Proust lo aveva intravisto].212

 

*Questo paragone può permettere di cogliere il rapporto tra cose sensibili, particolari, e l’eterno. Riguardo al passato, esistono oggetti presenti che chiamiamo ricordi – una lettera, un anello, ecc., perché per l’anima costituiscono un contatto con il passato, un contatto reale. I sacramenti...*

 

Passiamo adesso all’uso della follia d’amore (l’espressione è di Platone) in vista della salvezza.213 Si tratta di un amore che all’inizio si presenta come amore carnale. Ma si tratta soprattutto della grazia che sopraggiunge per effetto della bellezza, e questo si può trasporre per ogni genere di bellezza sensibile.

 

«Come si è detto, ogni anima d’uomo a motivo della sua essenza (φύσει) ha contemplato la realtà,214 altrimenti questa non sarebbe penetrata in un essere umano. Ma non per ogni anima è facile ricordarsi delle cose di lassù, o perché quando vi si trovava le ha viste solo per breve tempo, oppure perché, una volta caduta quaggiù, le è capitata una sventura; ad esempio la sventura di essere volta verso l’ingiustizia per via di certe frequentazioni, che le fa dimenticare le cose sante che un tempo aveva visto». <Ibid., 249 e-250 a>

 

[L’oblio; ancora un’immagine d’insondabile profondità. Ciò che abbiamo dimenticato del nostro passato – ad esempio un’emozione – non esiste in alcun modo. Eppure le cose del nostro passato da noi dimenticate conservano la pienezza della loro realtà, la realtà che è loro propria, che non è esistenza – poiché oggi il passato non esiste –, che è realtà passata].215

 

«Poche sono le anime che abbiano una quantità sufficiente di memoria. Quando vedono un’immagine delle cose di colà, sono come folgorate (ἐκπλήττoνται) e non più padrone di se stesse. Non sanno che cosa accada loro, perché non lo distinguono a sufficienza. Quanto alla giustizia, alla saggezza e ad altri valori (τίμια ψυχιĩς), non ne traspare splendore alcuno nelle loro immagini di quaggiù;216 un piccolo numero di uomini, con strumenti astrusi e a fatica, vanno verso quelle217 immagini e contemplano l’essenza (γενóς) di ciò che vi è rappresentato. Allora, invece, la bellezza era radiosa a vedersi,218 quando con il coro beato abbiamo contemplato quello spettacolo di felicità e siamo stati iniziati a quei misteri che è giusto dire i più beati tra tutti, quei misteri che abbiamo celebrato da integri, senza patire male alcuno. E vi ritorneremo in futuro, saremo iniziati a quelle visioni (da φαένω) integre e semplici e immobili e beate, contempleremo,219 officeremo (επóπτευóντες) in uno splendore puro, puri noi stessi e non più segnati da220 questa cosa che ora portiamo con noi e che chiamiamo corpo, questa cosa a cui siamo attaccati al pari di un’ostrica.

«Possano quelle gioie affiorare per il tramite della memoria! Ma proseguiamo,221 spinti, grazie alla memoria, dal rimpianto per le cose di allora. Quanto alla bellezza, come si è detto, rifulgeva, accompagnando gli altri esseri; e quando veniamo quaggiù, la cogliamo con i sensi. LA SAGGEZZA NON È VISIBILE, PERCHÉ SE FOSSE DATA UNA CHIARA IMMAGINE DELLA SAGGEZZA, TALE DA PENETRARE ATTRAVERSO GLI OCCHI, SUSCITEREBBE TERRIBILI AMORI. *strani amori?*

 

*Interrompere qui per citare Rep., 472 (che è sull’ultima pagina prima di Eraclito).*222

 

«Ma il fatto è che solo la bellezza è destinata a223 (ha la missione di?) essere quel che vi è di più manifesto e allo stesso tempo di più desiderabile (ἐρασμιώτατóν). Chi non sia nuovamente iniziato o sia stato corrotto non viene subito trasportato da questo mondo nell’altro, verso la bellezza in sé, quando contempla ciò che quaggiù porta il medesimo nome. Non la venera quando la vede, ma si abbandona alla voluttà come una bestia, e cerca di andare a lei. Ma chi è stato iniziato di recente, chi ha molto contemplato le cose di colà, quando vede un volto simile agli dèi e che imita bene la bellezza, oppure un’altra forma corporea, dapprima rabbrividisce e in lui torna qualcosa degli spaventi (δειμάτων) dell’altro mondo [spaventi della caduta], poi guardandolo lo venera come un dio ... Mentre vede, subentrano in lui, come nel brivido della febbre, uno sconvolgimento, un sudore, un calore inusitati.224 Perché riceve l’effluvio della bellezza attraverso gli occhi. Quell’effluvio lo scalda e irrora l’essenza225 (φύσιν) delle ali. Il calore scioglie ciò che stava attorno ai germogli e che, da molto tempo occluso a causa dell’irrigidimento (sclerosi) (σκληρóτητóς), impediva la crescita. Sotto l’afflusso del nutrimento lo stelo delle ali si gonfia e prende slancio per226 crescere al di fuori della radice in tutto ciò che costituisce l’anima (υπó πᾶν τó τῆς ψυχῆς εἶδoς). Perché un tempo era alata l’intera anima.

 

*Cfr. l’amore alato degli Orfici.*227

 

«Durante quel periodo l’anima intera sobbolle e [ἀνακηκίει, sgorgare, trasudare – πέτρης, da una roccia – κηκίω, grondare, scorrere, esalare, spandersi – ἀνά, in alto] sgorga fuori di se stessa. E le capita la stessa sofferenza che hanno i bambini cui spuntano i denti. Appena i denti cominciano a spuntare, essi avvertono un prurito e un’irritazione alle gengive. È quel che soffre l’anima cui cominciano a spuntare le ali. Sobbolle, è irritata,228 ha dei pruriti mentre le spuntano le ali». <Fedro, 250 a-251 c>

 

Lo choc del bello è quella cosa non nominata nella «Repubblica»229 che fa cadere le catene e costringe a camminare.

 

Qui non si tratta semplicemente di un’immagine, ma di un vero e proprio saggio di teoria psicofisiologica dei fenomeni che accompagnano la230 grazia.