E il Toso dice:“E quale di voi, donne,

quello ch’io vidi, poté qui vedere?

Santo Francesco. Trito, macilento,

piccolo; in veste disusata e vile.

55

Ma e’ parlò così soavemente,

che tutti quanti furono in Dio ratti.

— Niuno è sì grande, che gli sia promesso —

diceva — uno palagio pieno d’oro,

che non portasse un sacco di letame

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per un aver sì grande! — ”

Poi Zuam aggiunge: “Ed era quello il tempo

che Dio sgrollava la città partita,

piena d’invidia. Ed e’ parlò di pace,

Santo Francesco, e non facea guadagno.

65

Ecco e d’un soffio scosse Dio le torri.

tra lor nimiche, e ignuna versò fuori

le sue colombe; e stettero sull’alie,

e poi scesero al frate poverello,

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 9

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Giovanni Pascoli Le canzoni di re Enzio – La canzone del carroccio Q

quali sul capo, quali sulle spalle,

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alquante in grembio, alquante sulle braccia.

Allor sì venne la divina grazia,

in veder quelle l’alie aprire e i becchi,

semplici e caste, sotto la sua mano!”

Ma quivi il Toso muove inver l’Arengo,

75

ché alcun lo chiama; e le donzelle e donne

levano gli occhi verso le finestre.

Cercano il re. Vanno da torre a torre,

da torri guelfe a torri ghibelline,

e sopra i merli e sopra le baltresche

80

tubano le colombe.

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 10

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Giovanni Pascoli Le canzoni di re Enzio – La canzone del carroccio Q

III

I biolchi

Sotto le grandi volte dell’Arengo

ora i biolchi hanno attaccato al carro

il primo paio, hanno fermato il giogo

con lo statoio dal sonante anello.

5

Hanno al timone l’altre paia aggiunte

con lunghe zerle e lucide catene.

Sono addobbati a bianco ed a scarlatto

ora i biolchi, gli otto bovi e il carro.

Giace su questo un albero da nave,

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alto, ferrato. Attendono nell’ombra

uomini e bovi il cenno della squilla.

Guardano in tanto. Attorno lor non sono,

nella rimessa, acute vanghe e zappe,

falci e frullane, non il curvo aratro,

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né coreggiati né pennati appesi

alle pareti o flessili crinelle:

sì lancie e scudi e selle e cervelliere,

balestre grosse e loro saettame,

guanti di ferro, elmi di ferro, e trulli,

20

trabucchi e manganelle.

Dice Zuam Toso: “Il carro, non di concio

credo vi sappia, non di grano e mosto.

Non uve frante egli portò; sì morti,

grandi e bei morti, e sente forse il sangue.

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Io l’amo, o genti, ch’io nell’anno nacqui

ch’egli fu fatto. Ahimè! com’egli ha salde

le membra sue di rovere e di faggio!

Io sono invece canna di palude…

Ma non fui sempre. Non tremiamo al vento

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noi! Come ha scritto il savio Rolandino.

Dicea mio padre, che Dio l’abbia in gloria,

che Barbarossa minacciò Bologna.

E noi facemmo questo greve carro

per uscir fuori, lenti lenti, al lento

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 11

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Giovanni Pascoli Le canzoni di re Enzio – La canzone del carroccio Q

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passo dei bovi; e c’era un grande abeto

in cime all’Alpe, vecchio come Roma:

noi ne facemmo questa lunga antenna,

ch’ei la vedesse; e suvvi la campana;

che pur lontana egli la udisse chiara

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tra il trotto dei cavalli”.