23.
9 Guy de Maupassant, «Sur une Venus» in Gil Blas, 13 gennaio 1886.
10 Per esempio: «Jeune lubrique, modérez votre verge et tenez-vous en joye et labeur…»
(«Giovanotto lubrico, tenete a freno il cazzo e limitatevi alla gioia delle fatiche letterarie…»). E
morte di Flaubert: in quello stesso giorno l’Altro inizia a plagiare il protagonista del racconto. Su questa e qualche altra coincidenza si vedano le note a commento della traduzione, che non hanno certo pretese esaustive ma vogliono segnalare soltanto l’ipotesi d’un lavoro futuro.
Nella scelta degli altri racconti, in sottordine al tema dell’antologia, è stata tenuta presente la meritoria classificazione che Roger Caillois ha ideato per la letteratura fantastica11. E pertanto, anche per sottolineare la vastità delle tecniche usate da Maupassant, ho voluto inserire un racconto della prima categoria (quella in cui il mezzo fantastico è chiaro sia per lo scrittore che per il lettore), e cioè Il tic; un racconto della seconda categoria (in cui il mezzo fantastico è oscuro per il lettore e chiaro per lo scrittore), e cioè La mano scorticata; un racconto della terza categoria (in cui il mezzo fantastico è chiaro per il lettore e oscuro per lo scrittore, e quindi tipico d’uno stato di ipnosi o di demenza), e cioè Pazzo? ; un racconto della quarta categoria (quella in cui il mezzo fantastico è oscuro sia per il lettore sia per lo scrittore, affidandosi a immagini al riparo da ogni esegesi logica), e cioè La morta.
Due degli altri racconti ( L’orribile e La paura) teorizzano, pur nel vivo d’una narrazione, le concezioni dello scrittore sul tema dell’antologia. E infine il più lungo Diario d’un Magistrato (che nelle varie edizioni a stampa si intitola Fou? , Un fou o Le Journal) m’è sembrato il degno contrappunto a Le Horla. In forma diaristica viene qui esposta, in termini in cui sono rigorosamente escluse tutte le irruzioni dell’inammissibile, una vicenda di delitti in cui l’orrore è suscitato proprio dalla razionalità che apparentemente lo provoca. In questa novella siamo esattamente equidistanti sia dalle teorizzazioni di La paura sia dalla fatalità ambigua e accanita di Le Horla. Siamo, in un certo senso, all’orrore assoluto, senza l’intervento del soprannaturale, del fantastico.
Un’altra piccola ambizione di questa antologia è quella di offrire il materiale in ordine cronologico per una più esatta comprensione della evoluzione dello scrittore dal romanticismo nero dei primi racconti – che hanno le stesse morbidezze degli inizi narrativi di Flaubert ( Novembre, Mémoires d’un fou, ecc.) – sino all’asciutto realismo delle ultime prove. Un realismo comunque ben diverso dalle tranches de vie zoliane.
Maupassant all’inizio parte dalla stretta osservanza alla cronaca, ne riferisce addirittura le facilonerie (un terzo di La mano scorticata è imitazione d’una cronaca nera) ma in sostanza dimentica volutamente qualsiasi riferimento a una spiegazione logica degli avvenimenti, colorando il racconto con imprecisioni e vaghi contorni di gusto tardo-romantico, come s’è detto. Del tutto diverso è l’andamento degli ultimi racconti. Qui a una precisione analitica (che non è mai tuttavia realistica in senso stretto, fotografica insomma) s’accompagnano dichiarate aperture verso l’irrazionale e il fantastico puro ( La morta). Il cosiddetto realismo maupassantiano è in definitiva del tutto simile a quello di certi pittori giapponesi, quando riproducono tutti i dettagli ancora: «Il faut, entendez-vous, jcune homme! IL FAUT lravailler plus que ça (…) Trop de putaines!
trop de canotage! trop d’exercice!» («Bisogna – capito, giovanotto! – BISOGNA lavorare di più (…) Troppe puttane, troppo canottaggio, troppo esercizio fisico!»). Da: G. Flaubert, Lettres à
Maupassant, Editions du livre moderne. Paris 1942, rispettivamente p. 68 e p. 83.
11 Nella voce «Fantastique» della Encyclopaedia Universalis.
d’un uccello o d’un pesce. C’è l’immediatezza della realtà, eppure s’avverte che si tratta d’una realtà deformata dalla spietatezza dell’analisi, una realtà, insomma, mostruosamente inventata.
Da questa capacità di rendere irreale la realtà pur riproducendola quanto più esattamente è possibile deriva la naturale propensione dello scrittore verso il fantastico e l’orrifico, verso sogni-incubi affrancati da stretti legami spaziali e di causalità. L’altra spinta irrecusabile verso l’orrore nasceva in Maupassant da due sentimenti preponderanti nell’animo suo: la crudeltà assoluta e la sensualità. Non mi dilungo sul primo, evidente a qualsiasi prima lettura d’ogni sua narrazione, mentre occorre dare qualche ulteriore precisazione sul secondo.
Da fedele lettore di Schopenhauer, anche per Maupassant la vita si identifica col desiderio e solo a pochi eletti è concesso affrancarsi da questa schiavitù innata nell’uomo.
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