La saggia Persefone esultò,
subitanea levandosi per l’allegrezza; ma egli
di nascosto le diede un chicco di melagrana, dolce come il miele, da mangiare,
con uno stratagemma, perché non dimorasse per sempre
colà, presso la venerata Demetra dall’azzurro velo.5

 

[Da allora Persefone trascorre due terzi dell’anno dalla madre, tra gli dèi, e un terzo con Aidoneo].

 

[Commento6 – Hades o Aidoneo, nome che significa Invisibile o Eterno o le due cose insieme, viene presentato ora come fratello di Zeus, ora come Zeus stesso; giacché vi è uno Zeus sotterraneo.

Il nome di Demetra molto probabilmente significa Terra Madre, e Demetra è identica a tutte quelle dee madri il cui culto ha tante analogie con il ruolo che la Vergine svolge nella concezione cattolica.7 Il narciso è il fiore che rappresenta Narciso, quell’essere così bello che può innamorarsi soltanto di se stesso.8 La sola bellezza che possa essere oggetto d’amore di per sé, che possa essere il proprio oggetto, è la bellezza divina. L’anima in cerca del piacere incontra la bellezza divina, che quaggiù appare, sotto forma di bellezza del mondo, come una trappola a lei tesa. Col favore di questa trappola Dio s’impossessa dell’anima, lei malgrado. È la stessa concezione del Fedro di Platone. Dio deve lasciare che l’anima ritorni nella natura, ma prima, di sorpresa, le fa mangiare furtivamente un chicco di melagrana. Se lo mangia, l’anima è presa per sempre. Il chicco di melagrana è il consenso che l’anima accorda a Dio quasi a propria insaputa e senza confessarlo a se stessa, consenso che fra tutte le inclinazioni carnali dell’anima è come un infinitamente piccolo, e tuttavia ne decide per sempre il destino. È il granello di senape al quale il Cristo paragona il regno dei cieli, il più piccolo dei granelli, che nondimeno più tardi diverrà l’albero sul quale si posano gli uccelli del cielo.9

In questo mito si succedono due violenze di Dio sull’anima: una è pura violenza; l’altra, cui è indispensabile il consenso dell’anima a Dio, ne decide invece la salvezza. I due momenti si ritrovano nel mito del Fedro e in quello della Caverna.10 Corrispondono alla parabola evangelica concernente il banchetto nuziale, per il quale si vanno a cercare a caso per le strade i convitati, ma dove sono ammessi solo quelli che hanno l’abito per le nozze – e all’opposizione tra «chiamati» ed «eletti» – e ancora alla parabola delle vergini, che vanno tutte incontro allo sposo, ma delle quali sono accolte solo quelle che hanno l’olio – ecc.11

L’idea di una trappola tesa da Dio all’uomo è anche il significato del mito del labirinto, se ne espungiamo le storie, aggiunte successivamente, relative alle guerre tra Creta e Atene. Minosse, figlio di Zeus, giudice dei morti, è quell’essere unico i cui nomi nell’antichità sono Osiride, Dioniso, Prometeo, l’Amore, Hermes, Apollo e molti altri (si può accertare la verosimiglianza di queste assimilazioni).12 Il Minotauro è il medesimo essere rappresentato quale toro, così come si rappresenta Osiride sotto forma del bue Apis e Dioniso-Zagreo con le corna (immagine che un simbolismo connesso alla luna e alle sue fasi può spiegare).13 Il labirinto è quella via in cui l’uomo, non appena vi penetra, si smarrisce e dopo poco tempo non riesce né a ritornare sui propri passi né a dirigersi da qualche parte; erra senza meta, e infine giunge là dove Dio lo attende per mangiarlo].14

FIABA SCOZZESE DEL «DUCA DI NORVEGIA»15

[Questa fiaba è presente nel folklore russo, in quello tedesco, ecc.].16

Un principe (qui chiamato «duke o’ Norroway») ha di giorno forma animale e soltanto di notte forma umana. Una principessa lo sposa. Una notte, stanca di quella situazione, distrugge la spoglia animale del marito. E lui sparisce. Lei dovrà cercarlo.

Lo cerca senza posa attraverso lande e foreste. Durante il suo girovagare incontra una vecchia che le dona tre nocciole fatate, affinché se ne serva in caso di difficoltà. Lei erra ancora a lungo. Infine giunge a un palazzo dove si trova il principe suo sposo nella sua forma umana. Ma lui l’ha dimenticata, ed è in procinto di sposare, di lì a qualche giorno, un’altra donna. Dopo il suo interminabile viaggio la principessa è in uno stato miserevole, coperta di stracci. Entra a palazzo come sguattera. Rompe una delle nocciole, vi trova una veste meravigliosa. La offre alla fidanzata in cambio del privilegio di passare un’intera notte con il principe. La fidanzata esita, poi, sedotta dalla veste, concede il suo assenso; ma fa bere al principe un sonnifero che lo tiene addormentato tutta la notte. Mentre lui dorme, la sguattera – sua vera sposa – rimane al suo fianco e canta senza sosta:

 

Far hae I sought ye, near am I brought to ye;
Dear Duke o’Norroway, will ye turn and speak to me?
Lontano ti ho cercato, accanto a te fui condotta;
caro Duca di Norvegia, vuoi voltarti e parlarmi?

 

Lei canta

 

till her heart was like to break, and over again like to break.
così a lungo che il suo cuore fu sul punto di spezzarsi, e poi
ancora sul punto di spezzarsi.

 

Lui non si sveglia, e all’alba lei deve lasciarlo. Questo si ripete una seconda notte, e ancora una terza. Quand’ecco che, poco prima dell’alba, il principe si sveglia, riconosce la sua vera sposa e manda via l’altra.

 

[Anche questa fiaba rappresenta, a mio avviso, la ricerca dell’uomo da parte di Dio. Anch’essa contiene i due momenti della cattura dell’uomo da parte di Dio. Il primo si compie nella notte dell’incoscienza, quando la coscienza dell’uomo è ancora interamente animale e la sua umanità è occultata in lui; non appena Dio vuole trarla alla luce, l’uomo fugge, scompare lontano da Dio, lo dimentica e si prepara a un’unione adultera con la carne. Dio cerca l’uomo con pena e fatica, e giunge da lui come un mendicante. Seduce la carne mediante la bellezza e ottiene così di accedere all’anima, ma la trova addormentata.