Come succede di solito, coloro che le recano ora parlano ora tacciono”.
«“È uno strano paragone,” dice Glaucone “e strani sono quegli esseri in catene”. “Sono come noi” dice Socrate. “E secondo te quegli esseri potrebbero vedere di se stessi e dei propri vicini qualcosa se non le110 ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che hanno di fronte?”. “E come potrebbero vedere altro,” dice Glaucone “dal momento che una violenza li costringe a tenere la testa immobile?”. “Lo stesso vale per gli oggetti che vengono trasportati. E se potessero parlare, crederebbero necessariamente che dando un nome alle cose che vedono nominerebbero cose davvero presenti. E se in fondo alla caverna vi fosse un’eco, e se uno di quelli che passano parlasse, penserebbero che chi parla è l’ombra che passa. Insomma, simili esseri crederebbero che non vi sia alcunché di reale se non le ombre degli oggetti fabbricati.
«“Esamina dunque che cosa potrebbero significare per loro la liberazione e la guarigione dalle catene e dalla follia se si trovassero in un simile stato.111 Qualora se ne slegasse uno e lo si costringesse d’un tratto ad alzarsi, a girare la testa, a camminare, a guardare dalla parte della luce, ciascuna di queste112 azioni sarebbe per lui un dolore, e l’abbagliamento113 gli impedirebbe di scorgere gli oggetti di cui prima vedeva le ombre... E come reagirebbe se qualcuno venisse a dirgli che prima non vedeva altro che cose inconsistenti; e che ora è più vicino alla realtà, maggiormente volto verso la realtà,114 che ora guarda in una direzione migliore? E se indicandogli ciascuno degli oggetti che passano gli si domandasse che cosa è e lo si forzasse a rispondere? Non saprebbe che cosa dire, e penserebbe che le cose che vedeva prima erano più vere di quelle mostrategli ora. E se lo si costringesse a volgersi verso la luce stessa avrebbe male agli occhi e ne rifuggirebbe e si volgerebbe verso le cose che può guardare e che reputerebbe certamente più chiare di quelle a lui mostrate. E se lo si trascinasse a forza lontano da lì115 attraverso le asperità della salita e della scarpata, senza lasciarlo fino a che non fosse arrivato alla luce del sole, per lui sarebbe un supplizio, si rivolterebbe contro chi lo trascina, e una volta giunto alla luce avrebbe gli occhi inondati di fulgore e non riuscirebbe a scorgere una sola di quelle cose additategli come vere. Prima di poter levare gli occhi, avrebbe bisogno di abituarsi. All’inizio guarderebbe con maggior facilità le ombre, poi le immagini degli uomini e degli altri esseri116 nell’acqua, quindi gli esseri stessi. In seguito proverebbe minor pena nel contemplare le cose celesti e lo stesso cielo di notte, guardando la luce della luna e delle stelle, piuttosto che in pieno giorno il sole e la sua luce. Ma alla fine, penso,117riuscirebbe a vedere118 faccia a faccia e a contemplare il sole, non la sua immagine nell’acqua o in altri luoghi, ma il sole stesso, in se stesso, nella sua sede propria, quale esso è”». <Repubblica, VII, 514 a-516 b>
*Stato di perfezione. Cfr. san Giovanni: καθώς ἐστιν.*119
«“Poi si renderebbe conto che il sole stesso produce le stagioni e gli anni, governa tutto ciò che si trova nel mondo visibile ed è in qualche modo la causa di tutto quanto egli vede”».120 <Ibid., VII, 516 b>
[Stando a quel poco che si sa dei misteri, è molto probabile che questa immagine sia tratta dalle loro tradizioni, e che forse anche il soggiorno in catene in un sotterraneo costituisse un rito].
Cfr. Inno a Demetra.121
Non ci si può spingere oltre nella raffigurazione della miseria umana.
Noi nasciamo in castigo.122 Idea pitagorica. Non si parla di una colpa originaria, ma una tale colpa è implicita, tanto quella descrizione ha un colore penale, un colore di prigione.
Noi nasciamo e viviamo nella menzogna. A noi non sono date che menzogne. Perfino noi stessi; crediamo di vedere noi stessi, ma non vediamo altro che l’ombra di noi stessi. Conosci te stesso: precetto impraticabile nella caverna. Non vediamo altro che l’ombra di oggetti fabbricati. Questo mondo in cui siamo e di cui non vediamo altro che ombre (apparenze) è una cosa artificiale, un gioco, un simulacro. Opposizione da considerare attentamente. L’essere che è veramente essere, il mondo intelligibile, è prodotto dal Bene supremo, ne è un’emanazione. Il mondo materiale è fabbricato.
Tra il nostro universo e Dio non si può porre distanza più grande.
(Questo mondo materiale, sia detto per inciso, è nel mondo intelligibile, che è infinitamente più vasto. Non si può essere più lontani di Platone dal panteismo, dal porre Dio nel mondo).123
Noi nasciamo e viviamo nella passività. Non ci muoviamo.
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