Non vi è ragione di non sperimentare una simile teoria. La grazia viene dall’alto, ma cade in un essere che ha una natura psicologica e fisica, e non vi è ragione di non rendere conto di ciò che avviene in siffatta natura a contatto con la grazia.
L’idea di Platone è che la bellezza agisce due volte, dapprima mediante uno choc che provoca il ricordo dell’altro mondo, poi come fonte materiale di un’energia che si può utilizzare direttamente per il progresso spirituale. [Calore, nutrimento: immagini che indicano energia]. Gli oggetti sono fonti di energia, ma l’energia ha diversi livelli. Ad esempio in guerra una decorazione è realmente una fonte di energia – nel senso fisico, letterale del termine – al livello del coraggio militare.
*Fa compiere movimenti che altrimenti non si avrebbe la forza di compiere.*
*Il denaro lo è per il lavoro.*
In generale tutto ciò che è oggetto di desiderio è fonte di energia, e l’energia è dello stesso livello del desiderio. La bellezza come tale è fonte di un’energia che è al livello della vita spirituale, perché la contemplazione della bellezza implica il distacco. Non si tocca una cosa percepita come bella, non la si vuol toccare per paura di nuocerle. Per trasmutare in energia spiritualmente utilizzabile l’energia fornita dagli altri oggetti di desiderio è necessario un atto di distacco, di rifiuto. Rifiutare la decorazione, dare via il denaro. Mentre l’attrazione della bellezza implica di per sé un rifiuto. È un’attrazione che tiene a distanza.231 Così il bello è una macchina per trasmutare l’energia bassa in energia elevata.232
Durante l’assenza dell’essere amato il prurito alle ali è un dolore violento.233
«I condotti dai quali spunta la cosa alata, disseccati, si chiudono e impediscono all’ala di germinare. Quel che vi è all’interno, ricolmo di desiderio e rinserrato, ha battiti simili a quelli del polso nell’infiammazione di una piaga;234 e punge quei condotti come con un aculeo. Sicché da ogni parte tutta l’anima è trafitta (κεντóυμένη) come da un tafano e tormentata. E al tempo stesso, poiché ha il ricordo del bello, è nella gioia.
«[Quando scorge il bello, la parte da cui spuntano le ali è irrorata] e ha una tregua dalle punture di aculei e dai tormenti, e per qualche tempo gusta la più dolce delle voluttà». <Ibid., 251 d-e>
Anche questo si può trasporre. Cfr. san Giovanni della Croce sull’alternarsi dei periodi di notte oscura e di grazia sensibile.235
L’anima ritrova un ricordo236 del dio che seguiva lassù, di cui vede l’immagine nell’essere amato. Quel ricordo dapprima è molto imperfetto.
«Egli cerca e tenta di trovare in se stesso l’immagine del suo dio. Vi riesce perché è costretto a guardare incessantemente in direzione del suo dio. Entra in contatto con lui tramite la memoria. Il dio penetra in lui, ed egli ne riceve le abitudini (ἔθη) e gli insegnamenti, per quanto all’uomo sia possibile partecipare della divinità». <Ibid., 252 e-253 a>
Chi ama cerca di rendere l’essere amato il più possibile somigliante a quel dio di cui ha ritrovato il ricordo, e quando l’amato contraccambia il suo amore tra loro si stabilisce un’amicizia fondata sulla comune partecipazione alle cose divine.
Il prurito alle ali non è tuttavia l’unica sofferenza che nel corso di quel processo si debba subire. Ve n’è un’altra più violenta.
[È causata dal cavallo cattivo, che vuole gettarsi sulla cosa bella. Incurante sia del morso che della frusta, il cavallo indocile tira con violenza l’amante237 verso l’amato. Ma una volta in presenza dell’amato, ritorna in lui la memoria dell’essenza della bellezza].
«Alla vista della bellezza l’anima teme e riverisce (σέβóμαι) e si rovescia all’indietro, e costringe i cavalli a ripiegare con tale violenza che ambedue si accosciano, senza resistenza uno, suo malgrado l’altro. Poi tutti e due se ne vanno...». <Ibid., 254 b-c>
[Ma di nuovo il cavallo cattivo trascina tutto il cocchio verso l’oggetto amato].
«Allora accade al cocchiere la stessa cosa di prima, e con maggiore intensità. È come se arretrasse di fronte a una barriera. Tira indietro con violenza il morso del cavallo insolente, fuori dai denti, gli fa sanguinare la lingua malvagia e le mascelle, gli fa sbattere per terra le zampe e i fianchi e gli infligge tormenti. Se ha dovuto subire spesso questo trattamento, il cavallo ombroso è umiliato e obbedisce alla volontà del cocchiere; e quando vede la cosa bella, muore dalla paura».
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