Quella nuvola nera - e come grossa! -
ha l’aria d’un immenso otre maligno
pronto a rovesciar giù acqua a torrenti.
E io, se tuona ancora come prima,
dove metto al riparo la mia testa?
( Scorge Calibano disteso a terra)
Ehi, oh! Che vedo qui? Un uomo? Un pesce?
Morto? Vivo?… Dev’esser proprio un pesce,
all’odore di rancido e stantio,
come di baccalà… Uno strano pesce!
Se fossi in Inghilterra, come un tempo,
a possedere un pesce come questo,
anche dipinto sopra un cartellone,
non ci sarebbe bifolco laggiù,
che non fosse disposto, la domenica,
a pagare uno scudo, per vederlo.
Da quelle parti, un mostro come questo,
ad avercelo in proprio, ti fa ricco.(39)
Qualsiasi rara bestia, in quel paese,
può fare la fortuna d’un cristiano.
Non darebbero il becco d’un quattrino
per aiutare un mendicante stroppio,
ma son prontissimi a buttarne dieci
per ammirare un pellerossa morto.
Però questo ha le gambe, come un uomo…
e per prime due braccia… come un uomo.
( S’avvicina a Calibano e lo tasta)
Uh, questo è ancora caldo!
Allora debbo cambiare opinione,
non posso più pensarla come prima:
pesce, questo non è; è un isolano,
colpito appena da qualche saetta.
( Tuono)
Ahi! Ahi! Qui ricomincia il temporale!
Sarò costretto a trovare riparo
sotto il mantello qui, di questo coso;
non c’è altro scampo a portata di mano.
Eh, come la sventura ti può dare
le compagnie di letto più impensate!
Mi riparo qua sotto,
finché non sia passata la bufera.
Entra STEFANO, cantando, con una
bottiglia in mano, fatta di scorza d’albero.
STEFANO -
( Canta)
“In mare, in mare
“non voglio più andare,
“voglio in terra crepare…”.
È un motivo piuttosto volgaruccio
per essere cantato a un funerale.
Ma il mio conforto ce l’ho qui con me.
( Beve alla bottiglia, e poi canta)
“Il capitano, il mozzo, il colubrina,
“ed io, con il nostromo ed il secondo
“ce n’andavamo insieme per il mondo
“a far l’amore chi con Mariannina,
“chi con la Giulia chi con l’Adelina;
“ma a nessuno piaceva Caterina,
“perché con la sua lingua viperina,
“Caterina era un guaio:
“non c’era marinaio
“che non gridasse: “Vatti ad impiccare!”
“ché lei smontava tutte le sue brame
“con l’odore di pesce e di catrame;
“ma un qualunque sartore
“la poteva grattar dov’è… il pudore!
“E allora, amici, a mare!
“Caterina si vada ad impiccare!”.
Anche questa è piuttosto volgaruccia.
Ma ho sempre qui la mia consolazione.
( Beve)
CALIBANO -
Non stare a tormentarmi!… Aiuto! Aiuto!
STEFANO -
( Scorgendo a terra Calibano e Trinculo)
Ohi, ohi! Che roba è questa?
Non ci sarà mica il diavolo, qua sotto?
Volete farci qualche scherzo, eh?,
truccati da selvaggi e pellirosse…
Non sarò mica scampato al naufragio
per venir qui a morire di paura
per le tue quattro gambe! Marameo!
Perché lo sai che dice il vecchio adagio:
“Non c’è barba di uomo a quattro zampe
che sia capace di farlo arretrare”;
e questo detto sarà sempre vero
finché il naso di Stefano fa aria.
(39) Nei primi anni delle conquiste inglesi in America (dopo il 1497) venivano portati in Inghilterra, ed ivi esposti al pubblico, a pagamento, molti indiani pellerossa, che, poi, difficilmente sopravvivevano.
CALIBANO -
Ohi, ohi, lo spiritello mi tormenta!
STEFANO -
Questo dev’essere un mostro dell’isola,
un mostro a quattro zampe,
in preda ad un attacco di terzana.
Ma dove diavolo l’avrà imparata
la nostra lingua?… Beh, solo per questo
voglio prestargli un poco di sollievo;
se riesco a guarirlo ed ammansirlo,
e a portarmelo a Napoli con me,
sarà un vero regalo,
degno d’ogni più grande imperatore
ch’abbia calzato scarpe di coppale.
CALIBANO -
Ohi, ohi, non tormentarmi più, ti supplico!
Un’altra volta sarò più sollecito
a portare la legna sotto casa.
STEFANO -
Discorre nel delirio della febbre,
e dice tutte frasi scombinate…
Gli darò un sorso dalla mia bottiglia.
Se non ha mai bevuto vino prima,
può darsi che gli passi questa fitta.
Se potessi far tanto di guarirlo
e d’addomesticarlo, nessun prezzo
ch’io possa chiedere per lui, nel venderlo,
sarà troppo alto; e chi lo comprerà
si rifarà la spesa, largamente.
CALIBANO -
Finora troppo male non m’hai fatto,
ma capisco da questo tuo tremore
che ti prepari a farmene di molto;
è Prospero che agisce su di te.
STEFANO -
Girati verso me, apri la bocca.
Ecco qualcosa, gatto,
che ti farà parlare(40); apri la bocca,
questo ti scrollerà, te l’assicuro,
la tremarella una volta per tutte.
( Lo fa bere alla bottiglia)
Eh, qui ti sta vicino un vero amico,
e tu non te ne accorgi… Bevi ancora,
apri quelle ganasce un’altra volta!
( Gli dà ancora da bere)
(40) “La birra fa parlare anche i gatti” diceva un proverbio. Stefano è sicuro che il vino abbia lo stesso effetto.
TRINCULO -
( Da sotto il mantello di Calibano)
Questa voce mi pare di conoscerla…
Dovrebb’essere di… Ma no, impossibile!
Quello a quest’ora sarà già annegato…
Ma questi sono diavoli!… Ohi, ohi!
STEFANO -
Quattro gambe e due voci… Strano mostro!
La sua voce davanti
è fatta per dir bene dell’amico;
quella di dietro per parlarne male,
e pronunciare frasi calunniose…
Se mi riesce di tirarlo su
con tutto il vino di questa bottiglia,
gli passerà la febbre… Un altro sorso!
( Gli dà ancora da bere)
Ma penso che per questa bocca basti;
ne faccio dare una sorsata all’altra.
TRINCULO -
Stefano!
STEFANO -
Come! Tu con l’altra bocca
mi chiami a nome? Oh, Dio, misericordia!
Altro che strano mostro! Questo è un diavolo!
È meglio che lo lascio lì com’è:
non ho il cucchiaio col manico lungo.(41)
TRINCULO -
Stefano!… Se tu sei davvero Stefano,
toccami… parlami… Io sono Trinculo,
l’amico tuo, non avere paura.
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