Ora, un giorno Martinu la trovò seduta per terra, accanto al focolare, facendo formaggelli. Per un po’ stette a guardarla freddamente, tossendo e raschiando con famigliarità; poi, non sapendo cosa altro dire, si provò a criticarla sul modo con cui ella terminava i formaggelli, indugiandosi cioè a intagliare o un pulcino o una lepre nella loro estremità.
- E via, date un colpo così e così, e lasciate di perder tempo a far quelle minchionerie, ché tanto tutto vien masticato! - egli disse.
Ella arrossì e rispose superbamente:
- Cosa ve ne intendete voi? Già! Dalla esperienza fatta sul vostro formaggio!
Allora toccò a Martinu arrossire. Con quelle parole Paska gli buttava in faccia la sua povertà.
- Archibugiata! - gridò fra sé. - Se un’altra volta mi parla così la prendo a schiaffi, com’è vero Cristo!
E se ne andò offeso e mortificato.
Ora avvenne che Sarvatore pensò d’innestare tutti gli ulivastri e i vecchi ulivi del suo incolto chiuso.
Voleva farne un bel podere. Era nella vallata dell’Isalle, vicino a questo fiume, un luogo ubertosissimo e bello quanto mai.
Sarvatore fece le cose nel modo splendido con cui i possidenti del Nuorese usano far l’innestatura. Invitò cioè tutti i suoi amici contadini e gli uomini più capaci d’innestare. Tutti prestano gratis l’opera loro, ma in ricambio godono una bellissima giornata, piena di canti e di pasti abbondanti: più che giorno di fatica può dirsi una festa bucolica, nel doppio senso della parola. Anche i pastori prendono parte alla cerimonia; e un poeta latino, - dato n’esistesse ancor uno, - potrebbe trarre una amenissima egloga da questa festa.
Nel giorno convenuto gli amici di Sarvatore Jacobbe vennero tutti al chiuso, a cavallo, con donne in groppa. E vennero i pastori del padrone, con pecore ancor vive stupidamente legate alla sella, e formaggio fresco entro le bisaccie.
In breve i fuochi furono accesi sotto i vecchi ulivi grigi e il fumo salì in gloriose colonne su per l’aria profondamente azzurra.
22
Maggio rideva nella valle: i cavalli frangevano con le loro corse le altissime erbe, i grani ondulavano argentei in lontananza, gli oleandri curvavano sulle acque verdi del fiume i ciuffi dei loro bottoni di cupo corallo. E calde fragranze passavano con la brezza.
I pastori facevano un po’ di tutto. Aprirono qualche alveare, traendone il miele caldo e giallo come oro liquefatto: scannarono le pecore, le scuoiarono, tirandone giù la pelle che si separava azzurrognola dal corpo roseo ed ignudo delle bestie; cucinarono i sanguinacci fra la cenere ardente, e arrostirono le carni su lunghi spiedi di legno, scherzando e ridendo con le donne che li aiutavano.
Paska era naturalmente la regina della festa. Le altre donne, che le stavano intorno come ancelle, non le lasciavano far nulla; ma ella presiedeva, con l’alta persona bizantina che ogni tanto fremeva come gli esili giunchi del fiume.
E un po’ sparsi da per tutto, i contadini segavano attenti, quasi con religione, i contorti ulivastri ed i vecchi olivi. Pietro Maria Pinnedda, il famoso innestatore, andava da un gruppo all’altro, guardando coi suoi grandi occhi grigi e maligni. Il suo volto era acceso; un principio di barba gialla gli dorava le guancie.
Infilzata la marza sul tronco reciso, giallo e fresco, lo si attorcigliava strettamente con un tralcio di vincastro; poi lo si ricopriva di terriccio impastato, sul quale il fiero dito di Pietro Maria, dopo aver ben palpato e premuto intorno alla marza, segnava una croce, augurio e preghiera di buona riuscita.
Alla marza infine s’infilava un piccolo triangolo di foglia di fico d’India, fresco cappuccio contro gl’incipienti e fecondi ardori del sole. Così d’albero in albero, le chiome selvaggie degli ulivastri rotolavano sulle alte erbe fiorite, e gl’innestatori parlavano di banditi, di negozî, d’alberi, di donne e di storie passate. Salivano le alte voci sonore, qualche canto bizzarro, che sembrava il grido selvaggio di un’anima che piangeva cantando, svaniva lontano, fra gli alberi, sotto i quali l’erba serbava una larga ruota di frescura più intensa; svaniva nei silenzi della valle, nel fiume, al di là del fiume.
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