La relazione del Direttore fu splendida; egli ignorava per quali cause il n. 245 aveva falsificato delle cambiali, ma lo riteneva un giovine onesto, d’ottime qualità morali, signorilmente educato. Per poco non aggiungeva la qualifica che un giorno lo aveva fatto ironicamente sogghignare nelle lettere di Paola. Non lo fece, ma assieme alla relazione partì per il Ministero, diretta a uno di quegli amici burocratici che non mancano mai alle persone come il signor Longino, una lettera assai ben fatta.

Fosse o no per effetto di questa lettera, fatto sta che il decreto di grazia e l’ordine di scarcerazione arrivò ben presto; all’anno preciso in cui Cassio era giunto.

Egli fu ancora una volta chiamato in Direzione; fuori l’aria era tiepida e fragrante, il cielo d’un turchino intensissimo, quasi in color di solfato di rame: ma all’orizzonte dalla inferriata della Direzione scorgevansi lunghe linee parallele, mollemente bianche, distese su quel vivissimo sfondo; pareva una gradinata d’alabastro saliente verso ignote altezze.

Dentro, nel sole dell’inferriata, tremolavano di nuovo le vaghe ombre di lontani rami. Il Direttore sedeva al suo tavolo; ma questa volta vedendo Cassio s’alzò premurosamente. Il giovane s’avvide; e non osò formulare la stolta speranza che gli balenò nell’anima, ma sentì il cuore battergli con violenza e quasi con angoscia.

- È giunto il decreto - disse il Direttore, tenendosi fermo con una mano aperta sulle carte del tavolo.

- Il decreto?

- Il decreto di grazia.

- Per chi? - chiese Cassio affannoso.

Il Direttore s’impazientì.

- Per chi? Ma per lei! -. Poi si rallegrò dell’intensa commozione del giovine.

Tanto meglio: se la cosa era così grande da sembrar impossibile; tanto più grande sarebbe la riconoscenza. Poi si rattristò della sua gioia. Se i suoi sforzi riuscivano a nulla? Se, come era da prevedersi, nell’impeto della riconoscenza Cassio gli desse speranze vane?

- Per me, per me? - balbettava il giovine. - Per me? Per quanto tempo?

- Per tutta la restante pena. È libero… cioè no, non subito, ma tra una formalità e l’altra, fra una settimana sarà libero…

Lentamente Cassio si rinfrancò: sino a quel momento aveva fissato il Direttore senza vederlo; ora cominciò a distinguerlo, a guardarlo. Vide che il volto terreo era colorito, che l’aria di sofferenza fisica era sparita dalla bocca sottile, che i piccoli occhi verdi brillavano.

Egli invece era disfatto, bianchissimo in volto e nelle mani; le palpebre livide per una fittissima rete di vene violacee gli calavano languidamente sugli occhi.

- Quest’uomo è perfetto poiché si rallegra sinceramente dell’altrui bene; io l’avevo mal giudicato - pensò. Ma poi si chiese: - Perché?

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Il perché lo seppe ben presto.

Il Direttore lo pregò d’accomodarsi; gli porse il decreto e profittò dell’istante in cui Cassio pareva più assorto nella contemplazione della firma del Re, per cominciare.

- Ora avrei da comunicarle un’altra cosa. Mi ascolti e non mi giudichi male.

Attendevo da molto questo giorno, e la cosa mi pareva facile; ora m’accorgo invece che ho bisogno di gran coraggio, io, e lei di grande indulgenza per intenderci -. Un sorriso triste gli sfiorò le labbra, ridonandogli quell’aria sofferente che caratterizzava il suo volto. Cassio lo guardò un po’ stupito, ancor confuso della sua gioia, ma già abbastanza padrone di sé.