MIRANDA -

Ohimè; mi sento sanguinare il cuore

al pensiero delle tribolazioni

alle quali vi devo aver esposto,

e di cui ho perduto ogni ricordo.

Ma seguitate a narrarmi, vi prego.

PROSPERO -

Mio fratello, tuo zio, Antonio è il nome…

Ti prego, ascolta a quale mai perfidia

può giungere un fratello…

lui, la persona ch’io, dopo di te,

tenevo cara più di tutto il mondo!

Alle sue mani avevo confidato

la cura degli affari del mio Stato,

ch’era, fra tutte l’altre signorie,

la prima, come primo fra quei duchi

era tenuto Prospero,

per dignità di rango impareggiato

ed amore dell’arti liberali;

a queste avendo posto ogni mio studio,

decisi di affidare a mio fratello

la cura degli affari di governo,

estraniando me stesso dallo Stato,

tutto preso e rapito a penetrare

gli insondati misteri della vita.

E quel tuo zio sleale… Ma mi segui?…

MIRANDA -

Attentissimamente, padre mio.

PROSPERO -

… perfezionata ch’ebbe l’esperienza

d’accogliere o respingere le suppliche,

d’avanzar questo e rimuover quest’altro

per non farlo salire troppo in alto,

si dette a rinnovar tutte le nomine

della gente che già era stata mia,

o a rimpiazzarla e plasmarla a suo modo;

sicché tenendo in mano le due chiavi,

della funzione e del suo titolare,

accordò, nel concerto dello Stato,

tutti i cuori a quel tono e a quella chiave

ch’erano più graditi alle sue orecchie;

si sviluppò, in sostanza, come un’edera

che ricoprì il mio principesco tronco

succhiandone la linfa ed il vigore…

Ma mi ascolti?

MIRANDA -

Sì, certo, mio signore.

PROSPERO -

Stammi bene a sentire, te ne prego!

Io, negligendo ogni mondana cura,

tutto dedito a coltivar la mente,

in solitudine, con quegli studi

che, se non fossero così segreti,

sovrasterebbero sicuramente

nel general concetto della gente

ogni diversa attività dell’uomo,(7)

fui causa inconsapevole

che in quel mio falso e sleale fratello

si risvegliassero maligni istinti,

sicché la mia fiducia in lui riposta,

come il buon genitore del proverbio(8),

ingenerò in lui tale doppiezza

senza limiti, come illimitata

era stata la mia fiducia in lui.

Investito così di tal potere

qual poteva non solo derivargli

dall’introito di tutte le mie rendite,

ma da tutto che si potesse trarre

dall’esercizio delle mie funzioni,

egli, come uno che della sua mente

abbia fatto una tale peccatrice

da credere alle stesse sue bugie

a forza di ripeterle a se stesso,

si persuase d’esser lui il duca,

essendo solamente il mio vicario,

e se ne assunse pure esteriormente

l’aspetto e le reali attribuzioni.

Gonfiandosi così la sua ambizione…

Ma mi ascolti?…

MIRANDA -

La vostra storia, padre,

aprirebbe le orecchie pure a un sordo.(9)

(7) “Overpriz’d all popular rate” : “superarono ogni stima popolare”. Per “rate” nel senso di “estimation” , v. anche più sotto, II, 1, 103: “And in my rate, she too…” .

(8) Il proverbio inglese di cui è riferimento è: “Un genitore superiore alla media ha spesso un figlio inferiore alla media, in proporzione”.

(9) “Would cure deafness” : “curerebbe la sordità”.

PROSPERO -

… e perché non vi fosse alcuno schermo

tra questa parte da lui recitata

e quello ch’egli vi rappresentava,

decise d’esser lui, e lui soltanto,

il signore assoluto di Milano.

Per me, i miei libri, la mia biblioteca

erano già un ducato sufficiente.

