Poi ero stanco e mi son seduto e mi sono addormentato. E ora dov’è la pattuglia?
- Non aver paura; è lontana; eppoi ora che mi hai raccontato tutto non la chiamerò più.
Rientrando a casa sua Matteo provò nuovamente un senso di gelo raccapricciante: tutte le sue angosce lo riassalirono, dividendolo dal resto del mondo. Pensò: -
Manderò l’avviso al giornale, lascerò il bambino in custodia a Maria, e… tutto sarà finito.
La domestica era già a letto: potevano esser le nove.
Matteo accese il lume del suo piccolo studio e aprì la finestra, dalla quale penetrò una chiara luce di luna.
Il bambino guardava intorno curioso; a un certo punto chiese:
- Ma tu non ne hai figli?
Oh, no, egli non ne aveva; e trasalendo Matteo pensò che se si fosse ammogliato a tempo e avesse avuto un bimbo come Gino, le sue cose sarebbero andate diversamente.
Lo assalì una improvvisa tenerezza.
- Devo vivere finché verranno a prenderlo, e bisogna che venga il padre, bisogna, altrimenti non lo consegno a nessuno.
- Dov’è andato tuo padre, lo sai tu, carino?
- A Roma.
Tutte le volte che il padre s’assentava, Gino credeva e diceva così. Matteo gli prestò ingenuamente fede.
6
- Forse tarderà a ritornare - pensò. - Ebbene, vuol dire che prolungherò la mia agonia: ma il bambino non lo consegno a nessuno. Bisogna che il padre sappia, che apra gli occhi e lo protegga.
Fece sedere il bimbo accanto al suo scrittoio e gli pose avanti un volume di Grimm, con illustrazioni colorate (glielo avevano mandato per farne la recensione).
Gino stette quieto, sfogliando lentamente il volume.
Matteo prese una cartella e scrisse qualche riga, che poi lesse attentamente, mentre si passava una mano sui capelli.
«S’è trovato un bimbo smarrito, che dichiara chiamarsi Gino Lauretti, di Andrea.
I parenti possono presentarsi in via tale, numero tale, per riprenderlo».
- Pare si tratti d’un oggetto - pensò Matteo sollevando il capo, e piegando la cartella. Anche Gino sollevò la testa.
- Perché ci hai gli occhiali? - domandò.
- Perché ci vedo poco - rispose Matteo ridendo.
- Si vede di più con gli occhiali? Dammeli che provo.
Matteo se li tolse e glieli mise.
- No, no, così, - disse il bimbo levandoseli e rimettendoseli, - aspetta, guarda, guarda. Oh, come è bello!
Matteo lo guardava con crescente tenerezza: antiche memorie, come punti brillanti in dimenticate lontananze, gli passarono nel pensiero.
Sugli occhioni ridenti del bimbo, che avevano un affascinante raggio d’innocente malizia, gli occhiali splendevano riflettendo la fiamma del lume.
- Ci vedi?
- Ci vedo - rispose il bimbo, che vedeva, sì, ma tutto velato.
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