Ma, che differenza!, le cosce erano tiepide e le natiche fredde, e questo, come tutti sanno, è un segno di buona salute.
Poichè la sculacciata le aveva rese un po’ rosee, sembravano fatte di crema mescolata a lamponi.
Questa vista portò al limite dell’eccitazione il povero Vibescu.
La sua bocca succhiava una ad una le tette sode di Toné, oppure si posava sul collo o sulla spalla in ardenti succhioni. Le mani stringevano fermamente il bel culo, sodo come un cocomero duro e polposo. Palpava le chiappe regali ed aveva insinuato l’indice in un buco di strettezza incantevole. La sua grande asta, sempre più rigida, spingeva contro un affascinante sesso di corallo sormontato da un vello nero lucente.
La ragazza gli gridò, in romeno:
“No, non me lo infilerai!” e allo stesso tempo dimenava le belle cosce tonde e grassottelle.
Il gran membro di Mony aveva già la rossa testa infiammata a contatto con l’umida caverna di Toné. Quella si dimenò ancora, ma cosi’ facendo le scappò un peto, tutt’altro che volgare, e anzi con un suono cristallino che le provocò una scoppio di risa violento e nervoso. La sua resistenza si rilassò, le cosce si apri-rono e il grosso arnese di Mony aveva già nascosta la testa nella caverna quando Zulmé, amica di Toné e sua partner in manipolazio-ni, afferrò improvvisamente i testicoli di Mony e stringendoli nella manina gli provocò un dolore tale che il membro fumante GLI AMORI DI IN OSPODAR
(parte 3)
sorti’ dal suo domicilio con gran disappunto di Toné, che cominciava già ad agitare il culone sotto la vita sottile.
Zulmé era bionda, e la fitta capigliatura le ricadeva sino alle caviglie. Era più piccola di Toné, ma la sua sveltezza e la sua grazia non le erano da meno. Gli occhi erano neri e cerchiati.
Non appena ebbe lasciato le palle del principe, questi le si gettò addosso dicendo:
“Ebbene pagherai per Toné!”.
Poi, acciuffando una bella tetta, si mise a succhiarne la punta.
Zulmé si torceva tutta e per eccitare Mony faceva ondulare e muovere il ventre, che terminava in una deliziosa barbetta bionda e riccioluta. Contemporaneamente spingeva verso l’alto il bel sesso che fendeva in due l’inguine paffuto. Tra le labbra di quella rosea vulva fremeva un clitoride abbastanza lungo, a dimostrazione delle sue abitudini tribadiche. Il membro del principe tentava vanamente di penetrarne. Infine agguantò le chiappe della ragazza e tenendole ferme con le mani stava per lanciarsi, quando Toné, arrabbiata per essere stata privata dell’eiaculazione del superbo arnese, si mise a far solletico sui piedi del giovanotto con una penna di pavone. Mony si mise a ridere, anzi a torcersi dalle ri-sa. La penna di pavone continuava a fargli solletico era risalita dai piedi alle cosce, poi all’inguine, poi al membro che rapidamente si smontò e si afflosciò.
Le due sbarazzine, felici del loro scherzo risero per un bel po’, poi, rosse e senza fiato, ripresero a manovrarsi a vicenda ab-bracciandosi e leccandosi davanti al principe, vergognoso e stupefatto. I loro culi si alzavano ritmicamente, i loro peli si mescolavano, i loro denti battevano nell’incontro dei baci, i loro seni sodi e palpitanti dalla pelle di seta si strofinavano tra loro. Infine, contorcendosi e gemendo di voluttà, si bagnarono reciprocamente, mentre il principe si stava di nuovo eccitando.
Ma vedendole entrambe stanche delle loro fatiche, si rivolse a Mira, che continuava a maneggiare il membro del vice-console. Vibescu si accostò piano piano, e facendo passare il suo bel membro tra le grosse chiappe di Mira, lo insinuò nella vagina socchiusa ed umida della bella fanciulla che, non appena senti’ entrarvi dentro la testa, dette un colpo di sedere che fece penetrare in un attimo tutto quanto l’arnese. Poi continuò i suoi movimenti disordinati, mentre con una mano il principe le carezzava abilmente il clitoride e con l’altra i capezzoli.
Il suo movimento di va-e-vieni nel sesso ben stretto sembrava produrre su Mira un vivo piacere che era dimostrato dalle sue grida voluttuose.
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