E come egli pensò ch’io fossi inetto

a reggere le briglie del governo,

tanta fu la sua sete di potenza,

che strinse un patto con il re di Napoli,

impegnandosi a farsi suo vassallo,

a corrispondergli un annuo tributo,

a riconoscer la propria corona

suddita della più grande di quello,

ed a piegare - ah, povera Milano! -

il mio ducato che mai fino allora

aveva conosciuto sudditanza,

alla più vergognosa soggezione.

MIRANDA -

Oh, cieli!…

PROSPERO -

E senti a quali condizioni,

e a quali eventuali conseguenze;

e dimmi s’ei può dirsi mio fratello.

MIRANDA -

Mi sentirei in peccato, padre mio,

se giudicassi men che nobilmente

la mia nonna, che fu d’entrambi madre;

altre volte, però, virtuoso grembo

dette alla luce disonesti figli.

PROSPERO -

Ecco dunque l’accordo: il re di Napoli,

da quell’inveterato mio nemico

ch’è sempre stato, porse buon orecchio

alla richiesta; ch’era che quel re,

in cambio dell’omaggio di vassallo

e di non so qual gravoso tributo,

s’impegnava a cacciare me ed i miei

dal mio ducato e consegnare a lui,

in pienezza d’onori e di poteri

la mia bella Milano.

Così, assoldato ch’ebbe alla bisogna

un’accozzaglia d’uomini felloni,

la notte stabilita, a mezzanotte,

Antonio aprì le porte di Milano,

da dove, nell’oscurità più fitta,

quelli ch’erano stati a ciò preposti

mi trascinaron via, e te con me,

che piangevi.

MIRANDA -

Oh, che pietosa storia!

Quel mio pianto, di cui non ho memoria,

sento che torna a stringermi la gola,

e quel che dite mi strappa le lacrime.

PROSPERO -

Stammi ancora a sentire, per un po’,

che ti devo condurre, col racconto,

fino agli avvenimenti più vicini;

se no, sarebbe vano il mio parlare.

MIRANDA -

Come mai non ci tolsero la vita?

PROSPERO -

Giusta domanda, figlia, e conseguente.

Ebbene: nella lor grande ambizione

di rivestire dei più bei colori

i lor torbidi intenti, ben sapendo

quanto il popolo mi volesse bene,

mancò loro il coraggio

di marcare d’un tal cruento segno

la loro turpe impresa. A farla breve:

ci caricarono in fretta su un barco,

e ci spinsero qualche lega in mare(10),

dove avevano pronta una carcassa,

una goletta tutta sconquassata,

senz’alberi, né vele, né cordame,

abbandonata perfino dai topi.

In quel misero legno

ci lasciarono a sciogliere da soli

i nostri pianti in seno al grande mare

che rispondeva strepitando intorno,

e a sospirare ai venti, che, pietosi,

ci rinviavano i loro sospiri,

quasi in un gesto d’affettuoso torto.

MIRANDA -

Ahimè, chi sa che peso sarò stata

per voi, in quei terribili momenti!

(10) Se non è una distrazione del copione, è la conferma che Shakespeare - come ha notato il Dover Wilson (J. Dover Wilson , “New Cambridge Shakespeare” , Cambridge 1921-66) - di geografia ne mangiava poca. Tra l’altro, era convinto che a Milano vi fosse il mare, se anche ne “I Due Gentiluomini di Verona” fa imbarcare Valentino da Verona per raggiungere Milano via acqua.

PROSPERO -

Un angelo, sei stata, un cherubino,

ch’è riuscito a sostenermi in vita:

sorridevi serena innanzi a me,

come pervasa da una forza d’animo

che sembrava ispirata in te dal cielo;

e mentre, affranto dal mio grave peso,

io spargevo nel mare amare lacrime;

quel tuo sorriso ridestava in me

un arcano coraggio per resistere

contro qualunque avversità futura.

MIRANDA -

E poi, come giungemmo a questa riva?

PROSPERO -

Fu grazie alla Divina Provvidenza.