Snuda dunque la spada: un colpo solo
t’affrancherà dal tributo che paghi,
ed io, che sarò re, t’avrò assai caro.
ANTONIO -
Snudiamo insieme allor le nostre spade,
e quando alzo la mia, tu fa’ lo stesso
e lasciala cadere su Gonzalo.
SEBASTIAN -
Ah, c’è ancora qualcosa che ho da dirti…
( Si appartano per parlare sottovoce)
Musica - Rientra ARIELE, a loro invisibile
ARIELE -
( All’orecchio di Gonzalo)
Il mio padrone, con la sua magia,
ha previsto il pericolo che tu,
che sei suo amico, stai ora correndo,
e mi manda a tenervi tutti in vita,
altrimenti fallisce il suo progetto.
( Canta all’orecchio di Gonzalo che dorme)
“Mentre tu stai russando,
“la congiura occhialuta va tramando
“di toglierti di mezzo, e come e quando.
“Se tieni alla tua testa,
“scaccia il sonno e ti desta.
“Svegliati, su, alla lesta!”.
ANTONIO -
Che aspettiamo? Sbrighiamoci, su, presto!
GONZALO -
( Svegliandosi)
Oh, buoni angeli, salvate il re!
( Scuote il re)
Ehi, su, svegliatevi!… Ma che succede(38)?
( Ad Antonio e Sebastian)
Che sono quelle spade sguainate?
E quegli sguardi torvi?…
ALONSO -
( Svegliandosi)
Che succede?
SEBASTIAN -
Stavamo qui a vegliare al vostro sonno,
quando ad un tratto ci giunse all’orecchio
un sordo riecheggiare di muggiti
come di tori, o piuttosto leoni.
Non so come non v’hanno risvegliato.
Le orecchie mie ne furono intronate,
paurosamente.
(38) In molti testi - compreso l’Alexander - questa battuta è attribuita al re; ma il nesso del discorso e dell’azione scenica suggeriscono di darla a Gonzalo; il che sarebbe avvalorato dal seguente: “vi ho svegliato…” dello stesso Gonzalo al re, con quel che segue.
ALONSO -
Non ho udito nulla.
ANTONIO -
Oh, sì, davvero un orribile strepito,
da spaventare l’orecchio d’un mostro;
da scatenare un vero terremoto!
Doveva essere, sicuramente,
il ruggito d’un branco di leoni.
ALONSO -
Hai udito qualcosa, tu, Gonzalo?
GONZALO -
In fede mia, signore, quel ch’ho udito
è stato solo un canto a mezza voce
e molto strano, che m’ha risvegliato.
Dopodiché vi ho scosso ed ho gridato,
ché, appena aperti gli occhi,
ho visto quelle spade sguainate.
Un rumore c’è stato, questo sì.
Sarà bene perciò che stiamo in guardia,
e ce ne andiamo via da questi luoghi,
spade in pugno.
ALONSO -
Sì, andiamocene, è meglio;
e mettiamoci ancora alla ricerca
del povero mio figlio.
GONZALO -
Dio lo scampi
da queste belve che sono nell’isola.
Perché son certo ch’egli è qui.
ALONSO -
Muoviamoci.
( Escono tutti)
ARIELE -
( A parte)
Prospero, il mio padrone,
saprà così quel che ho fatto per lui…
Va’, va’ sicuro in cerca di tuo figlio!
( Esce)
SCENA II - Altra parte dell’isola, brulla, senza vegetazione.
Entra CALIBANO con un fascio di legna e un mantello
CALIBANO -
Tutti gli umori più pestilenziali
che il sole succhia da pantani e stagni
ricadano su Prospero, e lo infettino
e lo riducano tutto una piaga,
a pezzetto a pezzetto, a oncia a oncia.
Gli spiriti che sono al suo servizio
mi ascoltano, lo so, e tuttavia
non mi posso tener dal maledirlo.
Quelli però non mi punzecchieranno
né mi verranno a mettere paura,
assumendo le forme di folletti,
o a rotolar nel fango,
o a condurmi la notte fuori strada
prendendo forma di tizzoni accesi,
se lui non gli dà l’ordine di farlo.
Ma me li veggo sguinzagliati intorno
per ogni inezia: a volta come scimmie,
a farmi smorfie e digrignare i denti
e darmi morsettini; o come istrici,
a rotolarsi sopra la mia strada,
mentre cammino scalzo,
e subito a drizzare i loro aculei,
ogni volta che poso il piede a terra.
Tal’altra volta sono dei serpenti
che m’avvinghiano tutto da ogni parte,
fischiando con le lor forcute lingue,
da uscire pazzo.
Entra TRINCULO
Toh, eccone uno,
che viene certo a me per tormentarmi
perché ho tardato a portare la legna.
Ora mi butto lungo lungo per terra,
forse così non si accorge di me.
( Si stende a terra bocconi sotto il mantello)
TRINCULO -
Qui si prepara un nuovo temporale,
e non si vede arbusto né cespuglio
sotto cui ripararsi in qualche modo.
Lo sento già dal fischiare del vento.
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