A volte, varianti sullo stesso tema si rivelarono utili per decidere sui punti più controversi o per colmare lacune.

La nostra capacità di ricavare tante informazioni nel breve lasso di tempo che abbiamo avuto disposizione mi stupisce. Ovviamente, anche ora possediamo soltanto un vaghissimo schema generale, gran parte del quale è stato dedotto in seguito dallo studio delle fotografie e dei disegni che riportammo indietro. Proprio l’effetto di questi successivi approfondimenti e la necessità di rivivere ricordi ed impressioni elusive, eccitando una personalità già sensibile e scossa dall’orrenda visione finale che non è disposto a rivelare neppure a me, sono le cause immediate dell’attuale esaurimento di Danforth. Ma non potevamo fare diversamente: non si può lanciare un avvertimento al mondo senza aver studiato a fondo tutte le informazioni possibili, e l’avvertimento di per sé è una necessità vitale. Le presenze che ancora aleggiano nell’ignoto continente dove il tempo è sconvolto e le leggi naturali sembrano sovvertite, rendono imperativa l’opera di dissuasione nei confronti di future missioni esplorative.

VII


La storia completa, per quanto è stato possibile decifrare sino ad ora, apparirà fra breve in un bollettino ufficiale della Miskatonic University.

Qui mi limiterò a riassumere i punti principali in maniera informale e discorsiva. Mito o no, le sculture raccontavano come gli esseri dalla testa stellata fossero arrivati dallo spazio profondo su una terra ancora senza vita e in formazione; né furono i soli a visitare il pianeta, perché li seguirono altre entità che a loro volta si erano dedicate ai viaggi spaziali. A quanto pareva erano in grado di attraversare l’etere interstellare su grandi ali membranose, fatto che confermerebbe certe curiose leggende che si narrano sulle nostre colline e che mi sono state riferite da un collega appassionato di antichità. Le creature avevano vissuto a lungo in fondo al mare, costruendo fantastiche città e combattendo inaudite battaglie contro avversari sconosciuti con l’aiuto di complessi meccanismi che impiegavano ignote fonti d’energia. Evidentemente le loro conoscenze scientifiche e tecniche superavano di gran lunga quelle attuali dell’uomo, anche se gli aspetti più spettacolari e avanzati della tecnologia venivano usati solo in caso di stretta necessità. Alcuni bassorilievi facevano pensare che le creature avessero attraversato una fase intensamente tecnologica su altri pianeti, ma vi avessero rinunciato quando avevano scoperto che si trattava di un modo di vivere dalle tristi conseguenze psicologiche. L’eccezionale resistenza dei loro organismi e la semplicità dei relativi bisogni li rendeva particolarmente adatti a mantenere un elevato tenore d’esistenza senza far ricorso a manufatti troppo sofisticati e addirittura a fare a meno di vestiti se non in rari casi, come protezione contro gli elementi.

Fu nel mare, prima per cibarsene e poi per altri scopi, che crearono la vita sul nostro pianeta: si servirono delle sostanze a disposizione e impiegarono metodi conosciuti da tempo. Gli esperimenti più complessi avvennero dopo la distruzione di vari nemici cosmici. Avevano fatto lo stesso su altri pianeti, fabbricando non solo il cibo che ritenevano necessario ma vere e proprie masse multicellulari protoplasmiche capaci di modellare i propri tessuti in ogni sorta di organi provvisori, il tutto sotto influsso ipnotico. In questo modo le creature stellate si erano dotate di schiavi ideali per eseguire i lavori pesanti necessari alla comunità. Non c’è dubbio che queste masse informi siano ciò che Abdul Alhazred definisce “shoggoth” nello spaventoso Necronomicon, benché persino quel folle non abbia mai osato immaginare che esistessero davvero, salvo nei sogni drogati di chi masticava una certa pianta alcaloide. Quando gli Antichi dalla testa a forma di stella ebbero sintetizzato il cibo elementare di cui avevano bisogno e prodotto una buona quantità di shoggoth, consentirono che determinati gruppi di cellule si evolvessero in altre forme di vita animale e vegetale per servire i loro oscuri propositi: sterminare qualunque specie la cui presenza diventasse una fonte di preoccupazione.

Con l’aiuto degli shoggoth, che potevano espandersi fino a trasportare pesi colossali, le piccole e basse città sottomarine si trasformarono in enormi e imponenti labirinti di pietra non diversi da quelli che più tardi sarebbero sorti sulla terraferma. Gli Antichi, del resto, erano molto adattabili, in altre regioni dell’universo avevano vissuto su una terra e conoscevano l’arte della costruzione in superficie. Studiando l’architettura delle antichissime città scolpite sulle pareti, non diverse da quella di cui stavamo attraversando i corridoi deserti da milioni d’anni, fummo colpiti da un particolare che non abbiamo ancora tentato di spiegare neppure a noi stessi. La sommità degli edifici, che nella città intorno a noi era ridotta a rovine informi da milioni d’anni a causa delle intemperie, era rappresentata con estrema precisione nei bassorilievi: si vedevano masse di guglie aghiformi, delicati ornamenti ai vertici dei coni e delle piramidi, strati di sottili dischi scanalati che sormontavano gli edifici cilindrici. Era esattamente ciò che avevamo visto nel mostruoso miraggio proiettato dalla città morta, e che ci era apparso mentre volavamo sulle imperscrutabili montagne della follia avvicinandoci all’accampamento del povero Lake; eppure, strutture del genere erano scomparse da migliaia o decine di migliaia d’anni!

Sulla vita degli Antichi nel mare o sulla terraferma (dove una parte di essi migrò) si potrebbero scrivere volumi. Quelli rimasti in acque poco profonde avevano continuato a usare gli occhi peduncolati alle estremità dei cinque tentacoli maggiori che sporgevano dalla testa. Avevano praticato l’arte della scultura e della scrittura nel modo consueto: per scrivere si servivano di blocchi di cera impermeabile e stilo. Quelli che vivevano nelle profondità dell’oceano, pur facendo uso di un misterioso organismo fosforescente che dava luce, ottenevano l’equivalente della vista grazie a speciali sensi che operavano attraverso le ciglia prismatiche della testa; sensi che in caso d’emergenza potevano funzionare, almeno in parte, anche nell’oscurità. Man mano che gli Antichi s’inabissavano la loro scultura e la loro scrittura erano cambiate in modo peculiare, servendosi di processi chimici di verniciatura che i bassorilievi non ci chiarirono del tutto, ma che probabilmente servivano a ottenere la fosforescenza. Le creature si muovevano nel mare nuotando (e per questo usavano le membra laterali crinoidi), oppure propellendosi con i tentacoli inferiori cui erano collegati gli pseudopodi. Di tanto in tanto compivano balzi più lunghi con l’aiuto di due o più paia di ali avvolgibili. Sulla terraferma usavano gli pseudopodi per piccoli spostamenti, ma per le distanze maggiori si alzavano in volo a grande altezza. I numerosi e sottili tentacoli in cui si ramificavano le membra crinoidi erano delicatissimi, forti, flessibili e molto accurati dal punto di vista della coordinazione muscolare-nervosa. In questo modo le creature potevano contare su un’estrema abilità nello svolgimento di tutti i lavori manuali e nella creazione artistica.

La robustezza di quegli esseri era incredibile: persino la tremenda pressione del fondo dell’oceano non li impensieriva. Quasi nessuno moriva, se non di morte violenta, e i luoghi di sepoltura erano pochi.