- E che hai tu risposto?

- Per l’amor di Dio, cosa tu volevi che rispondessi? Che appena tornato dall’ovile te lo avrei detto.

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Zia Antonia restò accoccolata accanto al fuoco, ma senza farne le viste seguì con sguardo sospettoso ogni movimento del marito e quando questo uscì fuori imprecando, ella singhiozzò piano piano, nascondendo il viso pallido e rugato fra le mani. Facendo un gran chiasso sull’antico selciato, coi suoi scarponi ferrati, zio Bakis scese rapidamente il lungo viottolo precipitoso che dalla sua catapecchia, posta in cima al villaggio, conduceva sino alla chiesa. Poi percorse altre due stradicciuole buie, perfettamente silenziose, e andò a batter il muso contro la casa di don Antine. Una casa nera, circolare, con finestre piccole, irregolari, munite di inferriate e di persiane a lamine di ferro.

S’udiva solo il cigolio dei fumaiuoli sul tetto, scossi dal vento notturno; ma appena zio Bakis batté fortemente al portone, cinque o sei cani abbaiarono con diverse voci rauche, sonore, nell’interno, e tutta la casa parve scossa da un fremito.

- Chi è? - gridarono dall’interno.

- Sono io.

- Chi tu?

- Io Bakis Fronte. C’è don Antine?

La serva aprì e gli sorrise dicendo:

- Che il diavolo ti scortichi; c’è bisogno d’atterrare il portone per farti aprire?

E lo introdusse in una sala quadrata, a volta, sulle cui pareti gialle spiccavano certi mobili antichi, di quercia, rozzamente intagliati.

- E… Jusepa? - domandò zio Bakis, guardando acutamente la serva.

- È di là - ella rispose, voltandogli le spalle. Egli la seguì con lo sguardo; gli parve dal moto degli omeri, che ella ridesse, e ne provò una collera sorda, impotente. Poco dopo entrò don Costantino, in babbuccie rosse, in papalina rossa.

- Buona notte, Bakis - disse con indifferenza: e sembrava piegarsi a una gran degnazione salutando in tal modo il povero uomo.

- Buona notte, don Antine - rispose l’altro torcendo il collo.

E si guardarono con una specie di sorpresa, di meraviglia, quasi non si fossero veduti mai.

Zio Bakis era un povero diavolo già vecchio e curvo. Essendo in duolo per una sorella, indossava un corto cappotto nero, col cappuccio, che gli tirava la testa indietro, abbassato fin sugli occhi: e così sembrava più nero, più cupo e misero del solito.

Don Antine invece sembrava ed era un gentiluomo: rosso, con baffi biondi: ma ciò non impediva che anch’egli cominciasse a invecchiare. Negli angoli dei suoi occhi turchini vivissimi, penetrantissimi, sprofondavasi un ventaglietto di rughe; e neppure tutto il vino delle sue cantine, le granaglie e i formaggi delle sue dispense, le antiche tele delle sue arche, l’erba delle sue tancas sarebbero bastate a fargli rinascer sulla testa i capelli che mancavano.

- Sedete - disse a Bakis, battendo una mano sulla spalliera d’una sedia. L’altro restò ritto, rigido, con la testa tirata indietro. La fiammella argentea della strana candela antica, di rame rossastro, s’allungava, sfumava in violetto, fumava: sul soffitto il cappuccio di Bakis pareva una montagna.

Don Antine guardava appunto lassù, per non degnarsi di guardar il povero uomo.

Questo però s’impuntigliò a star zitto, finché il signore parlò.

- E dunque, cosa è questa storia? Perché hai picchiato tua figliastra Jusepa, minacciando ucciderla se non usciva dal mio servizio?

Bakis s’era preparata la risposta come si doveva; ma giusto allora la dimenticò.

Si dimenò tutto entro il cappotto, cercò inutilmente sporger la testa in avanti, e riuscì a risponder malamente:

- Eh, questo è nulla! E se si ostina a rimaner qui la massacro davvero, e le faccio uscir il cuore per le calcagna. E sapete perché son venuto, signor don Antine? Non perché mi avete avvisato due volte, ma perché speravo venisse Jusepa ad aprirmi. E sapete, signor don Antine, ero deciso di afferrarla per il ciuffo e darle un’altra bastonata; giacché ho pensato: se il padrone si interessa al punto di far chiamare due volte questo poveretto per pregarlo di lasciargli serva la figliastra, vuol dire che la cosa è vera, che l’anima della vossignoria sia impiccata!

- Lascia le bestemmie e ragiona - disse don Antine facendo il savio (dando del voi e del tu a Bakis, che a sua volta gli dava del voi e del lei), mentre 29

internamente fremeva all’idea del magnifico ciuffo biondo di Jusepa afferrato da quelle mani prepotenti.