Rodolfo se ne sentì morso l'intimo cuore, e da quel momento odiò Nicola.
Quell'esame reciproco fu finalmente interrotto da Rodolfo, che ritrasse gli occhi, con una smorfia fortemente sdegnosa, e chiamò Nicola ragazzo. Questa parola è molto usata dalle persone attempate come un termine di rimprovero verso i giovani, probabilmente con lo scopo d'ingannare gli altri e dare a credere per loro conto che, se potessero divenir giovani di nuovo, non lo vorrebbero.
– Bene, signora, – disse con impazienza Rodolfo, – i creditori hanno diviso la successione, voi mi dite, e per voi non è rimasto nulla?
– Nulla, – rispose la signora Nickleby.
– E avete speso quel poco denaro che avevate nel viaggio a Londra per vedere che potrei fare per voi; – continuò Rodolfo.
– Speravo, – balbettò la signora Nickleby, – che avreste avuto l'opportunità di far qualcosa per i figli di vostro fratello. Il suo ultimo desiderio è stato che io mi rivolgessi a voi in loro favore.
– Io non so come sia, – mormorò Rodolfo, camminando su e giù per la stanza, – ma tutte le volte che uno muore senza lasciar nulla, par che pensi sempre d'aver diritto di disporre del denaro degli altri. Che sa fare vostra figlia, signora?
– Caterina è stata bene istruita, – singhiozzò la signora Nickleby. – Di' a tuo zio, cara, i progressi che hai fatti nel francese e nelle altre materie.
La povera ragazza stava per mormorar qualcosa, quando suo zio la interruppe, senza alcuna cerimonia.
– Noi dobbiamo cercare di farti far pratica in qualche pensionato, – disse Rodolfo. – Spero che non sii stata allevata troppo delicatamente.
– No, veramente, zio, – rispose la ragazza piangendo. – Cercherò di fare qualunque cosa che mi dia un pane e un tetto.
– Bene, bene, – disse Rodolfo, un po' rammorbidito, o dalla bellezza della nipote o dalla sua ambascia (facciamo uno sforzo e diciamo dall'ultima). – Devi tentare, e se la vita è troppo dura, forse il cucito o il ricamo l'allevierà. Tu hai fatto mai nulla? – (volgendosi al nipote).
– No, – rispose Nicola, seccamente.
– No, me lo immaginavo! – disse Rodolfo. – Questo è il modo come mio fratello ha allevato i figli, signora.
– Non è da molto che Nicola ha finito di ricevere quell'istruzione che suo padre era in grado di dargli, – soggiunse la signora Nickleby, – e stava appunto pensando di…
– Di fargli far qualcosa un giorno, – disse Rodolfo. – La solita storia; pensare sempre e non fare mai. Se mio fratello avesse avuto un po' d'attività e di prudenza, vi avrebbe lasciata ricca, signora; e se avesse messo suo figlio a lavorare, come mio padre fece con me, quando avevo più d'un anno e mezzo meno di questo ragazzo, egli ora sarebbe in grado di aiutarvi, invece d'esservi a carico e di accrescere le vostre angustie. Mio fratello era sventato e spensierato, signora Nickleby, e certo nessuno può saperlo meglio di voi.
Questo appello fece pensare alla vedova che forse ella avrebbe potuto incontrare miglior fortuna con le sue mille sterline di dote, e allora ella cominciò a riflettere che mille sterline sarebbero state una bella somma nelle sue necessità: tristi pensieri, questi, che le fecero affluire lacrime più copiose, e nel colmo dell'ambascia (pur essendo bene intenzionata, ma, ciò nonostante, debole), ella prima si mise a deplorare il duro fato che l'aveva colpita, e poi a osservare, fra molti singhiozzi, che certo era stata una schiava del povero Nicola, suo marito, che lei spesso gli aveva detto che avrebbe potuto maritarsi meglio (come veramente aveva fatto, spessissimo), e che non aveva saputo neppur una volta come se ne andava il denaro; ma che se lui avesse avuto fiducia in lei a quell'ora essi avrebbero potuto star meglio; aggiungendo poi altri amari ricordi comuni alla maggior parte delle donne maritate, o durante lo stato coniugale, o dopo, o in entrambi i periodi. La signora Nickleby concluse col deplorare che la buon'anima non si fosse mai degnata d'approfittare dei suoi consigli, tranne una volta; cosa ch'era rigorosamente vera, giacchè egli li aveva seguiti subito, e s'era per conseguenza rovinato.
