Accuso dodici. Uno, due, tre. Tre assi, tre due, tre tre…

- Tre… tre… tre… - rifece Nino.

- L’hai con me, tu? Non son tre, son due - disse Diego perfidamente, e canterellò:

Duas rosas bi tenzo in s’ortigheddu,

Una bianca e una ‘e golore;

Si mi dana mi pigo sa minore

Ga sa manna mi girat su cherveddu

Duas rosas bi tenzo in s’ortigheddu [2].

Nino allibì. Comprese a che il maligno ragazzo voleva alludere e si domandò spaventato:

- Ma come egli ha indovinato, se neppure essa ha capito ancora l’amor mio?

Si rizzò sulla schiena, si volse a Filippa e voleva dirle che essa aveva le mani bianche come l’ermellino, mentre erano brune e nodose, ma comprendendo anch’ella a volo la maligna allusione di Diego, lo fissava con tal freddo e sprezzante sguardo ch’ei dovette reclinare il viso fra le mani, senza più immischiarsi nel gioco.

E il gioco andava male per Maria. Diego insisteva sempre sul ritornello della quartina, battendo il piede in cadenza:

- Duas rosas bi tenzo in s’ortigheddu,

Duas rosas bi tenzo in s’ortigheddu.

A un tratto cambiò tono:

- Maria io dissi,

Io dissi Mariaaaa;

E la terra si fermò commossa

A udirmi…

- Bei versi - disse allora Nino. - Chi è l’autore?

- D’Annunzio. Li ho appresi da te…

- Sì, sono composti per questa Maria, per questa precisamente. Venite tutti a vederla, signori e signore.

- Buffone! Ragazzo cattivo, cattivo, cattivo! - disse ella, contando le sue poche carte.

- Venite a vederla, signori e signore. Signor Peppino, don Martino, Madama Grazietta, signora Badòra, “naso di patata”! Venite tutti: ho vinto cento e una partita. Mamma, abbiamo scommesso la nostra parte di patrimonio e ho vinto. Io 6

son ricco e questa piccola puledra dovrà andar a mendicare con la bisaccia sulle spalle.

Riempiva la stanza con le sue grida, con la sua voce nasale alquanto nitrente, e per dar forza alla sua ultima profezia imitò i mendicanti storpi arrovesciando la mano e porgendola verso il lume:

- A min de dazes cerchi cosa pro s’amore ‘e Deus? (Mi date qualche cosa per l’amor di Dio?).

- Perdona! Perdona [3]- disse Chichita, alzandosi ritta sul suo sgabello.

Tutti risero, compresa Maria che si stizziva davvero, non cessando di mormorare:

- Imbroglione! Buffone! Bel ciarlatano diventerai!

- Anche la testa abbiamo scommesso, e ho vinto, signori e signore. Datemi un coltello che gliela taglio. Signora Badòra, “naso di patata”, datemi quel coltellino che vi ha regalato Sadurru! (La ragazza arrossì, e donna Martina la guardò severamente pensando: - Ora so più di quanto ne sapevo un momento fa!).

Quel bel coltellino col manico di madreperla. No? Non me lo dai? Allora mi servirò delle dita: fa lo stesso! -. Fece atto di avventarsi sopra Maria; ma ella, non potendone più, s’alzò, afferrò il mazzo delle carte e glielo scaraventò sul volto.

Fu un subbuglio.

- E una! - gridò donna Martina. - Lo dico io che la finite sempre male, ragazzi dell’inferno?

Diego, bilioso oltre ogni credere, voleva lanciarsi per davvero con le unghie contorte verso Maria; ma Nino credette bene d’intromettersi per difenderla; li rappacificò e calmò l’ira di donna Martina che caricava d’improperî i maneschi giocatori.

- Dia retta a me, donna Martina, lasci correre fino a domani; vedrà che tutto passerà.

- Cose del mondo! - esclamò Diego con filosofico sarcasmo, andando verso il posto prima occupato da Nino.