Bisogna pensare che essa è autrice (αἰτίαν)82 sia della scienza sia della verità in quanto oggetto di conoscenza. La conoscenza e la verità sono due belle cose, ma per pensare correttamente si dovrà pensare che l’idea del bene è ancor più bella. Quaggiù la luce e la vista possono considerarsi a ragione come cose affini83 al sole, ma non come il sole stesso. Parimenti la conoscenza e la verità possono considerarsi a ragione come cose simili al bene, ma non come il bene in sé. Ciò che costituisce il bene deve essere onorato ancor di più.
«Rimane tuttavia da considerare ancora l’immagine del bene. Il sole fornisce alle cose visibili non soltanto la facoltà di essere viste ma anche il divenire, la crescita e il nutrimento, nonostante che non sia esso stesso un divenire. Parimenti il bene fornisce alle cose conosciute non soltanto la facoltà di essere conosciute. È grazie al bene che esse sono. L’essere viene loro dal bene,84 nonostante che il bene non sia essere; infatti il bene è, in dignità e in virtù, molto al di sopra dell’essere». <Repubblica, VI, 507 b-509 b>
«Non pensare che l’educazione sia ciò che certuni proclamano85 che sia. Costoro affermano infatti che, non essendo la scienza nell’anima, essi ve la infonderebbero come se infondessero la vista in occhi ciechi. Ebbene, quanto abbiamo detto mostra che la facoltà di apprendere, e l’organo di tale facoltà, si trova nell’anima di ognuno. Ma vi si trova come un occhio che non riuscisse a distogliersi dalle tenebre e a volgersi alla luce altrimenti che con il corpo intero. Così con l’anima intera86 ci si deve distogliere dalle cose che mutano, fino a che essa divenga capace di sostenere la contemplazione dell’essere (del reale?) e di quel che vi è di più luminoso nell’essere, ovvero il bene, come abbiamo detto. Così l’arte qui necessaria è l’arte87 della conversione, quella che indica il modo più facile ed efficace di far sì che l’anima si volga. Non si tratta di produrre in essa la vista, perché la possiede già, ma non la volge là dove occorre, né vede ciò che conviene, e invece bisogna giungere proprio a questo». <Ibid., VI, 518 b-d>
[Invece di essere, bisognerebbe forse dire la realtà, il reale?].
Alcune osservazioni.
LA VISTA È L’INTELLIGENZA, IL GIUSTO ORIENTAMENTO È L’AMORE SOPRANNATURALE.
Nonostante che Platone si esprima in termini strettamente impersonali, quel bene88 che è autore sia dell’intelligibilità sia dell’essere della verità non è altro che Dio. Solo che Platone si serve del vocabolo autore89 per indicare che Dio è una persona. Ciò che agisce è una persona.
Dando a Dio il nome di bene, Platone esprime altresì con la maggior forza possibile che Dio è per l’uomo ciò verso cui si dirige l’amore.
«Il bene è ciò che ogni anima cerca, ciò per cui agisce, intuendo che è qualcosa, ma ignorando che cosa sia». <Ibid., VI, 505 e>90
Cfr. sant’Agostino. Dio è un bene che non è altro che bene.91 Questo è Platone. Simposio: «Non è vero che un uomo abbia caro quel che gli appartiene (non vi è egoismo).92 Per l’uomo non vi è altro oggetto di desiderio se non il bene». <Simposio, 205 e-206 a>93
Due idee.
1. Tra l’uomo e Dio non vi è, non può esservi altro rapporto che l’amore. Ciò che non è amore non è rapporto con Dio.
2. L’oggetto che conviene all’amore è Dio, e ogni uomo che ami cosa altra da Dio s’inganna, erra, come quando per strada si corre verso uno sconosciuto perché lo si è preso per un amico.
E poi, l’anima è atta a sapere e a conoscere solo in quanto si orienta verso ciò che bisogna amare, vale a dire solo in quanto ama Dio. Per l’uomo è impossibile esercitare pienamente l’intelligenza senza la carità, perché non vi è fonte di luce altra da Dio. La facoltà di amore soprannaturale è dunque al di sopra dell’intelligenza e ne è la condizione. L’amore di Dio è l’unica fonte di tutte le certezze.
*(La filosofia di Platone non è altro che un atto d’amore nei riguardi di Dio).*
Quell’essere (realtà) che procede dal bene non è il mondo materiale, perché questo non è essere, bensì perpetua mescolanza di divenire e di annientamento,94 mutamento.
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