Il signor Rodolfo Nickleby ascoltò tutto con la metà d'un sorriso; e dopo che la vedova ebbe finito, riannodò tranquillamente la conversazione al punto dov'era stata interrotta prima dello sfogo surriferito.
– Hai intenzione di lavorare? – egli chiese, con un cipiglio verso il nipote.
– Naturale, – rispose con alterezza Nicola.
– Allora, guarda qui, – disse lo zio. – Questo m'ha attirato l'occhio stamane, e tu ne puoi ringraziare la tua buona stella.
Con quest'esordio, il signor Rodolfo Nickleby cavò di tasca un giornale, e dopo averlo spiegato e aver guardato per un po' fra gli annunci, lesse quanto segue:
"EDUCAZIONE". – All'Accademia del signor Wackford Squeers, in Dotheboys Hall, nell'ameno villaggio di Dotheboys, vicino a Greta Bridge, nel Yorkshire, gli alunni sono alloggiati, vestiti, forniti di libri, provveduti di denaro per i minuti piaceri, di tutto il necessario, istruiti in tutte le lingue, vive e morte, in matematica, ortografia, geometria, astronomia, trigonometria, l'uso dei globi, l'algebra, la scherma del bastone (facoltativa), scrittura, aritmetica, fortificazione, e ogni altro ramo della letteratura classica. Retta: venti ghinee all'anno. Nessuna spesa in più, nessuna vacanza, e trattamento senza pari. Il signor Squeers è in città, ed è visibile tutti i giorni alla Testa del Saraceno, Monte di Neve. N.B. Si cerca un capace istitutore con lo stipendio annuale di cinque sterline. Si preferirà un licenziato".
– Ecco! – disse Rodolfo, ripiegando il giornale. – Egli si procacci questo posto, e la sua fortuna è assicurata.
– Ma egli non è licenziato, – disse la signora, Nickleby.
– Di questo, – rispose Rodolfo – di questo, credo, si può fare a meno.
– Ma lo stipendio è così meschino e c'è tanta lontananza, zio; – balbettò Caterina.
– Zitta, Caterina, diletta mia, – s'interpose la signora Nickleby, – tuo zio ne sa più di te.
– Io dico, – ripetè Rodolfo, rude, – ch'egli si conquisti quel posto, e la sua fortuna è fatta. Se mai non gli piace, se ne procuri un altro lui. Senza amici, senza denaro, senza raccomandazioni e senza alcuna pratica d'affari, ch'egli trovi a Londra un impiego onesto che basti a calzarlo, e io gli regalerò mille sterline. Almeno, – disse frenandosi Rodolfo Nickleby, – gliele darei, se le avessi.
– Poverino! – disse la signorina. – Ah! Zio, dobbiamo separarci così presto?
– Non tormentare tuo zio con domande quando egli pensa soltanto al vostro bene, amor mio, – disse la signora Nickleby. – Caro Nicola, io vorrei che tu dicessi qualcosa.
– Sì, mamma, sì, – disse Nicola, che fino allora se n'era rimasto silenzioso e meditabondo. – Se io sono abbastanza fortunato da esser nominato a codesto posto, per il quale sono così poco adatto, che ne sarà di quelli che io lascio dietro di me?
– In questo caso (e soltanto a questa condizione) a tua madre e a tua sorella penserò io, e in modo che potranno essere indipendenti. Sarà mia cura immediata di farlo; una settimana dopo la tua partenza non saranno nella condizione in cui si trovano ora, te lo assicuro.
– Allora, – disse Nicola, dando un balzo verso lo zio e afferrandogli la mano, – son pronto a fare tutto ciò che desiderate da me.
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