Ebbene, Ariele,

qui si tratta noi due

di mettere a profitto il nostro tempo

da qui alle sei.

(13) “At least two glasses” : cioè, in questo caso, due ore; la clessidra nautica era normalmente costituita da due recipienti di vetro in cui la sabbia, nello scorrere dall’una all’altro, impiegava mezz’ora ( “half-hour glass” ). La vicenda della

“Tempesta” si svolge dalle due alle sei del pomeriggio.

ARIELE -

Altro lavoro ancora?

Ebbene, mio padrone,

visto che tu m’affibbi nuovi compiti,

lascia ch’io ti ricordi la promessa

che m’hai fatta e non hai più mantenuta.

PROSPERO -

Ehi, là! Saresti in collera con me?

Che mi vuoi chiedere?

ARIELE -

Di liberarmi.

PROSPERO -

Prima che sia spirato tutto il tempo?…

No! Nemmeno a parlarne!

ARIELE -

Te ne prego, non ti dimenticare,

padrone mio, dell’ottimo servizio

che t’ho reso per tutto questo tempo:

mai detta una bugia,

mai uno sgarro, mai il muso lungo,

mai mugugno o proteste…

e tu m’avevi fatto la promessa

dell’abbuono d’un anno.

PROSPERO -

E tu, ti sei scordato, spiritello,

i tormenti da cui t’ho liberato?

ARIELE -

Certo che no.

PROSPERO -

E invece sì, mi pare.

Che fatica ti potrà mai costare

se ti mando a pestare un po’ di limo

sul fondo dei salsedinosi abissi,

o a volare sulle pungenti raffiche

di tramontana, o a calarti per me

nelle indurite vene della terra

quando le brucia il gelo?

È gran fatica far questo per me?

ARIELE -

No, no, signore.

PROSPERO -

Allora sei bugiardo

e anche malizioso, spiritello.

E te la sei scordata quella strega,

quella perfida strega Sicorace,

che, incurvata dagli anni e dal livore,

somigliava a un uncino?

ARIELE -

No, signore.

PROSPERO -

Sì, invece. Avanti, di’, dov’era nata?

Te lo ricordi? Avanti, parla, dimmelo!

ARIELE -

Ad Algeri, signore.

PROSPERO -

Ah, sì? Davvero?

Ecco, lo vedi? Io, di tanto in tanto(14)

ti debbo rinfrescare la memoria

e ripeterti quello che sei stato,

perché tu te lo scordi… Quella strega,

quella dannata strega Sicorace,

per via dei suoi malefici incantesimi,

che sono orribili solo a parlarne(15),

fu, come sai, cacciata via da Algeri;

e sol le fu risparmiata la vita

per una certa cosa che avea fatto.

È vero o no?

ARIELE -

Verissimo, padrone.

PROSPERO -

Quella megera dalle occhiaie livide(16)

era incinta allorché fu trasportata

da alcuni marinai su quest’isola,

e qui abbandonata;

e tu, che dici d’essere mio schiavo,

eri allora suo servo, spiritello;

ma troppo delicato di natura

per adempiere a tutte le bisogne

terrigne e odiose ch’ella t’imponeva,

rifiutasti di dare esecuzione

a certe sue terribili ingiunzioni,

e lei, nell’implacabile sua rabbia,

coadiuvata dalle sue ministre,

le più potenti entità dell’inferno,

t’imprigionò nello spacco d’un pino,

e là tu sei rimasto, dolorante,

perch’ella nel frattempo venne a morte,

lasciandoti là dentro,

a emettere lamenti interminabili,

come i giri di mola d’un mulino.

L’isola allora non era onorata

da alcuna forma umana, salvo il figlio

che la strega vi aveva partorito,

un autentico cucciolo di strega,

lentigginoso, un vero mostriciattolo(17).

(14) Il testo ha: “Once in a month” , “Una volta al mese”.

(15) Testo: “Terrible to enter human hearing” ; “troppo terribile perché orecchio umano possa udirne”.

(16) “The blue-eyed hag” : si credeva che le occhiaie livide nella donna fossero segno di gravidanza.

(17) Non è nel testo.

ARIELE -

Calibano, suo figlio?

PROSPERO -

E chi, se no?

Sciocco! È di lui che parlo. Calibano,

lo stesso che tengo ora al mio servizio.

Dunque, dico, tu sai perfettamente

in che tormenti t’avevo trovato;

eran così strazianti i tuoi lamenti

da ridestare l’ululato ai lupi

e intenerire il cuor perfino agli orsi,

le bestie più spietate per natura:

un supplizio d’inferno,

che quella strega Sicorace, morta,

non ti poteva ormai far più cessare.

Fu solo la virtù della mia arte,

quando qui giunsi ed udii le tue grida,

ad aprir la mascella di quel pino

e trarti fuori.

ARIELE -

Grazie a te, padrone!

PROSPERO -

Ora, però, se seguiti il mugugno,

spacco una quercia, e ti c’inzeppo dentro,

e ti lascio nel suo nocchiuto ventre

a urlare e sbraitar dodici inverni.

ARIELE -

No, perdono, padrone: d’ora in poi

saprò ben obbedir ai tuoi comandi,

e far di buona voglia il mio servizio

di bravo spiritello. Sta’ sicuro.

PROSPERO -

Bravo, così va bene. E fra due giorni,

io ti prometto di renderti libero.