato in un angolo, un po’

di denaro, ma è tutto in biglietti piccoli, un po’ sporchi; e il piacere è se può cambiarmeli.

Così dicendo, nel rivelare il suo gran segreto, zio Juanne Battista arrossì. Una fiamma passò anche sul volto del negoziante.

- Se non è che questo!

- Questo, questo solamente!

- Portate fuori! Portate fuori!

Il vecchio entrò in una cumbissia; ne uscì poco dopo, con un involto in mano; vide Bellia che, con la testa entro il portone, sembrava spiare, e nascose l’involto.

- I suoi servi spiano - disse piano. - È meglio che non vedano, capisce vossignoria.

- Sì, sì - disse l’altro con premura, mentre zio Juanne Battista lo attirava entro la cumbissia, tutta ingombra di stuoie e cestini ancor freschi.

S’avvicinarono alla piccola finestra, e lì, sul davanzale terroso, davanti ad un fresco sfondo di brughiera primaverile, scambiarono i denari.

Antonio Dalvy uscì fuori tutto rosso e sbuffante, vide anch’egli il viso terreo e gli occhi cisposi di Bellia spuntare nel vano del portone centrale, e attraversò il cortile a rapidi passi.

- Quello stupido, quanto tempo mi ha fatto perdere, mostrandomi i suoi buchi -

disse.

Di lì a un minuto, mentre egli rimontava a cavallo aiutato dai servi, ricomparve zio Juanne Battista. Era tutto allegro, si stringeva la cintura, si fregava le mani.

- Bene, addio - disse il negoziante, accomodandosi in sella.

- Iddio e San Giovanni la accompagnino. E faccia venir sua moglie e suo figlio alla festa, vossignoria.

- Bene, bene - andava ripetendo Dalvy, sempre accomodandosi in sella.

I servi gli stavano attorno, premurosi, stringendogli le staffe, accomodandogli lo sprone, senza più badare al vecchietto.

Alla fine furono tutti all’ordine. Antonio Dalvy partì per il primo, col suo ombrello verde aperto; poi s’avviarono i servi, a piedi, tirandosi dietro la giumenta nera picchiettata di bianco. La povera bestia si ribellava alquanto, gettava la testa all’indietro, scuoteva la coda: pareva sentisse la fine della sua libertà.