Sono le donne che rispondono così. Gliel'ha insegnato qualche donna, pensai.

Berti m'accompagnò per un tratto di strada - quel giorno facevo una gita con gli amici di Clelia -e mi disse ancora che capiva bene ch'io ero venuto al mare per riposarmi e non pretendeva di costringermi a tenergli delle lezioni, ma almeno, sperava, avrei tollerato la sue compagnia e avrei qualche volta chiacchierato con lui sulla spiaggia. Stavolta glielo feci io il sorriso donnesco e, lasciandolo in mezzo alla strada, gli dissi: “Volentieri, se sarai proprio solo”.

La gita di quel giorno - c'eravamo tutti, sull'automobile di Guido - ebbe un esito disgraziato, perché una delle donne, una certa Mara, parente di Guido, per raccogliere delle more scivolò da uno strapiombo e si fiaccò una spalla. Eravamo saliti, per la solita strada della montagna, oltre il locale della notte, oltre le ultime villette sperdute, in mezzo ai pini e alle rupi rosse, fin sul pianoro dove avevo spiato quel mattino balenare il primo sole. Trasportata la poveretta sulla strada, si capi subito che risalire tutti in macchina non si poteva. Guido, preoccupatissimo, volle distendere Mara che gemeva, sui cuscini. Restava posto per Clelia e due altre che guardarono divertite me e Doro, e finì che tornammo a piedi noi due. Dopo un duecento passi scorgemmo seduta su un mucchio di ghiaia la seconda delle ragazze.

Doro finì in fretta il discorso: “Vivere sempre in mezzo a donne, ecco cos'è”.

Quell'altra l'avevano fatta scendere per dare spazio a Mara, che si era davvero rotta la spalla tanto si lamentava. Era toccato a lei perch'era l'unica ragazza della comitiva. “Noialtre non siamo donne,” ci disse imbronciata. “Mara quest'anno ha finito di divertirsi. La riportano a Genova.” Ci guardò, camminando, di sfuggita. Doro le fece un sorrisetto d'accoglienza. Parlarono un poco di Mara e discussero come avrebbe preso la cosa il marito, quell'uomo così energico che scappava dai suoi uffici di Sestri soltanto la domenica. “Sarà contento che la frattura sia toccata a sua moglie,” disse Doro. “Finalmente passerà un'estate con lui.”

La ragazza - si chiamava Ginetta - fece una risata astiosa. “Lei crede?” disse piantandogli in faccia gli occhi grigi. “Io so che gli uomini ci hanno gusto quando la moglie è lontana. Sono egoisti.” Doro si mise a ridere. “Quanta sapienza, Ginetta. Scommetto che Mara in questo momento non ci pensa.” Poi guardò me. “Ci vogliono i ragazzi o gli scapoli per dir queste cose.”

“Io non dico niente,” brontolai.

Quella Ginetta era una bella figliola, che camminava con impeto e aveva il vezzo di scuotere all'indietro i capelli come fossero una criniera. Stava per dire, quando Doro la prevenne.

“Verrà quest'anno Umberto?”

“Gli scapoli sono ipocriti,” replicò lei. “Non so,” rispose poi.

“Tu godi tutti gli svantaggi, Ginetta. Sposi uno scapolo che già ti lascia sola. Che cosa ti farà ancora?”

Semiseria, Ginetta guardò innanzi a sé e divincolò il capo.

“Di solito un marito è stato prima uno scapolo,” osservai pacatamente. “Bisogna pur cominciare.”

Ma Ginetta parlava di Umberto. Ci raccontò che scriveva che di notte le iene urlavano da far pensare a quei bambini che non vogliono dormire. Cara Ginetta, le diceva, se i nostri figli faranno tanto baccano andrò a dormire all'albergo. Poi le diceva che la gran differenza del deserto dai paesi civili, era che laggiù non si chiudeva occhio per il fracasso.