Avevamo con noi un po’ di cibo
e un po’ d’acqua da bere,
che un nobile di Napoli, Gonzalo,
incaricato dell’esecuzione
di quel tristo disegno, impietosito,
ci aveva dato, insieme a ricche vesti,
biancheria, stoffe ed altre utili cose
che poi ci furono di grande aiuto;
non solo, ma sapendo, quel Gonzalo,
quanto cari mi fossero i miei libri,
mi riportò dalla mia biblioteca
un certo numero di quei volumi
che per me valgono più del ducato.
MIRANDA -
Come vorrei conoscerlo, quell’uomo!
Se solo un giorno potessi incontrarlo!
PROSPERO -
Ora mi alzo. Tu resta seduta,
( Si alza e riprende da terra il manto magico)
ch’io ti racconto quale fu la fine
di quella dolorosa traversia.
Come Dio volle(11), approdammo a quest’isola
e qui, con me come tuo pedagogo,
tu hai appreso con maggior profitto
di quanto sappian altre principesse
ch’hanno più tempo e più agio di te
da dedicare a inutili diporti,
e meno premurosi precettori.
MIRANDA -
Il ciel ve ne rimeriti, signore!
Ma spiegatemi - ché questo pensiero
ancora mi martella nella mente -
per qual ragione avete suscitato
questa burrasca.
(11) Non è nel testo.
PROSPERO -
Ti dirò anche questo.
Per non so quale strano suo capriccio,
la provvida Fortuna, a me benigna,
ha tratto a queste rive i miei nemici;
e la mia preveggenza mi rivela
che il mio zenith(12) è sotto il buon influsso
d’una benigna stella, il cui favore
s’io non curassi o tenessi in mal conto,
farebbe sì che le mie buone sorti
declinerebbero sempre di più.
Ora basta. Non chiedermi più niente.
Vedo che inclini al sonno:
salutare è per te questo sopore;
non devi fare nulla per resistergli.
Eppoi, si sa, non ci riusciresti…
( Miranda s’è addormentata)
( Chiamando)
Presto, mio spiritello! Presto! Qua!
Avvicinati, Ariele, ora son pronto!
Entra ARIELE
ARIELE -
Evviva, mio magnifico padrone!
Salute, venerabile signore!
Eccomi pronto ad ogni tuo volere:
si tratti di volare, di nuotare,
di buttarmi nel fuoco, o cavalcare
sulla cresta delle ricciute nuvole,
Ariele è sempre ai tuoi alti comandi,
con ogni magica sua facoltà.
PROSPERO -
Dimmi un po’, spiritello, hai suscitato
punto per punto la tempesta in mare
che t’avevo ordinato?
(12) Cioè il punto più alto della parabola ascendente, il culmine della buona sorte.
ARIELE -
Punto per punto, come tu volevi.
Piombato sopra il vascello del re,
ora a prua, ora al centro, ora sul cassero,
or di qua or di là per le cabine,
ho fiammeggiato dovunque terrore.
A volte mi scindevo in varie fiamme,
andando a divampare in vari posti:
sul pennone maggiore, sul bompresso,
ardevo tutto in separate fiamme,
per poi riunirmi in un unico incendio.
I fulmini di Giove, precursori
del fragore terribile del tuono,
e il lacerarsi di solfuree nubi
sembrava che cingessero d’assedio
il possente Nettuno,
tanto da riempire di tremore
i suoi superbi flutti, e da scrollare
perfino il suo terribile tridente.
PROSPERO -
Bravo, il mio coraggioso spiritello!
E ci fu alcuno tanto saldo e intrepido
al quale tutto questo finimondo
non sia valso a sconvolger la ragione?
ARIELE -
Nessuno. Non c’è stata una creatura
che non sia impazzita di paura,
fino a compiere gesti disperati.
E tutti a bordo - meno i marinai -
si son gettati nell’acqua schiumosa,
lasciando il barco da me messo in fiamme.
Ho visto il figlio del re, Ferdinando,
con i capelli ritti da sembrare
che avesse in testa un intero canneto,
gettarsi in mare il primo, avanti a tutti,
gridando: “S’è spopolato l’inferno!
Perché i diavoli stanno tutti qui!”
PROSPERO -
Così! Così! Ben fatto, spiritello!
Ma non è stato vicino alla riva?
ARIELE -
Vicino, sì, padrone.
PROSPERO -
E tutti salvi?
ARIELE -
Tutti, sì. Non s’è perso un sol capello.
Sugli abiti che li han tenuti a galla,
non una macchia, più nuovi di prima.
Poi, secondo che tu m’avevi detto,
li ho dispersi per gruppi in tutta l’isola,
mentre il figlio del re l’ho spinto a riva
solo, lontan dagli altri,
e l’ho lasciato in un remoto anfratto,
a rinfrescar, seduto e sconsolato,
l’aria coi suoi sospiri,
con le braccia incrociate, ecco, così…
PROSPERO -
E della nave del re, della ciurma,
che n’hai fatto? E del resto della flotta?
ARIELE -
La nave regia è sana e salva all’àncora,
in quella stessa fonda insenatura
donde tu mi chiamasti quella volta,
per mandarmi, nel cuore della notte,
a cercarti rugiada alle Bermude,
sempre battute da un mare in tempesta;
e là sta ben nascosta; e i marinai,
stipati tutti sotto nelle stive,
vuoi per effetto d’un mio sortilegio,
vuoi per le grosse fatiche del viaggio,
li ho lasciati a dormire come ciocchi.
Quanto agli altri navigli della flotta,
da me dispersi, si son poi riuniti,
e veleggiano nel Mediterraneo,
in rotta verso Napoli, avviliti,
perché credono tutti d’aver visto
colare a picco la nave del re
e perire l’illustre personaggio.
PROSPERO -
Ariele, hai ben compiuto questo incarico.
Ma c’è altro lavoro che t’aspetta.
Che ora volge il giorno?
ARIELE -
Dev’essere al di là della metà.
PROSPERO -
Di due clessidre almeno(13).
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