- Guarda, questa vecchietta è l’orca?

- È l’orca.

Breve silenzio. Gino si tolse gli occhiali e chiese con esitazione:

- Se ne trovano di orche?

Matteo prese gli occhiali, li alitò, li pulì accuratamente col fazzolettino: e capiva che facendo quella domanda il bimbo pensava a un’odiosa persona, e si sentì imbarazzato sulla risposta da dare.

- Aspetta un momento, - disse, - tornerò subito subito.

- Dove vai?

- Vado a chiamar la serva perché ti compri dei dolci.

Uscì con la cartella fra le mani; e varcando la soglia pensò: - Ebbene, che fretta c’è? Il padre tanto non c’è. Se lasciassi a domani? No, non è giusto.

Svegliò la domestica e la mandò dalla redazione del giornale ov’egli scriveva.

- Che l’inseriscano nell’edizione di stanotte; presto, Maria.

Rientrando nello studio sentì che Gino faceva un chiasso impertinente. Guardò: il piccino saltava e gesticolava davanti alla parete, ridendo pei salti e i gesti grotteschi che la sua ombra ripeteva.

Matteo entrò, si sedette sul piccolo divano, e preso il bimbo sulle sue ginocchia cominciò a conversare infantilmente con lui.

L’indomani una donna assai giovine e vestita con discreta eleganza venne a reclamare il bambino. Matteo l’aspettava, e vedendola l’esaminò attentamente, frenando una certa ira che dentro gli bolliva.

- Ella è la signora Luigina?

- Sissignore.

I suoi tratti, nonostante l’eleganza delle vesti e della pettinatura, tradirono la servilità.

- Mi dispiace, - disse Matteo, - ma a lei non posso consegnare il bimbo. Lo consegnerò solo a suo padre.

- Suo padre è assente.

- Aspetteremo che ritorni.

Ella arrossì di stizza.

- Mi scusi, bisogna che lo consegni a me, altrimenti ricorrerò a chi di dovere.

- Ella si guarderà bene di far ciò: potrebbe pentirsene.

- Lo vedremo.

- Lo vedremo.

Partì infuriata. Matteo rimase tutto il giorno a casa, conversando col piccino, che fece intima relazione anche con la domestica.

7

Gino non parlava di partire; anzi pareva avesse completamente dimenticato lo scopo della sua fuga. Davanti a Matteo restava quieto, quasi timido, guardando curiosamente ogni oggetto e domandandone spiegazione, ma senza nulla toccare.

Ogni tanto però trasaliva, ascoltando come lontani rumori; e studiandolo bene Matteo s’accorse che quei piccoli fremiti, e quella paurosa inquietudine, erano il ricordo di spaventi già subìti.