– Il latte ci si annegherà.

– Non ci badare – rispose il signor Squeers. – Gli starà bene perché costa così caro. Hai ordinato quel pane grosso imburrato per tre?

– Viene subito, signore.

– Non è necessario affrettarsi – disse Squeers, – abbiamo tempo. Frenate le vostre passioni, ragazzi, e non vi mostrate avidi di cibo.

Pronunziando questo precetto morale, prese un grosso pezzo del manzo freddo, e fe' cenno d'aver riconosciuto Nicola.

– Siediti, caro Nickleby – disse Squeers. – Siamo qui, come vedi, a far colazione.

Nicola non vide, tranne il signor Squeers, che altri facesse colazione; ma s'inchinò con tutta la dovuta riverenza, e atteggiò il viso a quanta più gioia potè.

– Ah, questo è il latte e l'acqua, Guglielmo? – disse Squeers. – Ora non dimenticare il pane imburrato.

A questa nuova menzione del pane imburrato, i cinque piccini assunsero l'aria della massima avidità e seguirono con gli occhi il cameriere. Intanto il signor Squeers assaggiava il latte con l'acqua.

– Ah! – egli disse, leccandosi le labbra. – Quanta abbondanza qui! Pensate, piccini, ai molti mendicanti e orfani sul lastrico che sarebbero lieti di aver questo latte. Una brutta cosa, la fame, caro Nickleby, non è vero?

– Molto brutta, signore, – disse Nicola.

– Quando io dirò numero uno – continuò il signor Squeers mettendo il recipiente innanzi ai fanciulli, – il ragazzo a sinistra accanto alla finestra potrà berne un sorso; e quando dirò numero due, berrà il ragazzo che gli sta accanto, e così di seguito finché arriveremo al numero cinque, ch'è l'ultimo ragazzo. Siete pronti?

– Sì, signore, – gridarono tutti i ragazzi con grande avidità.

– Bene – disse Squeers, continuando calmo la sua colazione; – tenetevi pronti finché non vi dica di cominciare. Dominate i vostri appetiti, figliuoli miei, e avrete soggiogato la natura umana. In questo modo, caro Nickleby, noi inculchiamo la forza di spirito, – disse l'insegnante, volgendosi a Nicola, e parlando con la bocca piena di manzo e di crostini.

Nicola mormorò qualcosa – non sapeva neppur lui che cosa – a mo' di risposta; e i piccini, dividendo i loro sguardi fra il recipiente del latte, il pane imburrato (che era finalmente arrivato) e ogni boccone che il signor Squeers si portava in bocca, se ne stavano con gli occhi aguzzati dal tormento dell'attesa.

– Iddio sia ringraziato per la buona colazione, – disse Squeers, dopo ch'ebbe finito. – Numero uno, puoi bere un sorso.

Il numero uno afferrò voracemente il recipiente, e aveva già bevuto tanto da desiderarne ancora, quando il signor Squeers diede il segnale al numero due, il quale dovè, nello stesso momento interessante, interrompersi per il numero tre; ed il giuoco si ripetè finché il latte annacquato non finì col numero cinque.

– E ora – disse l'insegnante, dividendo il pane imburrato per tre in tante porzioni quanti erano i fanciulli, – farete bene a sbrigarvi con la vostra colazione, perché fra un paio di minuti sonerà il corno, e allora tutti interromperete.

Dato così il permesso all'assalto, i ragazzi cominciarono a mangiar voracemente e con fretta disperata; mentre l'insegnante, ch'era di molto buon umore dopo il pasto, si stuzzicava i denti con una forchetta, guardando la scena con un sorriso. Dopo poco si udì squillare il corno.

– Lo sapevo che sarebbe subito sonato, – disse Squeers saltando in piedi e cavando di sotto il canapè un panierino: – mettere qui dentro ciò che non avete avuto tempo di mangiare, ragazzi. Ne avrete bisogno per strada.

Nicola fu considerevolmente sorpreso da questi molto economici espedienti, ma non ebbe tempo di pensarci su, perché i piccini dovevano essere issati sull'imperiale della diligenza, e si dovevano prendere dall'ufficio i loro bagagli e caricarli, e quello del signor Squeers doveva essere messo accuratamente nella cassa della diligenza, e tutte queste incombenze riguardavano proprio il ramo particolare dell'istitutore. Egli era appunto nel pieno fervore e trambusto di queste operazioni, quando lo zio, signor Rodolfo Nickleby, gli si avvicinò.

– Ah! Sei qui, caro – disse Rodolfo. – Ecco qui tua madre e tua sorella, caro.

– Dove sono? – esclamò Nicola, guardando frettolosamente in giro.

– Qui! – rispose lo zio. – Avendo troppo denaro e nulla da farne, stavano pagando una vettura da nolo quand'io sono arrivato.

– Temevamo di giungere troppo tardi per vederlo prima che se n'andasse tanto lontano da noi, – disse la signora Nickleby, abbracciando il figliuolo, senza curarsi delle persone indifferenti, raccolte nel cortile della diligenza a guardare.

– Benissimo, signora – rispose Rodolfo, – naturalmente il miglior giudice siete voi. Ho detto soltanto che stavate pagando una vettura da nolo. Io non pago mai una vettura da nolo, signora, io non me ne servo. Sono trent'anni che per conto mio non sono mai stato in una vettura da nolo, e spero di non andarci per altri trent'anni, se arrivo a viverne tanti.

– Non mi sarei mai perdonata, se non lo avessi veduto – disse la signora Nickleby. – Poverino… andarsene senza neppure la colazione, per paura di disturbarci.

– Una gran delicatezza, certo – disse Rodolfo con molta secchezza. – Quand'io mi misi la prima volta negli affari, signora, mi prendevo due soldi di pane e un bicchiere di latte e andavo così al lavoro ogni mattina: che ne dite, signora? La colazione! Ohibò!

– Ora, Nickleby – disse Squeers, giungendo nell'atto che s'abbottonava il soprabito; – credo che sia bene che tu salga. Temo che qualcuno dei ragazzi precipiti giù, e che venti sterline all'anno si vadano a far friggere.

– Caro Nicola – bisbigliò Caterina, toccando il braccio al fratello, – chi è questo uomo volgarissimo?

– Ehi – brontolò Rodolfo, il cui finissimo orecchio aveva colto la domanda: – desideri d'esser presentata al signor Squeers, cara?

– Quello, l'insegnante! No, zio. Oh, no! – rispose Caterina, ritraendosi.

– Mi pareva che l'avessi detto, cara – ribattè Rodolfo nella sua fredda sarcastica maniera. – Signor Squeers, ecco qui mia nipote, la sorella di Nicola.

– Lietissimo di fare la vostra conoscenza, signorina – disse Squeers sollevando di qualche centimetro il cappello. – M'augurerei che mia moglie pigliasse delle bambine, e noi vi avessimo per insegnante. Non so, però, se non diverrebbe gelosa. Ah, ah, ah!

Se il proprietario di Dotheboys Hall avesse potuto sapere che cosa si svolgeva nel petto del suo aiutante in quel momento, avrebbe scoperto con qualche sorpresa d'esser, come mai in vita sua, lì lì per prendersi una scarica di pugni. Caterina Nickleby, con una rapida percezione dello sconvolgimento del fratello, lo trasse gentilmente da parte, impedendo così al signor Squeers d'aver coscienza della cosa in una maniera particolarmente penosa.

– Mio caro Nicola – disse la signorina, – chi è quest'uomo? In che specie di luogo stai per andare?

– Che vuoi che ne sappia, Caterina? – rispose Nicola, stringendo la mano della sorella.