– Fa vedere al signore dov'è il campanello e digli di non picchiare dei colpi doppi per il secondo piano; io non permetto che si tocchi il martello che quando il campanello è rotto, e anche allora debbono essere due colpi separati.

– Sentite, – disse Rodolfo, entrando senza altri preliminari; – scusate, è questa la signora La… come si chiama?

– Creevy… La Creevy, – rispose la voce, mentre una testa in un'acconciatura gialla si spenzolava sulla ringhiera.

– Che vi dica una parola, signora, con vostro permesso, – disse Rodolfo.

La voce rispose che il signore poteva salire; ma egli era già salito, e, arrivato sul primo piano, veniva ricevuto dalla portatrice dell'acconciatura gialla, con una gonna corrispondente, e un colorito, lei stessa, della medesima gradazione. La signorina La Creevy era una sottile personcina sui cinquantanni, e l'appartamento della signorina La Creevy appariva come la cornice dorata che si vedeva da basso, ma in più vaste proporzioni e alquanto più sudicio.

– Ehm! – fece la signorina La Creevy, tossendo delicatamente dietro i mezzi guanti di seta nera. – Per una miniatura, immagino. Una bella fisionomia energica e ben adatta, signore. Avete posato qualche altra volta?

– Veggo, signora, che pigliate un abbaglio – rispose il signor Nickleby, con la sua secchezza usuale. – Io non ho denaro da gettar via in miniature, e se lo avessi, nessuno (grazie a Dio) a cui darle. Vedendovi sulla scala, volevo farvi una domanda intorno ai vostri inquilini.

La signorina La Creevy tossì ancora una volta – per nascondere la delusione, e disse: – Ah, sì!

– Debbo desumere da ciò che avete detto alla vostra fantesca, che il piano di sopra vi appartiene, signora? – disse il signor Nickleby.

Sì, le apparteneva, rispose la signorina La Creevy. La parte superiore della casa era sua, e poichè ella non aveva, in quel momento appunto, alcuna necessità delle stanze del secondo piano, le appigionava. E infatti, quello stesso momento, erano occupate da una signora di campagna e dai suoi due figli.

– Vedova, signora? – disse Rodolfo.

– Sì, vedova, – rispose la donna.

– Una vedova povera, signora, – disse Rodolfo con grande energia su quell'epiteto.

– Bene, temo di sì, – soggiunse la signorina La Creevy.

– Io ho l'occasione di sapere che è povera, signora – disse Rodolfo, – ora che cosa ha da fare una vedova povera in una casa come questa, signora?

– Verissimo, – rispose la signorina La Creevy, compiaciuta di questo implicito complimento ai suoi appartamenti. – Perfettamente vero.

– Io conosco bene le sue condizioni, signora, disse Rodolfo; – infatti sono suo parente; e vi debbo avvertire di non tenerla qui.

– Spererei, se vi fosse qualche difficoltà a mantener le obbligazioni pecuniarie, – disse la signora La Creevy con un altro colpo di tosse, – che la famiglia della signora vorrebbe…

– No, non vorrebbe, signora, – interruppe Rodolfo in fretta. – Non ci pensate neppure.

– Se non erro, – disse la signorina La Creevy, – la cosa è molto diversa.

– Non dovete errare, signora, – disse Rodolfo, – e regolarvi in conformità. Sono io, signora, la famiglia… almeno, credo d'esser io il solo parente ch'essi abbiano; e credo bene d'avvertirvi che non posso favorirli nelle loro pazzie. Per quanto tempo hanno preso questo appartamento?

– Soltanto a settimane, – rispose la signorina La Creevy. – La signora Nickleby ha pagato la prima settimana anticipata.

– Allora alla fine della settimana fareste bene a sfrattarla, – disse Rodolfo. – Essi non possono far altro di meglio che ritornare in campagna, signora; qui sono fra i piedi di tutti.

– Certo – disse la signorina La Creevy, stropicciandosi le mani, – se la signora Nickleby ha appigionato l'appartamento senza i mezzi per pagarlo, è stata una donna poco delicata

– Naturalmente, signora, – disse Rodolfo.

– E quindi, – continuò la signorina La Creevy – io che per ora… ehm… sono una donna senza protezione, non posso permettermi di perdere la pigione.

– Naturalmente che no, signora, – rispose Rodolfo.

– Benchè nello stesso tempo, – aggiunse la signorina La Creevy, che evidentemente oscillava fra il sentimento della bontà e quello dell'interesse, – io non abbia proprio nulla da dire contro la signora, che è molto simpatica ed affabile, nonostante, poverina, sia terribilmente abbattuta; e neppure contro i figliuoli, perché è difficile che ci siano giovani più simpatici e meglio educati.

– Benissimo, signora, – disse Rodolfo, volgendosi verso la porta, perché questi elogi a quella povera gente lo irritavano; – io ho fatto il mio dovere e forse più del mio dovere: naturalmente nessuno mi ringrazierà per aver detto ciò che ho detto.

– Ma io almeno ve ne sono obbligatissima, signore, – disse la signorina La Creevy con molta grazia. – Vorreste farmi il favore di guardare un po' di saggi dei miei ritratti in miniatura?

