( Esce)

(5) Antonio dà del pirata al capo nocchiero; i pirati, in Inghilterra, erano condannati alla forca, installata sulla riva del mare, all’altezza del limite della bassa marea, e dovevano restarvi appesi per il tempo di tre maree; per Antonio, il capo nocchiero dovrebbe restarcene per il tempo di dieci.

S C E N A I I - L ’ i s o l a . D a v a n t i a l l a g r o t t a d i P r o s p e r o Entrano PROSPERO e MIRANDA

MIRANDA -

Se con le vostre arti,(6) padre mio,

avete scatenato in tal fragore

l’acque selvagge, con le stesse arti

fatele ritornare ora alla calma.

Pare come se il cielo voglia piovere

sol pece infetta, non fosse che il mare

sollevando i suoi flutti tanto in alto

da arrivar fino a lambirgli la guancia,

sembri volerne incenerir l’ardore.

Ah, la pietosa vista

di tutta quella gente che soffriva!

Ho sofferto pur io insieme a loro!

Un così bel naviglio,

che senza dubbio aveva nel suo fianco

chi sa qual nobile creatura umana,

tutto ridotto in pezzi!

Oh, quel grido che m’ha colpito il cuore!

Tutte perite, povere creature!

Avessi avuto il potere d’un dio,

avrei piuttosto fatto sprofondare

il mare nei precordi della terra,

prima ch’esso inghiottisse, come ha fatto,

una sì bella nave,

col suo carico umano.

PROSPERO -

Rasserénati,

caccia via dal tuo animo l’angoscia,

e di’ al tuo cuore tanto impietosito,

che non è stato fatto nessun male.

MIRANDA -

Oh, giorno di sventura!

PROSPERO -

Nessun male, ti dico. Quel che ho fatto,

l’ho fatto, figlia, sol per amor tuo,

per te, mio solo bene,

per te, mia figlia, che non sai chi sei,

né di dove io provenga,

né ch’io sono assai più di questo Prospero

padrone di una misera spelonca,

e tuo padre, non più grande com’era.

MIRANDA -

Saper di più di me

non s’è mai mescolato ai miei pensieri.

(6) Miranda sa che il padre possiede magici poteri.

PROSPERO -

È tempo dunque ch’io ti faccia edotta.

Dammi la mano, e toglimi di dosso

questo magico manto… Così, bene.

( Si toglie il mantello e lo depone a terra)

( Al mantello)

Rimani là, mia arte.

( A Miranda)

E tu asciugati gli occhi, e datti cuore.

Quel naufragio, la cui orrida vista

t’ha toccato così profondamente

tutte le fibre della compassione,

l’ho predisposto io, con la mia arte,

e col preordinato accorgimento

da far che di quelle anime non una,

anzi, che dico, non un sol capello

di quante creature in quel vascello

tu hai sentito urlare

e visto sprofondare, andasse perso.

Ma siedi: devi saperne di più.

MIRANDA -

Più d’una volta avete cominciato

a dirmi chi son io,

ogni volta fermandovi a metà;

e lasciandomi a vane congetture,

concludevate: “Aspetta, non ancora”.

PROSPERO -

Adesso è l’ora. Ed è lo stesso tempo.

che ti sollecita ad aprir gli orecchi.

Sta’ dunque ben attenta.

Hai tu memoria alcuna di tua vita

avanti di venire in questa grotta?

Non credo: non avevi ancor tre anni.

MIRANDA -

Eppure sì, qualcosa mi ricordo.

PROSPERO -

Che cosa, un’altra casa, altre persone?

Qualunque immagine ti sia rimasta,

sforzati di descriverla.

MIRANDA -

È lontano… Più simile ad un sogno

che a qualcosa di vero, di reale

che la memoria possa garantire…

Non c’eran delle donne intorno a me,

per accudirmi, forse quattro o cinque?

PROSPERO -

C’erano, sì, Miranda, ed anche più.

Ma com’è ch’hai sì vivo quel ricordo?

Che altro vedi nel buio passato

e nell’abisso del tempo trascorso?

Se hai questo barlume di memoria

del tempo prima di venire qui,

potresti forse pure ricordare

come ci sei venuta.

MIRANDA -

No, signore,

di questo proprio non ricordo nulla.

PROSPERO -

Miranda, ancora dodici anni fa,

sì, dico bene, dodici anni fa,

tuo padre era il signore di Milano,

il Duca, un principe tra i più potenti…

MIRANDA -

Che dite! Non sareste voi mio padre?

PROSPERO -

Tua madre, quello specchio di virtù,

mi diceva che tu eri mia figlia;

e tuo padre era Duca di Milano,

e di questi eri tu l’unica erede,

una non meno illustre principessa.

MIRANDA -

Oh, cielo! Allora quale turpe intrigo

ci costrinse ad andare via di là?

O fu la nostra buona sorte a farlo?

PROSPERO -

L’uno e l’altra, figliola, l’uno e l’altra.

Furono certamente turpi intrighi,

come tu dici, a strapparci di là;

ma fu altresì la nostra buona sorte

a farci poi toccare queste prode.