Ma quando scendo a terra papà non si vede ancora, e mentre la porto in una piccola insenatura che sembra un fossato, nascosta da rami di salice e rampicanti, mi viene un'altra idea; penso che la nasconderò bene e poi quando scapperò, invece di andare nei boschi scenderò lungo il fiume per circa cinquanta miglia e mi accamperò in un solo posto, senza dovermi sbattere a camminare per ore e ore.
Il nascondiglio è abbastanza vicino alla nostra catapecchia, e per tutto quel tempo mi è sembrato di sentire i passi del vecchio, ma ho fatto in tempo a nasconderla; allora sono uscito dalla barca e ho visto il vecchio dietro un gruppo di salici che veniva lungo il sentiero, col fucile puntato a un uccello. Dunque non aveva visto un tubo.
Quando mi arriva vicino sono impegnato a tirare su una lenza. Lui protesta un po' perché sono una lumaca, ma io gli dico che sono caduto in acqua, ed è per questo che ho fatto tardi. Sapevo che avrebbe visto che ero tutto bagnato, e allora mi avrebbe fatto delle domande. Abbiamo preso dalle lenze cinque pesci gatto e siamo tornati a casa.
Dopo colazione, mentre siamo sdraiati per un pisolino, perché tutti e due eravamo stanchi assai per la nottata, mi viene da pensare che se riesco a trovare il modo che papà e la vedova non mi seguono, è meglio che cercare di allontanarmi più che posso prima che si accorgono che sono sparito, perché così chissà mai che cosa mi può capitare. Beh, per un po' non ho trovato niente, ma poi papà si alza un momento per andare a bere un altro barile d'acqua e fa:
«Un'altra volta che viene uno a gironzolare da queste parti svegliami, capito? Quello lì era venuto in cerca di rogne. E io ci sparo. La prossima volta svegliami, capito?».
Poi si rimette giù e si riaddormenta un'altra volta; ma quello che mi ha detto mi dà l'idea che cercavo, e io mi dico, adesso sistemo tutto, che nessuno penserà a seguirmi.
Verso le dodici siamo usciti e siamo andati lungo l'argine. Il fiume stava salendo velocemente, e la piena trasportava una caterva di roba. Dopo un po' vediamo arrivare una zattera di tronchi - ce n'erano nove legati insieme. Usciamo con la barca e la riportiamo a riva. Poi pranziamo. Chiunque non fosse papà sarebbe rimasto in osservazione per tutto il giorno per vedere di prendere dell'altra roba, ma non era nelle abitudini di papà. Lui si accontentava di nove tronchi, e doveva portarli subito in città per andarli a vendere. Allora mi chiude dentro a chiave e verso le tre e mezza parte con la barca e la zattera al traino. Io aspetto fino a quando penso che ormai è a una buona distanza, e poi tiro fuori la sega e ricomincio a lavorare al tronco. Prima che lui è dall'altra parte del fiume io riesco a uscire dal buco; la barca e la zattera erano un puntino lontanissimo sull'acqua.
Prendo il sacco di farina gialla e lo porto fino al nascondiglio della canoa, e sposto i rami e i rampicanti per mettercelo dentro; poi faccio lo stesso con il pezzo di pancetta; poi con il barilotto di whisky; prendo tutto il caffè e lo zucchero che c'era, e tutte le munizioni; prendo la stoppa; prendo il secchio e la zucca, prendo un mestolo e una tazza di latta, e la mia vecchia sega e due coperte, e la padella e la caffettiera. Prendo le lenze e i fiammiferi e altre cose - tutto quello che ha un minimo valore. Faccio piazza pulita. Avevo bisogno di un'ascia, ma non ce n'era nessuna, solo quella che era fuori sulla catasta della legna, ma quella sapevo che dovevo lasciarla lì. Tiro fuori il fucile e sono pronto.
Avevo formato una buca sul terreno strisciando un fracco di volte dentro e fuori dall'apertura che avevo fatto nel tronco, e trascinando tutte quelle cose, per cui la sistemo meglio che posso dall'esterno, buttandoci sopra della terra, che così copre la buca nel terreno e la segatura. Poi rimetto a posto il pezzo di tronco che avevo segato e ci ficco sotto due sassi, e un altro di sostegno per tenerlo fermo, perché in quel punto s'era formato un tale avvallamento che ormai il tronco non arrivava più fino in fondo. Ma se stavi a una distanza di quattro o cinque piedi e non sapevi che era segato, mica te ne accorgevi; e poi quella era la parte dietro alla capanna ed era difficile che qualcuno passava di lì.
Non c'era erba per arrivare da lì alla canoa, e quindi non avevo lasciato tracce. Faccio un giro per controllare. Vado sulla sponda a guardare al di là del fiume. Tutto tranquillo. Allora prendo il fucile e vado dentro al bosco per un bel tratto a cercare qualche uccello da cacciare, quando vedo un maiale selvatico: i maiali si inselvatichiscono facilmente in quelle zone dopo che sono scappati dalle fattorie della prateria. Lo stendo con una fucilata e lo porto al campo.
Prendo l'ascia e abbatto la porta, e per farlo la rovino e la sfascio più che posso. Tiro dentro il maiale e lo porto fino quasi al tavolo, e poi gli squarcio la gola con l'ascia e lo metto giù a terra a sanguinare - e ho detto "a terra" perché era proprio terra, terra pressata, senza tavolato. Dopo prendo un vecchio sacco e ci metto dentro molte grosse pietre - tutte quelle che riuscivo a trascinare - e partendo da dove c'è il maiale lo trascino fuori dall'uscio attraverso il bosco giù fino al fiume e ce lo butto dentro; va a fondo che non si vede più niente.
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