– Voi siete molto gentile, signora, – disse il signor Nickleby, allontanandosi con gran velocità; – ma siccome ho la visita da far di sopra e il mio tempo è prezioso, in realtà non posso.

– A qualunque altra ora che voi vogliate venire, io sarò felicissima, – disse la signorina La Creevy. – Volete farmi la gentilezza di accettare un prospetto dei prezzi? Grazie… buon giorno.

– Buon giorno, signora, – disse Rodolfo chiudendosi bruscamente la porta alle spalle, per evitare altre parole. – Ora, da mia cognata! Bah!

Arrampicandosi su un'altra scala perpendicolare, composta con grande abilità architettonica di nient'altro che di gradini d'angolo, il signor Rodolfo Nickleby s'era fermato sul pianerottolo per riprender fiato, quando fu raggiunto dalla fantesca, mandata ad annunciarlo dalla cortesia della signorina La Creevy e che evidentemente aveva fatto vari inutili tentativi, dopo l'ultimo colloquio, di pulirsi la faccia sudicia con un grembiale molto più sudicio.

– Il nome? – disse la ragazza.

– Nickleby, – rispose Rodolfo.

– Ah! Signora Nickleby, – disse la ragazza spalancando la porta, – ecco il signor Nickleby.

Una donna in gramaglie si levò, mentre il signor Rodolfo Nickleby entrava, ma apparve impotente a farsi innanzi per andargli incontro, e appoggiò il braccio su una snella ma bellissima ragazza di circa diciassette anni, che le stava seduta accanto. Un giovane che appariva d'un paio d'anni maggiore si fece innanzi e salutò Rodolfo col nome di zio.

– Ah! – ringhiò Rodolfo, aggrottando sinistramente la fronte, – immagino che tu sia Nicola.

– Mi chiamo così, – rispose il giovane.

– Metti da parte questo cappello, – disse Rodolfo imperioso. – Bene, signora, come state? Dovete tener fronte alla disgrazia, signora, come faccio sempre io.

– La mia non è stata una perdita ordinaria! – disse la signora Nickleby, portandosi il fazzoletto agli occhi.

– Non è stata una perdita ordinaria, signora, – rispose Rodolfo mentre si sbottonava freddamente lo spencer. – Dei mariti muoiono ogni giorno, signora, anche delle mogli.

– E dei fratelli anche, zio, – disse Nicola con un'occhiata d'indignazione.

– Sì caro, e parimenti cuccioli e botoli, – rispose lo zio prendendo una sedia. – Voi, signora, non mi avete detto nella lettera di che malattia è morto mio fratello.

– I dottori non poterono trovargli alcuna malattia speciale, – disse la signora Nickleby in pianto. – Noi abbiamo troppa ragione di temere ch'egli sia morto di crepacuore.

– Ohibò! – disse Rodolfo, – non esiste una cosa simile. Io posso capire che uno muoia perché s'è rotto il collo, o che soffra per un braccio torto, o per la testa rotta, o per il naso rotto, ma per crepacuore… sciocchezze, son le chiacchiere che si dicono oggi. Se uno non può pagare i debiti, muore di crepacuore, e la vedova è una martire.

– Certa gente, credo, non ha cuore, – osservò tranquillamente Nicola.

– Per l'amor di Dio, quant'anni ha questo ragazzo? – domandò Rodolfo, traendo indietro la sedia e squadrando il nipote dalla testa ai piedi con intenso disprezzo.

– Nicola ha quasi diciannove anni, – rispose la vedova.

– Diciannove, eh! – disse Rodolfo, – e che intendi di fare per guadagnarti da vivere, caro?

– Non dipendere da mia madre, – rispose Nicola, col cuore che gli si gonfiava.

– Ne caveresti abbastanza poco, se mai, – ribattè lo zio, guardandolo sprezzante.

– Comunque sia – disse Nicola, rosso di collera, – non ricorrerò a voi per cavarne di più.

– Nicola, figlio mio, non mostrarti screanzato, – rimostrò la signora Nickleby.

– Caro Nicola, per carità, – pregò la signorina.

– Tieni la lingua a posto, – disse Rodolfo. – Parola d'onore. Bell'inizio, signora Nickleby… bell'inizio!

La signora Nickleby non rispose che supplicando Nicola, con un gesto, di tacere; e lo zio e il nipote si guardarono l'un l'altro per alcuni secondi senza parlare. Il viso del vecchio era aspro, duro di lineamenti e ripugnante; quello del giovine, aperto, simpatico e franco. L'occhio del vecchio era aguzzato dallo scintillìo dell'avarizia e della scaltrezza; quello del giovane, luminoso del raggio dell'intelligenza e dello spirito. La persona era alquanto sottile, ma virile e ben formata, e, pur senza tener conto della grazia, dell'avvenenza, della giovinezza, v'era nel suo aspetto e nel suo contegno un'indignazione del cuore fervoroso, che umiliava il vecchio.

Per quanto vivo possa esser un contrasto simile per i riguardanti, nessuno lo sente mai con l'acutezza e la penetrazione di colui la cui inferiorità esso segna.