Non bisogna più fare sforzi di volontà, occorre solo mantenersi in stato di attesa e guardare ciò che ha uno splendore quasi sopportabile. Dal momento che si attende e si guarda, sarà il tempo stesso a produrre una capacità sempre più grande di recepire la luce.
Ci sono due momenti di smarrimento in cui non si sa assolutamente dove si sia e ci si crede perduti. Il primo nella caverna, allorché, slegati, ci si è voltati e si comincia a camminare. L’altro, molto più acuto, all’uscita dalla caverna, allorché si riceve lo choc della luce.
Questi due momenti corrispondono esattamente alle due «notti oscure» che san Giovanni della Croce così distingue: la notte oscura della sensibilità e la notte oscura dello spirito.128
[Difficile non pensare che un paragone tanto preciso condensi un’esperienza mistica accumulata nel corso di varie generazioni].
Il momento finale, quello in cui l’essere liberato guarda il sole stesso, il bene stesso, ovvero Dio stesso, quale è, corrisponde a ciò che san Giovanni della Croce chiama matrimonio spirituale.129
Ma in Platone non è il momento conclusivo.
*Rimane ancora una tappa. (Indicata d’altra parte anche da san G. della Cr.).*130
«Il compito di noi fondatori di città *avvisare che qui la città è una finzione; voltare pagina*131 è quello di costringere le nature migliori a pervenire alla scienza suprema, vale a dire la visione del bene, e all’ascensione di quella salita; e a chi abbia compiuto l’ascesa *al di là dei guṇa*132 non bisogna lasciare la licenza attualmente consentita, e cioè quella di rimanere in alto senza voler ridiscendere tra i prigionieri e partecipare delle pene e degli onori più o meno spregevoli lì esistenti.133 Alla legge non interessa l’eccezionale successo di una categoria di cittadini,134 bensì stabilire, con la persuasione e con la coercizione, un’armonia tra i cittadini secondo la capacità di ciascuno di servire il bene comune. La legge ha prodotto uomini simili nella città non perché ciascuno si volga e se ne vada dove vuole, ma per servirsene in vista del vincolo che unisce la città. Noi non commettiamo ingiustizia nei confronti di coloro che sono divenuti filosofi nella nostra città, diremo loro parole giuste ... “Vi abbiamo prodotto perché per voi stessi e per i vostri concittadini siate come i capi e le regine nell’alveare. Vi abbiamo educato meglio e più compiutamente degli altri rendendovi adatti all’uno e all’altro modo di vita. Dovete dunque ridiscendere, ciascuno per proprio conto, nella dimora comune a tutti, e abituarvi a guardare nelle tenebre. Perché una volta assuefatti vedrete mille volte meglio di quelli di laggiù; conoscerete ciascuna di quelle apparenze, saprete di che cosa è l’apparenza e che cosa è, giacché avete visto la verità concernente le cose belle, giuste e buone. E così noi e voi, insieme, abiteremo quella città in stato di veglia e non in sogno, come attualmente accade;135 giacché la maggior parte delle città (i.e. anime) sono abitate136 da persone che ingaggiano battaglie di ombre e fanno lotte di partiti per impadronirsi del potere, come se in questo risiedesse un grande bene. Ora, ecco la verità: la città in cui coloro che devono comandare sono quelli che meno desiderano comandare è la migliore e la più pacifica *azione non agente*,137 ed è il contrario per la città in cui abbiano l’attitudine opposta”. Se ci atterremo a questo linguaggio con quelli che abbiamo educato, potranno disobbedire? È impossibile, poiché a uomini giusti imponiamo giusti obblighi». <Repubblica, VII, 519 c-520 e>
Bisogna ricordare che quella città è una finzione, un puro simbolo che rappresenta l’anima.
*Platone lo dice: «Nel cielo forse vi è un modello di quella città per chiunque voglia vederlo, e, vedendolo, fondare la città del proprio io».* <Ibid., IX, 592 b>
Le diverse categorie di cittadini rappresentano le diverse parti dell’anima. I filosofi, coloro che escono dalla caverna, ne costituiscono la parte soprannaturale.
*L’anima intera deve distaccarsi da questo mondo, ma solo la parte soprannaturale entra in rapporto con l’altro.*
Bisogna che la parte soprannaturale, dopo aver visto Dio faccia a faccia,138 si volga all’anima per governarla, affinché l’intera anima sia in stato di veglia, e non in stato di sogno quale è in tutti coloro la cui liberazione non si sia compiuta.
*Mentre si opera la liberazione, la parte naturale dell’anima, staccatasi da un mondo e non in grado di attingere l’altro, è a vuoto. Bisogna restituirle il contatto con quello che è il suo mondo, ma un contatto legittimo, che non sia attaccamento.*
In definitiva, dopo aver strappato l’anima al corpo, dopo avere attraversato la morte per giungere a Dio, il santo deve in certo modo incarnarsi nel proprio corpo, al fine di diffondere su questo mondo, sulla vita terrestre, il riflesso della luce soprannaturale. Al fine di fare della vita terrestre e di questo mondo una realtà, giacché sino allora non sono stati altro che sogni. Al santo incombe quindi il compimento della creazione.
*Il perfetto imitatore di Dio dapprima si disincarna, poi si incarna.*
Per colui che è appena uscito dalla caverna in che cosa consiste ora la contemplazione che abitua l’anima alla luce? È evidente che vi sono molteplici vie. Platone ne indica una nella Repubblica.139 È una via intellettuale.
Per il passaggio dalle tenebre alla contemplazione del sole sono necessari degli intermediari, dei μεταξύ. Le diverse vie si distinguono per l’intermediario scelto. Nella via descritta nella Repubblica l’intermediario è il rapporto.
Il ruolo dell’intermediario consiste da una parte nel situarsi a mezza strada tra ignoranza e piena sapienza, tra divenire temporale e pienezza dell’essere.
*(tra, alla stregua di una media proporzionale, perché si tratta dell’assimilazione dell’anima a Dio)*
Occorre inoltre che l’intermediario tiri l’anima verso l’essere, che esiga il pensiero.
Nella via intellettuale esige il pensiero ciò che presenta delle contraddizioni. In altri termini, il rapporto. Perché ovunque vi sia apparente contraddizione vi è correlazione dei contrari, e cioè rapporto. Ogni volta che una contraddizione si impone all’intelligenza, 140 questa è costretta a concepire un rapporto che trasformi la contraddizione in correlazione, e di conseguenza l’anima è tirata verso l’alto.
Esempio: il Teeteto. Gli aliossi (4, 6, 12).141
Così pure: la matematica, scienza dei rapporti di questo genere. Quattro discipline: aritmetica, geometria, astronomia, musica (le ultime due matematiche, non di osservazione.142 Cfr. problema di Platone sugli astri).143
Tali scienze sono di per sé senza valore. Sono intermediarie tra anima e Dio.
«È questa la liberazione dalle catene, la conversione lontano dalle ombre verso gli oggetti fabbricati e la luce, e l’ascesa fuori della caverna verso il sole, e a quel punto, non potendo guardare gli animali, le piante e la luce del sole, l’esame delle immagini divine nelle acque e delle ombre delle cose reali.
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